venerdì 25 ottobre 2019

Grazie a Dio - François Ozon

se pensi che sia un film noioso, documentaristico, a tesi, estremista, mangiapreti evidentemente non hai visto il film.
e non saprai mai che grande film ti perdi, se non lo cerchi in uno dei (pochi, solo una trentina) cinema dove viene proiettato.
Grazie a Dio è parente stretto di questo film, sempre francese, nel quale le vittime trovano la forza e il coraggio di agire, sostenendosi reciprocamente, anche per chi non può o non c'è più.
con François Ozon non si sbaglia mai, buona visione - Ismaele

ps: ecco qui il sito francese protagonista di Grazie a Dio.






Dice Mons. Milani
«Il film mostra la nascita e l'azione dell'associazione La Parole Libèrèe, che ha dato coraggio agli abusati per accusare Preynat, ritrovare dignità, ricostruire l'entità dei reati, costringere la Chiesa a prendere provvedimenti», scrive Mons. Milani. «Il limite è che si ferma qui, quando la vicenda non era chiusa e in questo modo altri fatti avvenuti dopo non vengono presi in considerazione». E aggiunge: «Il tema non è nuovo, ma l'approccio è talmente originale da raccomandarne la visione: per capire come sia altrettanto colpevole non considerare le conseguenze di questi reati sulle vittime e archiviare un abuso sessuale come effetto collaterale della malattia di un reo confesso».

...Collettivo e al contempo intimo, mettendo per la prima volta al centro storie maschili e non femminili, il nuovo lungometraggio di Ozon sovverte lungo la storia le apparenze del processo narrativo, così come le apparenze ingannano dietro la tonaca: quello che pareva il protagonista principale, Alexandre (Melvil Poupaud, vera star del cinema d’autore francese, lanciato da Eric Rohmer), al quale spetta il grande merito di aver lanciato il sasso nello stagno, lascia improvvisamente la scena a un secondo personaggio, Denis, che si potrebbe quasi definire protagonista al pari di Alexandre. Ma anche questo secondo “protagonista” dovrà poi lasciare il posto a un terzo, Emmanuel. Per poi tornare tutti insieme, in un’alchimia collettiva, forte quanto delicata.....20% … 60%

...Con molta finezza, trovando sempre il momento e il modo giusto per una forma di leggerezza e delicatezza, senza nulla togliere alla gravità della questione trattata, il regista francese, che firma anche la sceneggiatura, non riduce il film a una dimensione illustrativa o documentaria, anzi la usa per farne un’opera a più livelli permettendogli di porre uno sguardo etico senza che si risolva in facile moralismo.

Tutti i leimotive di Ozon ritornano nel film, configurandolo come un’indagine sui meccanismi familiari, coniugando un film di denuncia, un film-inchiesta che riassume un caso che non può non riguardare tutta la Francia con una parte più teatrale, radicata nell’ambito sentimentale dei protagonisti, ai quali il regista aggiunge poco o niente, limitandosi a concentrarsi molto sulla direzione attoriale passando come autore più in secondo piano, scelta comprensibile per non alterare troppo un equilibrio elegante venutosi a formare durante la fase di scrittura. Per certi versi magari Grazie a Dio è un’opera scolastica senza nerbo in alcune parti, ma non si può trascurare la finezza con cui Ozon allinea i vari intrecci ed elabora i personaggi con due ordini di ripartizioni. Uno Spotlight meno stitico e ruffiano, più sagace e sottile.

...il film, che diventa una "rete" di destini (stile Micheal Haneke prima maniera) è coraggioso e resta insostenibile, sia per i dialoghi che per le prove maiuscole degli attori, in particolare delle attrici. Il tutto sembra/è piuttosto affettato ma ognuno esprime il Sé stesso come se avessero vissuto davvero quei drammi. Un film importante anche con il limite, appunto, di diventare troppo "rotocalco" di essere impostato troppo sulla sua sacrosanta condanna morale. Non il miglior Ozon in assoluto, ma di certo quello che ricorderemo di più in futuro

… Uomini fragili più del normale, più esposti ad alterazioni dell’equilibrio psicofisico, spesso aggrediti da ritorni d’immagine, un vissuto che non si dimentica cammina con loro e stabilisce anche la qualità dei rapporti con gli altri, la famiglia in primis.
Dall’individuo alla società, Grazie a Dio è uno spaccato lucido, sobrio e severo di un mondo segnato da tare di vario genere: egoismo, indifferenza, perbenismo, pregiudizio, violenza.
A pagare stavolta sono i bambini, esercitare fascino su di loro è facile, usare violenza altrettanto. Le loro strade proseguiranno comunque, anche infiorate da successo, come Alexandre, manager al top che sforna cinque figli, li battezza, li cresima, li porta a messa ogni domenica, ma alla domanda finale del figlio più grande: “Papà, ma tu credi ancora in Dio?” non risponde.

Se c'è qualcosa che ci colpisce profondamente del nuovo film di François Ozon, è l'abilità camaleontica del cineasta parigino, capace di passare da commedie e drammi aggressivi sul piano narrativo e visivo a un solido film che bandisce completamente qualsiasi forma di tensione melodrammatica, preferendo mettere in scena un racconto privo di coinvolgimento sentimentale (tranne alcune sequenze dimenticabili). Ma anche questa scelta, forse, soprattutto considerando ciò di cui "Grazie a Dio" parla, ci restituisce la personalità di un regista deciso a portare fino in fondo un lavoro di analisi e comprensione dell'essere umano che non accetta compromessi…

La " lezione " morale (ed estetica) del regista, anche sceneggiatore dei suoi film, scaturisce non da un " a priori " che si cala nella vicenda e nelle immagini di cui questa è rivestita, ma dalla reazione intellettuale e dalle emozioni visive dello spettatore, posto di fronte alle semplici, nude risultanze di quanto viene offerto al suo sguardo. Cinema, pertanto,  di grande suggestione, che fa appello alla sensibilità e all'autonomia di chi osserva e che di queste si alimenta,non cibo precotto nel solo immaginario dell'autore e scodellato in tavola.
Film in cui il dialogo e la recitazione sono altrettanto importanti , se non di più, dell'elemento puramente visivo, " Grazie a Dio " si avvale di una eccellente interpretazione di Melvil Poupaud ( il protagonista ) coadiuvato in modo egregio da due altri attori poco conosciuti da noi ma assai validi, Denis Ménochet e Swann Arlaud nella parte degli amici. Girato con uno stile che diremmo da inchiesta televisiva ( abbondanza di primi piani, montaggio serrato) il film lascia pienamente soddisfatti e, dopo un moderato successo in Francia ( paese troppo laico, forse , per apprezzare fino in fondo i temi del film)si raccomanda ora ad una difficile, ancorchè non impossibile carriera in un paese come l' Italia in cui, ad un cattolicesimo di facciata, fa da molto tempo riscontro un sostanzioso agnosticismo. Importante comunque vederlo, al di là del problema religioso e morale che agita, per apprezzare un'ottima pagina di cinema ed il coraggio di un autore sempre più completo.

Nessun commento:

Posta un commento