Credo che Paul Thomas Anderson sia un po’ come Wes Anderson, mutatis mutandis, fanno film che nessun altro può fare come loro, hanno occhi e mani che solo loro posseggono, impossibile riprodurlo, se non in peggio.
E
secondo me gli attori fanno la fila per recitare in un loro film, lo farebbero
anche gratis. Credo.
E Sean
Penn e Tom Waits fanno la loro bella figura, è un po’ che non li vedevamo.
Licorice pizza ci mostra un
momento storico, un ‘atmosfera e un luogo dove tutto poteva essere possibile
E
che bella la storia di Alana e Gary (e quando poi scopri che il babbo di Gary,
il giovane Cooper Hoffman, è
Philip Seymuor Hoffman, si assomigliano molto, un po’ ti commuovi,).
Alana
e Gary si rincorrono tutto il tempo, e aspettavamo quell’abbraccio, finalmente.
E
però nel sole dell’avvenire sono nascosti delle minacce. Vi ricordate di Harvey
Milk (interpretato da Sean Penn), candidato consigliere comunale? Joel Wachs
(interpretato da Benny Safdie) è un candidato consigliere comunale, come Milk,
e come Milk ha un ufficio elettorale, come Milk è gay, quel ragazzo con la
maglietta col numero 12 chi è? Non sappiamo che cosa succederà a Joel Wachs.
Licorice pizza è un film a cui non si può non volere bene.
Buona
visione - Ismaele
… Licorice Pizza è un film degli anni
Settanta, tutt’altro che posticcio, che rifiuta sia lo scoramento
esistenziale, sia il rimpianto nostalgico, perché è stato girato cinquant’anni
dopo nella cosciente elaborazione di un tempo ormai trascorso e irrecuperabile,
con due protagonisti imperfetti anche come antieroi ma che sprizzano vitalità,
gioia nell’affacciarsi alla vita anche negli inevitabili imprevisti (e nel film
ce ne sono tanti), incapaci di amarsi davvero per goffaggine, paura e
inesperienza ma irresistibili nella loro ricerca di uno sviluppo appagante
rispetto alla loro quotidianità…
… Se
si gratta sotto la superficie, Licorice Pizza è
sì un film d’amore, ma d’amore verso il cinema. Non c’è una sola
sequenza che non rimandi a qualcos’altro, come se PTA, oltre a riferirsi ai
luoghi in cui è cresciuto, avesse messo in scena la sua personale enciclopedia
d’amante del cinema con cui si è formato. Sì sì, il solito cazzo di
postmoderno, ovvio. Certo, anche il gusto della citazione, tutto vero e tutto
come sempre, almeno dagli anni Settanta (di nuovo, madonnasanta), cioè da
quando i registi mostrarono di essersi finalmente accorti dell’esistenza di un
cinema prima della loro venuta, come invece non avevano fatto i loro più
anziani colleghi della Hollywood dei tempi d’oro, che ben difficilmente si
preoccupavano di cosa succedesse al di fuori delle mura degli Studios. Quindi
niente di nuovo. Bene, però qua si tratta di una storia d’amore adolescenziale
che ne nasconde, in filigrana, un’altra molto più intensa e destinata a
caratterizzare un’intera carriera. Per non tediarvi con le
inquadrature e le scelte di regia che riflettono l’evidente volontà di
metaforizzare l’atto stesso del fare-cinema (che i più avveduti,
altrove, non certo qua, chiamano marche d’enunciazione ―
ma non ditelo in giro, ché se no vi prendono per il culo), provate un attimo a
individuare tutte le derivazioni che si riflettono in ogni singolo episodio. Io
ve ne dico solo alcune, voi completate il resto, perché il bello è anche
questo, misurare il proprio amore per il cinema, e se il
verbo misurare vi fa venire in mente quando saggiavate i vostri progressi di
crescita con gli amici sulle panchine dei giardinetti, non vi preoccupate,
perché alla fine chi ama il cinema è un adolescente mai veramente cresciuto.
Come non pensare, infatti, a Breezy di Clint Eastwood quando
Alana ha un abbozzo di liaison con uno Sean Penn che nel
film di nome fa Jack Holden ed è tutto agghindato come il vecchio divo William?
Come non notare, subito dopo, l’evidenza della goffa impresa motoristica dello
stesso Sean Penn, i cui echi conducono direttamente alla mitologia di scene
come Gioventù bruciata e alla sua elaborazione nostalgica
in American Graffiti? E poi, ancora, l’ufficio elettorale come
in Taxi Driver e il matto che ci gira intorno che fa un po’
Travis Bickle e un po’ Nashville, senza contare che ogni volta
che Gary e Alana corrono, e corrono per tutto il film, giusto per prendere la
vita in pieno volto carichi di un ottimismo ingenuo e folle, ricordano la
stessa poesia podistica dei personaggi della Nouvelle vague, pensate solo
a Jules e Jim e al
record del giro lanciato di tutto il Louvre in Bande
à part (fissato in 9 minuti e 43 secondi, come tutti sanno).
Sto esagerando? Per niente. Se ancora non mi credete e vi
siete rifiutati di trovare tutte le altre citazioni che non vi ho detto, fate
attenzione al luogo in cui i due ragazzi si abbracciano nel finale e poi ditemi
se non ho ragione. Ma non che voglia averla per forza, perché si dà ai fessi,
solo che è così, c’è poco da fare. Intanto guardatelo, perché sarà una delle
visioni più piacevoli dell’anno. Di ogni anno, almeno dagli anni Settanta.
…PTA scarabocchia tre parole sulla
carta, boy meets girl, e un film emerge, un'idea si trasforma in
movimento, un amore vive negli smarrimenti, un universo è ancorato e incarnato.
L'autore sa come incendiare il suo racconto, come renderlo vivo con lo sguardo,
la musica e il gioco virtuoso di cambio e freno. Informato dal lirismo della
sua prima ballata, Licorice Pizza procede alla sua velocità
di crociera, a volte languida, a volte impetuosa, una narrazione in modalità
flipper tra materassi ad acqua e campagne elettorali, tra crisi energetiche e
nevrosi disinvolte.
Mettendo in scena un'epoca che ha conosciuto con gli occhi dell'infanzia,
l'autore punta sovente sull'aneddoto, l'epica ridicola degli adulti (il salto
in moto di Penn soppiantato dallo sguardo inquieto di Hoffman), per ricentrarsi
meglio sul suo proposito: un'erranza frammentata, un tutto e un niente allo
stesso tempo, un vizio di forma infantile. Di fatto Pynchon
non è mai troppo lontano da una storia che suona "Let me roll it".
E Licorice Pizza non smette di 'girare', di finire e di
ricominciare, scandito da tiremmolla e slittamenti, incroci e deviazioni,
epifanie e sottrazioni, ellissi e linee spezzate. Un valzer narrativo che
evolve i sentimenti di due 'debuttanti' alla ricerca di guai su una playlist
radiosa (Doors, McCartney, Bowie, Sonny & Cher...).
Lui ha solo quindici anni ma il senso degli affari e l'audacia di uscire dai
ranghi (letteralmente), lei ne ha venticinque e l'aria di chi non aspetta più
grandi cose ma accetta imperturbabile di imbarcarsi in qualsiasi avventura.
Fonte di fascinazione costante, la circolazione del loro sentimento è la sola
cosa che conta. La corsa è il motivo del film. C'è qualcosa
di orecchiabile in questa esaltazione permanente in cui il movimento dell'uno
verso l'altra diventa semplicemente un modo di vivere, un procedere dinamico
e random.
La narrazione in Licorice Pizza è evasiva, libera da ogni
convenzione, da ogni forma di sottomissione. La più insolita e inattesa delle
commedie romantiche si costruisce attraverso l'inaspettato, le relazioni, gli
incontri, come la vita, non tutto avviene in modo logico. L'entusiasmo della
giovinezza flirta con una forma di surrealismo, rimanda la fine del mondo e
scarta l'impasse che incalza un Paese ancora spensierato ma a corto di benzina.
In panne da qualche parte tra sogno americano e guerra in Vietnam. Ma Gary e
Alana vincono l'inerzia e la differenza di età, che finiamo per dimenticare,
scendendo per la china della 'collina'. Per loro PTA ricostruisce un mood,
l'aria di un tempo che permetteva tutto a chi osava…
…Ciò che realmente
coinvolge in "Licorice Pizza", fin dal primo minuto, sono i due
straordinari protagonisti di questa pellicola a metà tra teen drama, racconto
di formazione, storia d'amore e dramedy. Magistralmente interpretati da due
esordienti, Cooper Hoffman e Alana Haim,
in scena insieme, sembrano letteralmente impegnati in una sfida di recitazione
ad altissimi livelli. Entrambi rendono il film un avvicendarsi e intrecciarsi
di puro cinema. "Licorice Pizza" è la potenza delle scene, la
delicatezza della fotografia, la sicurezza nella regia e la tensione che
anticipa il colpo di scena. Essendo la pellicola un film di personaggi sui
personaggi, anche i colpi di scena sono spesso interiori, latenti, ma
fondamentali.
Con alcuni spunti
divertenti, al film di Paul Thomas
Anderson non manca nulla e nella sua moltitudine di temi, primo
fra tutti c'è sicuramente quello più universale sul trovare il proprio posto
nel mondo. Una ricerca di sé lontano da quei cliché, stereotipi e luoghi comuni
che per anni condizionano la vita delle persone e che, tra personalità e
crescita, bisogna imparare a lasciar andare. "Licorice Pizza" è un
film autentico, genuino, spontaneo e vero, è un film con due protagonisti che
si impara ad amare fin da subito e a comprendere davvero scena dopo scena…
…Paul
Thomas Anderson in Licorice Pizza costruisce
un nuovo microcosmo passionale, più tipico e calato nel reale (interessante, a
tal proposito, la scelta del titolo del film, il quale si riferisce a una
catena di negozi di musica losangelini degli anni ’70), ma non per questo meno
singolare o unico. Licorice Pizza,
come da manuale se guardiamo alle tipicità della poetica visiva di Paul Thomas
Anderson, prende le mosse da un mood preciso –
i 70s californiani, in questo caso – e lo concretizza in un immaginario
costituito da personalità peculiari, estremamente tratteggiate e verosimili,
personaggi che diventano sempre più reali dinanzi allo sguardo spettatoriale
mano a mano che le loro individualità emergono a dovere…
https://welovecinema.it/2022/03/21/licorice-pizza-la-regia-di-paul-thomas-anderson/
RispondiEliminaScusa la pedanteria, ma cosa succederà a Wachs lo sappiamo benissimo: https://en.wikipedia.org/wiki/Joel_Wachs
RispondiElimina(A essere sincero, vedendo il film non sapevo nemmeno io che fosse un personaggio reale.)
grazie di avermelo detto, anche io pensavo a un personaggio di fantasia, avevo pensato a Milk, errare humanum est:)
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