domenica 6 marzo 2022

Il ritratto del Duca - Roger Michell

Roger Michell (morto qualche mese fa a 65 anni) non è Ken Loach, fa commedie, le chiamano'healing comedies' (commedie che ti fanno stare bene), e le fa bene.

con due straordinari attori come Jim Broadbent e Helen Mirren riesce a fare un gioiellino, che fa divertire, anche molto, grazie sopratutto a Kempton Bunton (interpretato da Jim Broadbent), il pensionato, probabilmente laburista, condannato a sopravvivere con pochi soldi, ma con un inventiva e una faccia tosta di prima classe.

Kempton è uno scrittore senza lettori, con un'idea forte di giustizia sociale, cerca di raddrizzare un po' il mondo, mica ci riesce, ma tutti sono (siamo) con lui.

un film più bello di come immaginate, promesso.

buona (rapita) visione - Ismaele



…Kempton è un personaggio complicato e buffo, il perfetto equilibrio di abissi e vette, luci e ombre, interpretato egregiamente da Jim Broadbent che sa trasformarsi e adattarsi alle mille sfaccettature caratteriali del suo personaggio. Jim Broadbent ed Helen Mirren sono una coppia formidabile, credibile che vive di tempi comici dissacranti e spassosi, gag spassosissime che sottolineano quanto l’apice drammatico dell’intero racconto si poggi in verità sul rapporto e sul dialogo di due persone di provincia della classe operaia, che si amano e si esasperano a vicenda. The Duke sa intrattenere e sa come conciliare l’elemento surreale della storia e farlo diventare elemento comico, ma anche materia per veri utopisti, sublimando il candore che abita nel cuore dei sognatori.

da qui

 

…Broadbent e Mirren sono una coppia perfetta, i due interpretano in modo convincente una storia matrimoniale contrastante, insieme i figli alle prese con i loro amori e i tragici ricordi della figlia maggiore scomparsa a cui il padre, commediografo dilettante, ha dedicato un dramma, che naturalmente gli editori respingono. 

La donna ha una sua forte personalità, è lei che praticamente manda avanti la baracca con il suo umile lavoro di inserviente presso una ricca signora, mentre il marito attivista a causa delle sue ideologie, ne perde uno dopo l'altro, aspirante drammaturgo e rivoluzionario, è un uomo che preferisce Cechov a Shakespeare perché sente che il bardo ha scritto troppe opere teatrali sui re. Nel complesso una storia commovente e anche divertente raccontata con molto humor britannico.  

Il regista Roger Michell, morto nel settembre 2021, poco dopo la presentazione del film alla Mostra Cinematografica di Venezia disse:  "The Duke si colloca nella grande tradizione delle 'healing comedies' (commedie che ti fanno stare bene), che in questo caso mostrano un uomo semplice che si ritrova a parlare apertamente ai potenti. Questa è comunque una storia ancora poco conosciuta, ma molto famosa ai suoi tempi. Bunton è da una parte un singolare Robin Hood e, dall'altra, un piccolo uomo che a un certo punto ha l'opportunità di alzare la voce davanti al potere. Nella cultura inglese c'è una celebrazione di questi tipi eccentrici".

da qui

 

Il ritratto del Duca è un film ironico, gagliardo, tenuto in piedi da un ritmo molto veloce, che non ci lascia mai annoiare, grazie anche a un protagonista irriverente, divertente, surreale, eroe delle cause perse. La vicenda, sin da quella originale, ha un qualcosa di magico e di incredibile, e il modo in cui Michell la racconta la rende ancora più anglosassone. Il titolo ha proprio in questo il suo pregio e la sua più grande pecca, perché l'umorismo affrontato potrebbe non appartenere a tutti e non essere gradito ai più: il risvolto narrativo finale, però, merita un plauso per la capacità del regista di costruire un'opera coerente e nascondendo un mistero non necessario per apprezzare il lungometraggio nel suo complesso, ma che comunque finisce per impreziosire ancora di più l'esperienza.

da qui

 

Il ritratto del duca, pur vantando una scrittura complessivamente pulita, tocca determinate tematiche senza andare a fondo come dovrebbe. Ciò riguarda, appunto, proprio il discorso riguardante le condizioni di vita delle classi meno abbienti e come le stesse vengano “ignorate” dal governo. La storia di Kempton sta a sancire un’importante svolta per quanto riguarda i diritti dei cittadini più anziani. Michell, dal canto suo, non indaga a fondo determinate situazioni, ma si limita a far ruotare la storia quasi unicamente intorno al suo protagonista, scansando un ben più complesso discorso sociale, che – non dimentichiamolo – ha dato adito alla storia stessa. E così, “viziati” dal cinema di Ken Loach, non possiamo non notare determinate mancanze, avendo, al contempo, la sensazione che questo Il ritratto del duca – pur gradevole, indubbiamente divertente ed elegante nella sua messa in scena – sia quasi “incompleto”. Peccato.

da qui

 

…Certo, i metodi che questo eclettico moralista persegue non sono certo definibili come ortodossi, in primis l’idea d’insinuarsi a Londra per farsi una bella chiacchierata col Primo Ministro. La missione fallisce, ma succede qualcosa d’inaspettato: a quanto pare, l’insospettabile vecchietto torna nella cittadina natale con il dipinto di Goya sottobraccio. Con l’aiuto del figlio carpentiere (forse l’unico vero utopista dell’intera vicenda), l’opera viene nascosta nell’armadio come se nulla fosse. «Ben gli sta», pensiamo noi, comodamente sprofondati nelle nostre poltrone: si, perché il quadro ha tutte le sembianze di quelle orrende creature contro le quali il nostro eroico cavaliere e il suo fedele scudiero si scagliano. In fondo, chi non tiene per Don Chisciotte?

Ma la lucida genialità di Kempton è estremamente british e, di conseguenza, segue il percorso opposto: egli trasforma il mostro in mulino e non il mulino in mostro. Così, anche il Duca di Wellington passa da simbolo del potere, da protesi autocelebrativa della tradizione passata e presente a banale – e spesso indesiderato – coinquilino di casa Bunton. Fra l’altro, questo nuovo compagno di stanza “non è neanche granché bello” e a lungo andare si dimostra perfino un po’ invadente: il suo occhio ironico appare ridicolmente intrigato dai litigi familiari, dagli intrighi amorosi e dalle piccole malefatte che il nostro paladino dell’Inghilterra postindustriale si diverte a compiere…

da qui

 

Un soggetto nobile, un décor d'epoca, una cup of tea e un ruolo di primo piano propizio alla performance attoriale. La schermaglia so british tra Jim Broadbent e Helen Mirren è certamente la cosa migliore del film. L'insieme è lontano dall'essere sgradevole e tutto quello che ci racconta è vero. O quasi. La storia di trasgressione di Kempton Bunton trova un'incarnazione ideale in Jim Broadbent, che ne fa un irresistibile bugiardo sempre un passo avanti alla disperazione.
Assediato dalla vita e tormentato dalla consorte, il protagonista conserva dentro di sé una fiamma che brucia di amore per la letteratura, di humour, di affetto per i suoi cari e per il mondo. I perdenti sono raramente magnifici e 
Roger Michell non risparmia al suo vecchio eroe qualche umiliazione. Ma Jim Broadbent è un campione di simpatia che usa come strumento del crimine…

da qui

 

Il ritratto del Duca appare come la dimostrazione prima di tutto di un saggio di scrittura intoccabile ma anche impermeabile. E si affida ai suoi protagonisti e a una storia bellissima per mandare avanti il film. Un po’ poco. Siamo sul modello della commedia sociale inglese fine anni ’90. Un cinema quindi impeccabile ma anche già superato. Il rischio più grosso è quello di lasciare in secondo piano il contrasto sociale. E soprattutto si perde la forza del gesto rivoluzionario di quello che è stato l’unico furto alla National Gallery trattandolo come poco più di un aneddoto.

da qui

 

Nessun commento:

Posta un commento