dopo "Welcome", molto bello, arriva questo, meno "facile" rispetto al precedente, ma altrettanto buono.
si mescolano diverse storie, e l'economia finanziaria che regge il mondo fa schifo ed è insostenibile.
un altro mondo deve essere possibile, per non morire sempre più, ci leggo, anche.
non perdete Vincent Lindon, sempre uguale e sempre bravo - Ismaele
…La protagonista interpretata da Marie
Gillain non è certo amabile, benché si provi estrema pena per questa figura di
giovane donna granitica che paga un prezzo estremamente alto alla vita per il
riscatto sociale che è riuscita a conquistarsi. Il suo personaggio è forse
autentico ma eccede nell’assumersi sulle spalle tutto il peso del mondo,
esagera nel proteggere ed infantilizzare chi la ama con bugie e omissioni,
mettendo a punto i preparativi per la vita che sarà dopo di lei, cercando di
andarsene senza fare rumore per non interferire nel corso regolare e
fragilissimo della vita che lei stessa ha progettato.
Ciò che salva il film non sono tanto i
personaggi, pur con le loro tenerezze ben calibrate da regia e sceneggiatura,
bensì gli attori, innanzitutto Marie Gillain, capace di un notevole equilibrio
recitativo e poi Vincent Lindon, a cui Lioret si è affezionato forse per quella
fisicità paterna avvolta nell’irrinunciabile giaccone di pelle che rende la sua
immagine così reale, così famigliare.
Quanta commozione e quanta
sofferenza suscitano le vicende raccontate nel toccante film Tutti i nostri desideri di Philippe Lioret. Protagonista è
Claire, un giovane magistrato che prende a cuore il caso giudiziario di Cèline,
giovane madre citata in giudizio da un istituto di credito che la porta in
tribunale per non essere in grado di restituire il prestito. Claire è anche una
sposa felice e mamma di due bambini ma la sua vita viene sconvolta quando le
viene diagnosticato un tumore al cervello non curabile. La sua forza e la sua
determinazione la porteranno a lottare fino all'ultimo giorno della vita in
difesa di Cèline, aiutata in questo da un altro magistrato, Stèphane...
…Quella zona grigia, eppure
maggioritaria, della comune storia contemporanea condivisa, del reale “ad altezza uomo”, quotidiano eppure di
capitale importanza per la comprensione del presente attraverso le arti, in
Italia sembra essere materia quasi del tutto non investigata nella/dalla
cinematografia. Quanto possa essere essenziale questo sguardo verso la
semplicità dei fatti e quanto essi covino una potenza topica nel loro essere ce
lo ribadisce l’ultimo lavoro di Philippe Lioret, Tutti
i nostri desideri. L’opera potrebbe essere letta come una denuncia sociale contri
gli istituti di credito e la speculazione capitalistica dei mercati odierni;
come pure un affresco contemporaneo sulla moralità degli uomini, sui loro lampi
di bontà e solidarietà in un mondo corrotto e spietato che essi ancora
ostinatamente combattono; o ancora l’esigenza di lasciare un segno tangibile e
duraturo sulla terra da parte di una donna che abbandonerà questo mondo nel
volgere di qualche mese. Queste sono tutte interpretazioni in parte corrette e
in parte no, viziate dal genere di letture che il nostro cinema ci porta puntualmente
a elucubrare, nel quale le macro-tematiche lo fanno sempre da padrone, sia in
sede di sceneggiatura sia per i luoghi narrativi esplorati sempre di grande
caratura.
La verità su Tutti
i nostri desideri è
che l’opera di Lioret narra tutti i fatti sopra menzionati e se ne disinteressa
al contempo, non approfondendo nessuno di essi in maniere combacianti con
quanto di solito proposto dal nostro cinema…
…toccherà a due giudici
farsi carico del diritto di una madre di costruire un futuro per sé e i figli
senza finire strangolata dal cappio degli istituti di credito.
E' questa ovvietà eroica a scardinare pian piano gli automatismi del potere e a conferire al suo cinema un tono straordinariamente sommesso. Peccato che la battaglia legale sulle clausole contrattuali delle banche appassioni poco, costringendo Lioret a giocare la carta della malattia terminale per far impennare il film. Un colpo basso che rischia di marginalizzare oltremodo il tema portante della vicenda riportandola sui binari del cinema ospedaliero.
Lacrime al netto di vere emozioni. E un sospetto di artificiosità che neanche l’immobile intensità di VincentLindon riesce a fugare.
E' questa ovvietà eroica a scardinare pian piano gli automatismi del potere e a conferire al suo cinema un tono straordinariamente sommesso. Peccato che la battaglia legale sulle clausole contrattuali delle banche appassioni poco, costringendo Lioret a giocare la carta della malattia terminale per far impennare il film. Un colpo basso che rischia di marginalizzare oltremodo il tema portante della vicenda riportandola sui binari del cinema ospedaliero.
Lacrime al netto di vere emozioni. E un sospetto di artificiosità che neanche l’immobile intensità di VincentLindon riesce a fugare.
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