mica facile avere il coraggio di fare un film da un libro di Gurdjieff, sulla prima parte della sua vita. Peter Brook lo fa, e possiamo vedere una storia straordinaria.
Dragan Maksimovic (un bravissimo attore jugoslavo) interpreta Gurdjieff, nei suoi viaggi alla ricerca della verità, nelle terre centro-asiatiche,
il film è girato sopratutto in Afghanistan (prima dei talebani, naturalmente).
il film è un ottimo inizio per avvicinarsi alla vita e alle opere di Georges Gurdjieff.
qualcuno ha criticato il film perché Peter Brook ha girato un film con un occhio teatrale; magari è vero, ma se Peter Brook è un immenso regista teatrale che problema c'è?
buona visione - Ismaele
QUI il film completo, con sottotitoli in italiano
QUI un documentario sulla vita di Gurdjieff
…Not all of the film is heavy spirituality and metaphysics. Consider this interesting truism spoken by Gurdjieff partly in jest to a young friend intending to be a priest “My father used to say, if you want to lose your faith, make friends with a priest.”
There are
sequences in the film that provoke the viewer to sift belief in religion from
sham—such as the Yazidi child who seems imprisoned in a chalk circle with an
invisible cage above it. It takes a rationalist Gurdjieff to erase a section of
the circle and child walks out free of the imaginary bars. In another sequence,
a village population is unnerved when they find a dead man who they thought was
dead and buried, lying on a cot in the centre of the village. A village elder
emerges, slits the throat of the dead body, and the village population is
subsequently shown relieved and happy. Is the village elder, one of
the remarkable men in Gurdjieff’s life?
What the film does definitely indicates as remarkable men include the Prince Lubovedsky (Terrence Stamp), dervishes, a certain Father Giovanni, and a spiritual stranger who tells the Prince in the company of Gurdjieff “I advise you to die, consciously, of the life you led up to now and go where I shall indicate.” Gurdjieff does interact again with the Prince much later in time who by then has apparently found his spiritual answers in a secluded monastery with Sufi life-styles, dances, and strict regimen…
…Though Gurdjieff is played vigorously
enough by Dragan Maksimovic (Mikica Dimitrijevic briefly portrays the writer as
a boy at the beginning of the film), his is not a performance that can do
justice to the material. It can't be: it's surrounded by too much deadly
seriousness on all sides. Mr. Brook, with a superb eye for pretty compositions
but no interest in continuity at all, simply leaps from one portentous episode
to the next, with an abruptness that will either leave viewers bewildered or
send them back to Gurdjieff's own writings, depending upon the extent of their
interest. Certainly "Meetings With Remarkable Men" is a film that
requires supplementary energy, whether it comes from the curiosity or the prior
knowledge that the right audience may provide…
…
Gurdjieff and his friends come across some scrolls that indicate the existence
of an ancient esoteric brotherhood. Determined to learn more about them and
their secrets, he begins a quest which will take him from the vast stretches of
the Gobi Desert to the snow fields of the Himalayas until he arrives at a
monastery where devotion, dance, and esoteric knowledge all combine in a
mysterious religion.
Meetings
with Remarkable Men salutes
Gurdjieff's quest as a spiritual seeker animated by a real love of questions,
openness, attention, and wonder. The teachers he meets along the way —
including an ardent Russian prince (Terence Stamp) — share his yearning for a
systematic overview of life and death.
…Brook ha quindi giustamente insistito
sull'ambientazione che è splendida, come sono splendidi i paesaggi attraversati
da quei mitici viaggi, ricercando un contatto quasi fisico, palpabile, fra i
personaggi e l'ambiente. In questo senso la parte iniziale, che vede Gurdueff
giovane adolescente, e i suoi inizi nel rifiuto delle verità preconcette e
nella ricerca tramite la trasmigrazione, è la più riuscita. E così le sequenze
del viaggio nel deserto del Gobi, con la tempesta di sabbia dalla quale i
viaggiatori si salvano arrampicandosi su delle pertiche. Decisamente più
discutibile, per non dire irritante, il finale del film, nel quale i
protagonisti raggiungono finalmente il monastero della confraternita Sarmoung.
Questo raggiungimento della saggezza della verità assoluta, dell'equilibrio fra
esigenze religiose e scientifiche, Brook ce lo ridà attraverso una visita al
monastero. Fra gruppi di ballerini impegnati in coreografie da ginnastica
pre-sciatoria, in una scenografia nella quale il presunto equilibrio spirituale
si vuol tradurre con una equivalente armonia estetica di stucchevole
accademismo.
Brook ha quindi giustamente insistito sull'ambientazione
che è splendida, come sono splendidi i paesaggi attraversati da quei mitici
viaggi, ricercando un contatto quasi fisico, palpabile, fra i personaggi e
l'ambiente. In questo senso la parte iniziale, che vede Gurdueff giovane
adolescente, e i suoi inizi nel rifiuto delle verità preconcette e nella
ricerca tramite la trasmigrazione, è la più riuscita. E così le sequenze del
viaggio nel deserto del Gobi, con la tempesta di sabbia dalla quale i
viaggiatori si salvano arrampicandosi su delle pertiche. Decisamente più
discutibile, per non dire irritante, il finale del film, nel quale i
protagonisti raggiungono finalmente il monastero della confraternita Sarmoung.
Questo raggiungimento della saggezza della verità assoluta, dell'equilibrio fra
esigenze religiose e scientifiche, Brook ce lo ridà attraverso una visita al
monastero. Fra gruppi di ballerini impegnati in coreografie da ginnastica
pre-sciatoria, in una scenografia nella quale il presunto equilibrio spirituale
si vuol tradurre con una equivalente armonia estetica di stucchevole
accademismo.
Incontri con uomini straordinari rivela in definitiva la
lodevole serietà di un uomo di spettacolo che desidera tradurre un'opera
letteraria con onesta franchezza. Ma denuncia anche, in modo continuo, la
natura dell'autore, che e indiscutibilmente teatrale, e scarsamente
cinematografica.
Tutto l'approccio estetico di Brook ci parla di un modo
di vedere che è della scena teatrale: il modo di collocare gli attori nello
spazio, di far loro sgranare gli occhi verso mete lontane in una significazione
che è propria dei miti espressivi del teatro. Ma che, nel cinema, arrischia di
trascinare nel fasullo anche i contenuti, sulla genuinità dei quali non osiamo
pronunciarci."