Roger Michell (morto qualche mese fa a 65 anni) non è Ken Loach, fa commedie, le chiamano'healing comedies' (commedie che ti fanno stare bene), e le fa bene.
con due straordinari attori come Jim Broadbent e Helen Mirren riesce a fare un gioiellino, che fa divertire, anche molto, grazie sopratutto a Kempton Bunton (interpretato da Jim Broadbent), il pensionato, probabilmente laburista, condannato a sopravvivere con pochi soldi, ma con un inventiva e una faccia tosta di prima classe.
Kempton è uno scrittore senza lettori, con un'idea forte di giustizia sociale, cerca di raddrizzare un po' il mondo, mica ci riesce, ma tutti sono (siamo) con lui.
un film più bello di come immaginate, promesso.
buona (rapita) visione - Ismaele
…Kempton è un personaggio complicato e buffo, il
perfetto equilibrio di abissi e vette, luci e ombre, interpretato egregiamente
da Jim Broadbent che sa trasformarsi e adattarsi alle mille sfaccettature
caratteriali del suo personaggio. Jim Broadbent ed Helen Mirren sono una coppia
formidabile, credibile che vive di tempi comici dissacranti e spassosi, gag
spassosissime che sottolineano quanto l’apice drammatico dell’intero racconto
si poggi in verità sul rapporto e sul dialogo di due persone di provincia della
classe operaia, che si amano e si esasperano a vicenda. The Duke sa intrattenere e sa come conciliare l’elemento surreale
della storia e farlo diventare elemento comico, ma anche materia per veri
utopisti, sublimando il candore che abita nel cuore dei sognatori.
…Broadbent
e Mirren sono una coppia perfetta, i due interpretano in modo convincente una
storia matrimoniale contrastante, insieme i figli alle prese con i loro amori e
i tragici ricordi della figlia maggiore scomparsa a cui il padre, commediografo
dilettante, ha dedicato un dramma, che naturalmente gli editori respingono.
La
donna ha una sua forte personalità, è lei che praticamente manda avanti la
baracca con il suo umile lavoro di inserviente presso una ricca signora, mentre
il marito attivista a causa delle sue ideologie, ne perde uno dopo l'altro,
aspirante drammaturgo e rivoluzionario, è un uomo che preferisce Cechov a
Shakespeare perché sente che il bardo ha scritto troppe opere teatrali sui re.
Nel complesso una storia commovente e anche divertente raccontata con molto
humor britannico.
Il
regista Roger Michell, morto nel settembre 2021, poco dopo la presentazione del
film alla Mostra Cinematografica di Venezia disse: "The Duke si
colloca nella grande tradizione delle 'healing comedies' (commedie che ti fanno
stare bene), che in questo caso mostrano un uomo semplice che si ritrova a
parlare apertamente ai potenti. Questa è comunque una storia ancora poco
conosciuta, ma molto famosa ai suoi tempi. Bunton è da una parte un singolare
Robin Hood e, dall'altra, un piccolo uomo che a un certo punto ha l'opportunità
di alzare la voce davanti al potere. Nella cultura inglese c'è una celebrazione
di questi tipi eccentrici".
Il ritratto del Duca è un film ironico, gagliardo, tenuto in
piedi da un ritmo molto veloce, che non ci lascia mai annoiare, grazie anche a
un protagonista irriverente, divertente, surreale, eroe delle cause perse. La
vicenda, sin da quella originale, ha un qualcosa di magico e di incredibile, e
il modo in cui Michell la racconta la rende ancora più anglosassone. Il titolo
ha proprio in questo il suo pregio e la sua più grande pecca, perché l'umorismo
affrontato potrebbe non appartenere a tutti e non essere gradito ai più: il risvolto
narrativo finale, però, merita un plauso per la capacità del regista di
costruire un'opera coerente e nascondendo un mistero non necessario per
apprezzare il lungometraggio nel suo complesso, ma che comunque finisce per
impreziosire ancora di più l'esperienza.
…Il ritratto del duca, pur vantando una scrittura complessivamente pulita, tocca
determinate tematiche senza andare a fondo come dovrebbe. Ciò riguarda,
appunto, proprio il discorso riguardante le condizioni di vita delle classi
meno abbienti e come le stesse vengano “ignorate” dal governo. La storia di
Kempton sta a sancire un’importante svolta per quanto riguarda i diritti dei
cittadini più anziani. Michell, dal canto suo, non indaga a fondo determinate
situazioni, ma si limita a far ruotare la storia quasi unicamente intorno al
suo protagonista, scansando un ben più complesso discorso sociale, che – non
dimentichiamolo – ha dato adito alla storia stessa. E così, “viziati” dal
cinema di Ken Loach, non possiamo non notare determinate mancanze, avendo, al
contempo, la sensazione che questo Il ritratto del duca – pur gradevole, indubbiamente divertente ed
elegante nella sua messa in scena – sia quasi “incompleto”. Peccato.
…Certo, i metodi che questo
eclettico moralista persegue non sono certo definibili come ortodossi, in
primis l’idea d’insinuarsi a Londra per farsi una bella chiacchierata col Primo
Ministro. La missione fallisce, ma succede qualcosa d’inaspettato: a quanto
pare, l’insospettabile vecchietto torna nella cittadina natale con il dipinto
di Goya sottobraccio. Con l’aiuto del figlio carpentiere (forse l’unico vero
utopista dell’intera vicenda), l’opera viene nascosta nell’armadio come se
nulla fosse. «Ben gli sta», pensiamo
noi, comodamente sprofondati nelle nostre poltrone: si, perché il quadro ha
tutte le sembianze di quelle orrende creature contro le quali il nostro eroico
cavaliere e il suo fedele scudiero si scagliano. In fondo, chi non tiene per
Don Chisciotte?
Ma la lucida genialità di Kempton è estremamente british e,
di conseguenza, segue il percorso opposto: egli trasforma il mostro in mulino e
non il mulino in mostro. Così, anche il Duca di Wellington passa da simbolo del
potere, da protesi autocelebrativa della tradizione passata e presente a banale
– e spesso indesiderato – coinquilino di casa Bunton. Fra l’altro, questo nuovo
compagno di stanza “non è neanche granché bello” e a lungo andare si dimostra
perfino un po’ invadente: il suo occhio ironico appare ridicolmente intrigato
dai litigi familiari, dagli intrighi amorosi e dalle piccole malefatte che il
nostro paladino dell’Inghilterra postindustriale si diverte a compiere…
…Un soggetto nobile, un décor
d'epoca, una cup of tea e un ruolo di primo piano propizio alla
performance attoriale. La schermaglia so british tra Jim Broadbent e Helen Mirren è certamente la cosa migliore del film.
L'insieme è lontano dall'essere sgradevole e tutto quello che ci racconta è
vero. O quasi. La storia di trasgressione di Kempton Bunton trova
un'incarnazione ideale in Jim Broadbent, che ne fa un irresistibile bugiardo sempre un
passo avanti alla disperazione.
Assediato dalla vita e tormentato dalla consorte, il protagonista conserva
dentro di sé una fiamma che brucia di amore per la letteratura, di humour, di
affetto per i suoi cari e per il mondo. I perdenti sono raramente magnifici e Roger Michell non risparmia al suo vecchio eroe qualche
umiliazione. Ma Jim Broadbent è un campione di simpatia che usa come
strumento del crimine…
…Il ritratto del Duca appare come la dimostrazione prima di tutto di un
saggio di scrittura intoccabile ma anche impermeabile. E si affida ai suoi
protagonisti e a una storia bellissima per mandare avanti il film. Un po’ poco.
Siamo sul modello della commedia sociale inglese fine anni ’90. Un cinema
quindi impeccabile ma anche già superato. Il rischio più grosso è quello di
lasciare in secondo piano il contrasto sociale. E soprattutto si perde la forza
del gesto rivoluzionario di quello che è stato l’unico furto alla National
Gallery trattandolo come poco più di un aneddoto.
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