è il sesto film di Mohammad Rasoulof che vedo, e ogni volta è un film indimenticabile.
il governo iraniano non è fatto di
cinefili, si sa, e cercano di non fare uscire i film, né in sala, né dall’Iran,
e cercano di non far uscire i registi dalle loro case o dalle galere.
che
governi di merda, in Iran, scusate, ho scritto governi.
il
film racconta, per usare un’espressione che qui calza a pennello, della
banalità del male, su come la pena di morte sia accettata, da molti, troppi, nel paese, lo dice la legge (di merda,
scusate, ho scritto legge).
ci
sono quattro storie, due hanno un legame, lo ricorda Bella ciao, cantata da Milva,
canzone delle mondine, canzone di lotta e libertà (quindi non quelle merdose versioni
da discoteca, scusate, ho scritto discoteca)
ogni
episodio è sconvolgente e magnifico.
uno
dei più bei film dell’anno, addirittura in una ventina di sale, ma tanto sapete
come fare, se non vi portano i film al cinema.
buona
(viva e partecipata) visione - Ismaele
…le quattro vicende che mette in scena in capitoli
separati, aventi un loro titolo specifico, affrontano tutte il tema seppur da prospettive
diverse e con grande efficacia narrativa. Rasoulof dice
che un giorno ha visto casualmente in strada uno dei suoi persecutori del
passato e si è messo a seguirlo con l'intenzione di affrontarlo verbalmente in
modo molto duro. Ma, prima di farlo, si è accorto dai comportamenti dell'uomo
che non era un mostro ma che lo Stato repressivo lo aveva indirizzato in modo
tale che il suo lavoro ne garantisse la continuità illiberale.
I dilemmi morali che attraversano (o non attraversano) i personaggi sono
universali e sanno parlare al cuore e alla mente di chi ha voglia di
interrogarsi sul diritto (o meno) di sopprimere vite umane in base alle
direttive di uno Stato che fa della repressione della libertà di pensiero di
uomini e donne il proprio vessillo…
…Il male
non esiste può essere considerato un dramma etico, uno sguardo a
una realtà in cui la connivenza è ugualmente deprecabile. Pur comprendendo
alcune scelte, Rasoulof non riesce ad assolvere
alcuni suoi personaggi, non può mitigare il suo giudizio. Forse in alcuni
momenti il suo film appare programmatico, ma la forza della messa in scena, la
qualità della scrittura e l’importanza del messaggio riescono a toccare le
corde giuste e a suscitare in chi guarda profonda commozione e un’inevitabile
sensazione di impotenza e rabbia controllata. Non mancano momenti di lirismo,
di (apparentemente) involontaria esaltazione di una natura selvaggia ma
accogliente (più degli uomini), di rappresentazione della banalità del male.
Quello del regista iraniano è un racconto che destabilizza, che mette in dubbio
le certezze, che porta più volte a chiedersi “che cosa avrei fatto”.
Un film di grande
respiro civile che spalanca una finestra su un mondo che conosciamo solo da
lontano e che ci arriva in tutte le sue contraddizioni. Per capire e per
continuare a interrogarci sulla natura dell’essere umano, incapace di reprimere
il suo lato oscuro.
…Non è un
thriller, eppure sortisce lo stesso effetto dei film ad alta tensione, perché
la calma implacabile, a combustione lenta, del racconto ha un ritmo avvincente
capace di far perno sulle riflessioni, domande personali, dello spettatore che
si chiede inevitabilmente “cosa farei al suo posto?”
Due ore e mezza
sono tante, ma indispensabili. La posta in gioco emotiva è altissima. È un film
che va visto, consigliato, mostrato agli studenti a partire dal liceo.
“Un film
insieme poetico e devastante che pone ognuno di noi di fronte alla responsabilità
delle proprie scelte” sono le parole di Jeremy Irons –
Presidente di Giuria Berlinale 70, che ha premiato Il
Male non Esiste…
… C’è tanta delicatezza nel modo di raccontare scelto
da Mohammad Rasoulof. Le musiche di Amir
Molookpuor sono incantevoli e suggestive. Ricordano vagamente le sinfonie
di Ennio Morricone nei film di Tornatore o di Sergio Leone, struggenti e orecchiabili allo stesso tempo, ma
soprattutto perfettamente allineate all’intensità emotiva di ogni scena.
Il regista de Il male non esiste lavora
tantissimo con le emozioni. I dialoghi sono semplici e sinceri, come anche le
scene di vita rappresentate. La finzione è impercettibile: il lavoro svolto con
la costruzione del mondo finzionale è così precisa che non si riesce a
cogliere, se non nella bellezza delle immagini. Gli scenari mostrati sono
variegati, ma tutti ci dicono qualcosa dell’Iran: ne vediamo le città caotiche,
i carceri, l’entroterra rigoglioso ed edenico e le colline più aride.
Alcune inquadrature sono di una potenza espressiva rara:
il montaggio parallelo è denso di significati simbolici, necessari per dare il
senso di una storia che si affida molto poco ai dialoghi. In sostanza, Mohammad
Rasoulof, da abile regista, si affida alle immagini e alle emozioni
per raccontare qualcosa di estremamente sentito per lui e per il suo paese.
Inutile dire che il risultato è eccezionale…
… Sono
vicende dure, di resistenza quelle di Il male non esiste,
dove gli epiloghi possono essere misteriosi, liberatori, devastanti e aperti.
Ogni incontro ha un effetto. In alcuni casi c’è un sospetto di prevedibilità:
la reazione di Bahram dopo che vede la foto dell’uomo di cui si sta per celebrare
il funerale; l’espressione di Bahram mentre sta aspettando la nipote
all’aeroporto. In realtà invece le storie sono lineari, limpide e potenti. Di
ognuna colpisce il modo con cui Rasoulof le affronta e come lascia emergere i
conflitti interiori. Dopo una continua sensazione di soffocamento, nel
finale Il male non esiste respira. In quel campo lungo
da lontano alla Kiarostami c’è forse una speranza, un segno che il cinema di
Rasoulof potrebbe ripartire.
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