ha vinto il Pardo d'oro nel 2008.
Beto e la solitudine sono tutt'uno, non sa far altro che i soliti gesti, da solo.
nessun sorriso, solo la ripetizione e la noia, fino al gesto finale, che gli ridarà la solitudine, di altro tipo, magari.
se si è abituati a ritmi da formula uno e a colpi di scena a ripetizione, meglio lasciar perdere.
ma per chi ha pazienza vale la pena - Ismaele
Un lungo, quasi interminabile, piano
sequenza ci introduce nel mondo di Beto, anziano custode di una villa
disabitata e in vendita da tempo senza successo, le cui giornate sono tutte
uguali, fatte di piccoli gesti di conservazione di una casa che ha conosciuto
tempi migliori. Gli unici echi che sembrano giungergli dal mondo esterno, salvo
qualche breve uscita per mangiare cibo venduto in strada, sono quelli proposti
dalla televisione, con i suoi sensazionalistici titoli di cronaca nera, e dalle
pagine dei giornali – vecchi – regalatigli dalla algida padrona di casa
(interpretata con efficacia dalla madre dello stesso regista)…
How can somebody define a film which starts and ends with a killing. The
major difference lies in the fact that an insect is killed in the beginning of
the film and a human being is killed at the end of the film.A new fascinating
trend has emerged in Latin American cinema which consists of depicting the
lives of ordinary characters.This method is employed in order to get closer to
realities as in recent times the lines between fiction films and documentaries
appear to have almost blurred. If one talks about Mexican cinema,this style is
very much evident in the films of Carlos Reygadas…
…Per Beto la televisione costituisce l’unica
finestra sul mondo esterno, anche se le notizie sono sempre le stesse:
manifestazioni che sfociano nel sangue, omicidi raccapriccianti, guerre
immonde. Finché la casa viene venduta e il custode è costretto ad andarsene.
Nonostante la sua ex padrona si adoperi per trovargli un nuovo lavoro, l’uomo,
abituato da più di dieci anni a vivere in quello spazio circoscritto, teme che
non sarà capace di lavorare altrove. Al di là del destino di Beto, Parque vía utilizza
il rapporto tra il vecchio impiegato e la proprietaria per mostrarci la
frattura sociale presente nel Messico di oggi: il divario tra ricchi e poveri,
che si intreccia a quello tra bianchi e «indios». Enrique Rivero ritrae la
miseria di un individuo, e dunque di un intero popolo, condannato a svolgere i
mestieri più ingrati…
… Parque Via is largely an observational account of an isolated,
indwelling individual seeking a place to call his own and a simple world amidst
an ever-industrious one. It’s just no longer possible – or is it?
The film’s jolting and brutal conclusion
is idiosyncratic to its hitherto languorous tint but just goes to show what
kind of drastic measures a man might take to preserve his way of life.
While many may see Beto’s clinginess to
a self-conjured facsimile of real life as sad, this film does also remind us
that within the mayhem of modern society, there’s something to be said for
appreciating the simple things…
…En la que los silencios,
las miradas esquivas, y las palabras entrecortadas y poco elaboradas dominan la
escena. En ocasiones Rivero se contenta con un plano largo y monótono para
conseguir extrañeza y complicidad. En otras ocasiones prefiere observar desde
un rincón oscuro, o desde una habitación paralela. Nada perturba, todo se
mantiene inerte, casual, melancólico.
Tras este sobrio estilo, no podemos obviar una loable pretensión por parte de Rivero de enfrentar realidades paralelas, clases que conviven sin apenas rozarse, y la certeza de vivir en un mundo donde todo está escrito y apenas cabe espacio para la improvisación, para romper una baraja que siempre viene con las cartas marcadas.
“Parque vía” es una película pequeña, extraña, y muy personal, pero mantiene la esencia de un cine con un fuerte compromiso social y con un denotado estigma de independencia.
Tras este sobrio estilo, no podemos obviar una loable pretensión por parte de Rivero de enfrentar realidades paralelas, clases que conviven sin apenas rozarse, y la certeza de vivir en un mundo donde todo está escrito y apenas cabe espacio para la improvisación, para romper una baraja que siempre viene con las cartas marcadas.
“Parque vía” es una película pequeña, extraña, y muy personal, pero mantiene la esencia de un cine con un fuerte compromiso social y con un denotado estigma de independencia.
mi avete convinto!
RispondiEliminabasta che non ti faccia prendere dalla fretta:)
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