i partigiani comunisti agli ordini di Missak Manouchian, combattono i nazisti, incoscienti e coscienti che li aspetta la fucilazione o i campi di concentramento.
film corale con tanti protagonisti nelle mani di un regista militante.
di questi eroi partigiani resta anche una bellissima canzone di Léo Ferré.
mai apparso in sala in Italia, voi guardatelo lo stesso, non ve ne pentirete - Ismaele
... L’armée du
crime est un film à thèse, cela ne fait aucun doute. Robert
Guédiguian admire tous les résistants du groupe Manouchian, et il entend bien
nous le montrer, nous le démontrer même. Que l’on se comprenne bien, je ne dis
pas que c’est honteux d’être admiratif devant ces résistants, je le suis aussi
d’autant que je suis bien en peine pour savoir ce que j’aurais fait à leur
place. Résister à l’occupant était, sans nul doute, héroïque, mais quand on
essaie de m’en convaincre à coups de violons et de plans bien appuyés, je me
lasse vite.
Était-il ainsi
nécessaire que tous les résistants soient merveilleusement gentils, sauf quand
il faut être méchants, qu’ils soient tous des héros stoïques façon tragédie
grecque quand le jugement dernier vient à sonner ? Et était-il nécessaire
au contraire de faire de tous les Allemands et tous les Français collabos des
salauds impitoyables, prêts à écraser leur prochain par tous les moyens si
jamais il était étranger, Juif ou pire, communiste ? Fallait-il vraiment
nous montrer avec force effets pour bien insister sur la solennité de la scène,
les rafles juives, l’envoi dans les wagons à bestiaux, ou dans un autre
registre la torture ? À propos de torture, j’ai cru pendant un moment
revoir l’horrible « film » de Mel Gibson sur les derniers jours du
Christ : c’est vraiment, encore une fois, le héros grec impassible et
impuissant face au monde extérieur plus mauvais que jamais…
…On voit bien les raisons profondes qui ont
motivé Guédiguian : l’empathie naturelle du cinéaste pour une figure historique
importante de l’émigration arménienne en France, l’intérêt pour le motif du
petit groupe antifasciste, le combat désespéré mais nécessaire des faibles
contre les forts, thème qui traverse toute sa filmo. Enfin, le fait que le
phalanstère dénoncé par l’affiche rouge était composé d’individus venus du
monde entier (Juifs, Espagnols, Italiens, Arméniens, Polonais, etc.) n’a sans
doute pas échappé au réalisateur en ces temps de ministère de l’Immigration et
de l’Identité nationale, et raconter cette histoire d’immigrés versant leur
sang pour la France libre est comme jeter une pierre dans le jardin malodorant
de la démagogie gouvernementale actuelle. Si le sujetdu film et les intentions du
cinéaste ont toute notre sympathie, il est dommage que ce dernier ait opté pour
le chromo prévisible. Dès le scénario, Guédiguian et ses coscénaristes Gilles
Taurand et Serge Le Péron ont séparé les héros et les salauds. S’ils montrent
parfois un personnage prêt à basculer en fonction de son intérêt personnel, ils
évacuent toute allusion au pacte germano-soviétique ou aux tensions
idéologiques qui clivaient la Résistance. Dans son Black Book,
Paul Verhoeven avait réussi à montrer la complexité humaine de la période,
affinant les oppositions manichéennes…
…Per realizzare il suo film forse più ambizioso,
Guédiguian prende in mano la vicenda reale e la modifica per aumentare e
sottolineare l'intento pedagogico, avendo peraltro l'umiltà di ammetterlo senza
remore in una didascalia che appare prima dei titoli di coda. In una narrazione
che non ha un vero e assoluto protagonista, il minutaggio maggiore è però
riservato a Manouchian, capo della banda, non a caso di origine armena (così
come lo stesso Guédiguian), intorno al quale si muovono una serie di figure
abili a comporre un mosaico non privo di fascino. Certo, in qualche punto il
ritmo si avvicina a certe limitazioni para-televisive, e il sopracitato intento
pedagogico talvolta finisce per legare la messinscena in qualche schematismo di
troppo. Ma le imperfezioni nulla tolgono a un lavoro che sa colpire nel segno,
dichiarare con coraggio la sua verità, ed emozionare senza cadere nel facile
pietismo.
L'armée du crime, ignorato dai distributori italiani, interessati alle pellicole francesi quasi soltanto quando si parla di commedie, resta abbastanza lontano da autentiche gemme come Marius et Jeannette, La ville est tranquille, Marie Jo et ses deux amours, À la place du coeur e il recente Les neiges du Kilimandjaro (tutti titoli assolutamente da recuperare per chi ancora non li conoscesse), ma ancora una volta dimostra l'intelligenza di un regista a suo modo unico, per l'acutezza e la passione con cui riesce ogni volta a raccontare un preciso e palese punto di vista sulla realtà senza mai perdere di vista l'amore per il cinema…
L'armée du crime, ignorato dai distributori italiani, interessati alle pellicole francesi quasi soltanto quando si parla di commedie, resta abbastanza lontano da autentiche gemme come Marius et Jeannette, La ville est tranquille, Marie Jo et ses deux amours, À la place du coeur e il recente Les neiges du Kilimandjaro (tutti titoli assolutamente da recuperare per chi ancora non li conoscesse), ma ancora una volta dimostra l'intelligenza di un regista a suo modo unico, per l'acutezza e la passione con cui riesce ogni volta a raccontare un preciso e palese punto di vista sulla realtà senza mai perdere di vista l'amore per il cinema…
LA STORIA DI MISSAK MANOUCHIAN E DEL MANIFESTO ROSSO
Missak Manouchian (in armeno: Միսաք Մանուշյան) ha 19 anni quando giunge in Francia, nel 1925. È nato il 1° settembre 1906 in una famiglia di contadini armeni del paesino di Adyaman, in Turchia. Ha otto anni quando suo padre viene ucciso da alcuni militari turchi durante un massacro; sua madre morirà di malattia, aggravata dalla carestia che aveva colpito la popolazione armena. Le atrocità del genocidio segnarono Missak Manouchian per tutta la vita. Di carattere introverso, diverrà ancora più taciturno e questo lo porterà, verso i dodici o tredici anni, a esprimere il suo stato d'animo in versi:
« Un bel bambino
Ha sognato per una notte intera
Di fare all'alba porpora e dolce
Dei mazzi di rose ».
Essendo orfano, è accolto prima da una famiglia curda, e in seguito da un'istituzione cristiana. Al suo arrivo in Francia impara il mestiere di falegname, ma accetta tutti i lavori che gli vengono offerti. Contemporaneamente fonda due riviste letterarie in lingua armena, Čank (« Lo sforzo ») e Makhaguyt (« Cultura »). Missak Manouchian frequenta le università operaie create dalla CGT e, nel 1934, aderisce al Partito Comunista e si unisce alla sezione armena della MOI (Manodopera Immigrata). Nel 1937 sarà al tempo stesso presidente del Comitato di Soccorso per l'Armenia e redattore del suo giornale Zangu (nome di un fiume armeno).
Dopo la disfatta del 1940, ridiventa operaio e, in seguito, responsabile della sezione armena della MOI clandestina. Nel 1943 entra ne Franchi Tiratori Partigiani (FTP) della MOI parigina, di cui diviene direttore delle operazioni militari sotto il comando di Joseph Epstein. Missak Manouchian dirige una rete formata da 22 uomini e da una donna.
A partire dalla fine del 1942, questi uomini conducono a Parigi un'incessante guerriglia contro i tedeschi: in media portano a termine un'operazione armata ogni due giorni, fra attentati, sabotaggi, deragliamenti di treni e collocamento di bombe. Il loro colpo più riuscito risale al 28 settembre 1943, quando abbattono Julius Ritter, responsabile del Servizio di Lavoro Obbligatorio in Francia e generale delle SS.
Il 16 novembre 1943 Missak Manouchian deve incontrare Joseph Epstein sugli argini della senna, a Evry. Non sa che veniva seguito fin dalla sua casa parigina; i due sono arrestati sulla riva sinistra da dei poliziotti francesi in borghese. Con questo, tutte le unità di combattimento della MOI parigina vengono smantellate il giorno stesso o nei giorni successivi. Si trattò di un'operazione di polizia ben condotta o di una denuncia? Alcuni storici ritengono che le circostanze in cui ebbe luogo l'arresto del gruppo Manouchian restano oscure e fanno certamente pensare ad una spiata. Il gruppo sarebbe stato utilizzato per operazioni troppo pericolose per i suoi mezzi, e non sarebbe stato convenientemente avvertito dalla direzione della Resistenza comunista sui rischi che correva.
I tedeschi danno un'insolita pubblicità al loro processo. La stampa è invitata: una trentina di giornali francesi e stranieri sono presenti. I servizi di propaganda tedeschi mandano una troupe cinematografica. Si ha così un processo-spettacolo per tre giorni: il fine è evidente e il presidente della Corte Marziale lo specifica immediatamente: occorre « far sapere all'opinione pubblica francese fino a che punto la patria è in pericolo ». Gli imputati sono tutti stranieri, figurarsi quindi l'occasione propizia.
Il gruppo è infatti formato principalmente da stranieri: otto polacchi, cinque italiani, tre ungheresi, due armeni, uno spagnolo, una rumena e soltanto tre francesi. Tra di essi, inoltre, vi sono nove ebrei (a partire da Epstein) e tutti sono comunisti o vicini al PC. Il loro capo è l'armeno Missak Manouchian.
Contemporaneamente, su tutti i muri di Francia viene affisso un manifesto che li presenta come criminali: il Manifesto Rosso. La propaganda tedesca intende mostrare che questi uomini non sono dei liberatori, bensì dei criminali, dei terroristi, dei delinquenti comuni. Gli autori del manifesto cercano di realizzare una composizione che sappia impressionare:
1 / La scelta del colore: il rosso, colore del sangue, ovvero il sangue scorso negli omicidi perpetrati dall' « esercito del crimine »;
2 / Il titolo del manifesto: « Liberatori? » Più in basso, la risposta: No, sono criminali. Tra la domanda e la risposta, le prove (armi nascoste, sabotaggi, morti e feriti);
3 / Sotto la parola « liberatore », presentata come leggenda, i dieci volti mal rasati degli imputati sono inseriti in medaglioni dal bordo nero, disposti simmetricamente. Sotto ciascuna immagine c'è un nome dal suono straniero, ebreo per sette di essi. Beninteso non vi figura nessun francese. Missak Manouchian è qualificato come « capobanda ». Non è un resistente, non è un liberatore, ma un delinquente comune.
I dieci medaglioni formano come una freccia di cui Manouchian è il vertice, e che punta direttamente sulla parola « crimine ».
Il manifesto viene diffuso anche in forma di volantino, con il presente testo sul verso:
« Anche se dei francesi rubano, sabotano e uccidono, sono sempre comandati da stranieri; sono sempre disoccupati e criminali di professione quelli che eseguono; sono sempre degli Ebrei che li ispirano. »
I tedeschi e il governo di Vichy intesero trasformare questo processo in propaganda contro la Resistenza. Vollero mostrare che la Resistenza era soltanto banditismo e un complotto straniero contro la Francia e i francesi. Si servirono della xenofobia, dell'antisemitismo e del presunto anticomunismo dell'opinione pubblica. La radio e i giornali di Vichy ripresero il tema del « giudeo-bolscevismo, agente del banditismo ». Si trattava di destabilizzare la Resistenza in un momento in cui si era organizzata e causava problemi sempre più gravi alle forze della repressione.
Missak Manouchian fu fucilato al Mont-Valérien assieme a ventuno dei suoi compagni, il 19 febbraio 1944. La donna rumena fu decapitata a Stoccarda. Joseph Epstein e ventotto altri partigiani francesi furono fucilati l'11 aprile 1944.
Missak Manouchian (in armeno: Միսաք Մանուշյան) ha 19 anni quando giunge in Francia, nel 1925. È nato il 1° settembre 1906 in una famiglia di contadini armeni del paesino di Adyaman, in Turchia. Ha otto anni quando suo padre viene ucciso da alcuni militari turchi durante un massacro; sua madre morirà di malattia, aggravata dalla carestia che aveva colpito la popolazione armena. Le atrocità del genocidio segnarono Missak Manouchian per tutta la vita. Di carattere introverso, diverrà ancora più taciturno e questo lo porterà, verso i dodici o tredici anni, a esprimere il suo stato d'animo in versi:
« Un bel bambino
Ha sognato per una notte intera
Di fare all'alba porpora e dolce
Dei mazzi di rose ».
Essendo orfano, è accolto prima da una famiglia curda, e in seguito da un'istituzione cristiana. Al suo arrivo in Francia impara il mestiere di falegname, ma accetta tutti i lavori che gli vengono offerti. Contemporaneamente fonda due riviste letterarie in lingua armena, Čank (« Lo sforzo ») e Makhaguyt (« Cultura »). Missak Manouchian frequenta le università operaie create dalla CGT e, nel 1934, aderisce al Partito Comunista e si unisce alla sezione armena della MOI (Manodopera Immigrata). Nel 1937 sarà al tempo stesso presidente del Comitato di Soccorso per l'Armenia e redattore del suo giornale Zangu (nome di un fiume armeno).
Dopo la disfatta del 1940, ridiventa operaio e, in seguito, responsabile della sezione armena della MOI clandestina. Nel 1943 entra ne Franchi Tiratori Partigiani (FTP) della MOI parigina, di cui diviene direttore delle operazioni militari sotto il comando di Joseph Epstein. Missak Manouchian dirige una rete formata da 22 uomini e da una donna.
A partire dalla fine del 1942, questi uomini conducono a Parigi un'incessante guerriglia contro i tedeschi: in media portano a termine un'operazione armata ogni due giorni, fra attentati, sabotaggi, deragliamenti di treni e collocamento di bombe. Il loro colpo più riuscito risale al 28 settembre 1943, quando abbattono Julius Ritter, responsabile del Servizio di Lavoro Obbligatorio in Francia e generale delle SS.
Il 16 novembre 1943 Missak Manouchian deve incontrare Joseph Epstein sugli argini della senna, a Evry. Non sa che veniva seguito fin dalla sua casa parigina; i due sono arrestati sulla riva sinistra da dei poliziotti francesi in borghese. Con questo, tutte le unità di combattimento della MOI parigina vengono smantellate il giorno stesso o nei giorni successivi. Si trattò di un'operazione di polizia ben condotta o di una denuncia? Alcuni storici ritengono che le circostanze in cui ebbe luogo l'arresto del gruppo Manouchian restano oscure e fanno certamente pensare ad una spiata. Il gruppo sarebbe stato utilizzato per operazioni troppo pericolose per i suoi mezzi, e non sarebbe stato convenientemente avvertito dalla direzione della Resistenza comunista sui rischi che correva.
I tedeschi danno un'insolita pubblicità al loro processo. La stampa è invitata: una trentina di giornali francesi e stranieri sono presenti. I servizi di propaganda tedeschi mandano una troupe cinematografica. Si ha così un processo-spettacolo per tre giorni: il fine è evidente e il presidente della Corte Marziale lo specifica immediatamente: occorre « far sapere all'opinione pubblica francese fino a che punto la patria è in pericolo ». Gli imputati sono tutti stranieri, figurarsi quindi l'occasione propizia.
Il gruppo è infatti formato principalmente da stranieri: otto polacchi, cinque italiani, tre ungheresi, due armeni, uno spagnolo, una rumena e soltanto tre francesi. Tra di essi, inoltre, vi sono nove ebrei (a partire da Epstein) e tutti sono comunisti o vicini al PC. Il loro capo è l'armeno Missak Manouchian.
Contemporaneamente, su tutti i muri di Francia viene affisso un manifesto che li presenta come criminali: il Manifesto Rosso. La propaganda tedesca intende mostrare che questi uomini non sono dei liberatori, bensì dei criminali, dei terroristi, dei delinquenti comuni. Gli autori del manifesto cercano di realizzare una composizione che sappia impressionare:
1 / La scelta del colore: il rosso, colore del sangue, ovvero il sangue scorso negli omicidi perpetrati dall' « esercito del crimine »;
2 / Il titolo del manifesto: « Liberatori? » Più in basso, la risposta: No, sono criminali. Tra la domanda e la risposta, le prove (armi nascoste, sabotaggi, morti e feriti);
3 / Sotto la parola « liberatore », presentata come leggenda, i dieci volti mal rasati degli imputati sono inseriti in medaglioni dal bordo nero, disposti simmetricamente. Sotto ciascuna immagine c'è un nome dal suono straniero, ebreo per sette di essi. Beninteso non vi figura nessun francese. Missak Manouchian è qualificato come « capobanda ». Non è un resistente, non è un liberatore, ma un delinquente comune.
I dieci medaglioni formano come una freccia di cui Manouchian è il vertice, e che punta direttamente sulla parola « crimine ».
Il manifesto viene diffuso anche in forma di volantino, con il presente testo sul verso:
« Anche se dei francesi rubano, sabotano e uccidono, sono sempre comandati da stranieri; sono sempre disoccupati e criminali di professione quelli che eseguono; sono sempre degli Ebrei che li ispirano. »
I tedeschi e il governo di Vichy intesero trasformare questo processo in propaganda contro la Resistenza. Vollero mostrare che la Resistenza era soltanto banditismo e un complotto straniero contro la Francia e i francesi. Si servirono della xenofobia, dell'antisemitismo e del presunto anticomunismo dell'opinione pubblica. La radio e i giornali di Vichy ripresero il tema del « giudeo-bolscevismo, agente del banditismo ». Si trattava di destabilizzare la Resistenza in un momento in cui si era organizzata e causava problemi sempre più gravi alle forze della repressione.
Missak Manouchian fu fucilato al Mont-Valérien assieme a ventuno dei suoi compagni, il 19 febbraio 1944. La donna rumena fu decapitata a Stoccarda. Joseph Epstein e ventotto altri partigiani francesi furono fucilati l'11 aprile 1944.
Vous n'avez réclamé ni gloire ni
les larmes
Ni l'orgue ni la prière aux agonisants
Onze ans déjà que cela passe vite onze ans
Vous vous étiez servis simplement de vos armes
La mort n'éblouit pas les yeux des Partisans
Vous aviez vos portraits sur les murs de nos villes
Noirs de barbe et de nuit hirsutes menaçants
L'affiche qui semblait une tache de sang
Parce qu'à prononcer vos noms sont difficiles
Y cherchait un effet de peur sur les passants
Nul ne semblait vous voir Français de préférence
Les gens allaient sans yeux pour vous le jour durant
Mais à l'heure du couvre-feu des doigts errants
Avaient écrit sous vos photos MORTS POUR LA FRANCE
Et les mornes matins en étaient différents
Tout avait la couleur uniforme du givre
A la fin février pour vos derniers moments
Et c'est alors que l'un de vous dit calmement
Bonheur à tous Bonheur à ceux qui vont survivre
Je meurs sans haine en moi pour le peuple allemand
Adieu la peine et le plaisir Adieu les roses
Adieu la vie adieu la lumière et le vent
Marie-toi sois heureuse et pense à moi souvent
Toi qui vas demeurer dans la beauté des choses
Quand tout sera fini plus tard en Erivan
Un grand soleil d'hiver éclaire la colline
Que la nature est belle et que le coeur me fend
La justice viendra sur nos pas triomphants
Ma Mélinée ô mon amour mon orpheline
Et je te dis de vivre et d'avoir un enfant
Ils étaient vingt et trois quand les fusils fleurirent
Vingt et trois qui donnaient le coeur avant le temps
Vingt et trois étrangers et nos frères pourtant
Vingt et trois amoureux de vivre à en mourir
Vingt et trois qui criaient la France en s'abattant.
Ni l'orgue ni la prière aux agonisants
Onze ans déjà que cela passe vite onze ans
Vous vous étiez servis simplement de vos armes
La mort n'éblouit pas les yeux des Partisans
Vous aviez vos portraits sur les murs de nos villes
Noirs de barbe et de nuit hirsutes menaçants
L'affiche qui semblait une tache de sang
Parce qu'à prononcer vos noms sont difficiles
Y cherchait un effet de peur sur les passants
Nul ne semblait vous voir Français de préférence
Les gens allaient sans yeux pour vous le jour durant
Mais à l'heure du couvre-feu des doigts errants
Avaient écrit sous vos photos MORTS POUR LA FRANCE
Et les mornes matins en étaient différents
Tout avait la couleur uniforme du givre
A la fin février pour vos derniers moments
Et c'est alors que l'un de vous dit calmement
Bonheur à tous Bonheur à ceux qui vont survivre
Je meurs sans haine en moi pour le peuple allemand
Adieu la peine et le plaisir Adieu les roses
Adieu la vie adieu la lumière et le vent
Marie-toi sois heureuse et pense à moi souvent
Toi qui vas demeurer dans la beauté des choses
Quand tout sera fini plus tard en Erivan
Un grand soleil d'hiver éclaire la colline
Que la nature est belle et que le coeur me fend
La justice viendra sur nos pas triomphants
Ma Mélinée ô mon amour mon orpheline
Et je te dis de vivre et d'avoir un enfant
Ils étaient vingt et trois quand les fusils fleurirent
Vingt et trois qui donnaient le coeur avant le temps
Vingt et trois étrangers et nos frères pourtant
Vingt et trois amoureux de vivre à en mourir
Vingt et trois qui criaient la France en s'abattant.
Versione
italiana di Riccardo Venturi
17 giugno 2005
17 giugno 2005
IL MANIFESTO
ROSSO
Non avete reclamato né gloria né pianti
né l’organo, né la preghiera dei moribondi.
Son già undici anni. Come passan presto.
Avevate usato solo le vostre armi,
la morte non annebbia gli occhi dei partigiani.
Avete i vostri ritratti sui muri delle città
con le barbe nere e, di notte, irsuti, minacciosi.
L’avviso che sembrava una macchia di sangue
perché i vostri nomi si pronuncian difficilmente
e si cercava di fare paura ai passanti
Preferibilmente non vi si voleva ritenere francesi,
la gente, di giorno, camminava senza vedervi.
Ma all’ora del coprifuoco, delle dita vaganti
scrissero sulle vostre foto: MORTI PER LA FRANCIA
E le cupe mattine ne sortivano differenti.
Tutto aveva il colore uniforme della brina
a fine febbraio, per i vostri ultimi momenti.
Ed è allora che uno di voi disse tranquillamente
“Gioia per tutti, Gioia per chi sopravvive,
muoio senz’odio in me per il popolo tedesco.
Addio alla pena ed al piacere, addio alle rose,
addio alla vita, addio alla luce e al vento.
Spòsati, sii felice e pensami sovente
tu, che resterai nella bellezza delle cose
quando tutto sarà finito, dopo, a Erevan.
Un gran sole d’inverno rischiara la collina,
che bella è la natura, come mi si spezza il cuore.
E verrà la giustizia ai nostri passi trionfanti,
o mia Melina, amore mio, mia orfana,
io ti dico di vivere e di avere un bambino.”
Erano ventitré quando sbocciarono i fucili,
ventitré che donavano il loro cuore anzitempo.
Ventitré stranieri, ma eran nostri fratelli
ventitré innamorati della vita da morirne,
ventitré che gridaron la Francia nel cadere.
Non avete reclamato né gloria né pianti
né l’organo, né la preghiera dei moribondi.
Son già undici anni. Come passan presto.
Avevate usato solo le vostre armi,
la morte non annebbia gli occhi dei partigiani.
Avete i vostri ritratti sui muri delle città
con le barbe nere e, di notte, irsuti, minacciosi.
L’avviso che sembrava una macchia di sangue
perché i vostri nomi si pronuncian difficilmente
e si cercava di fare paura ai passanti
Preferibilmente non vi si voleva ritenere francesi,
la gente, di giorno, camminava senza vedervi.
Ma all’ora del coprifuoco, delle dita vaganti
scrissero sulle vostre foto: MORTI PER LA FRANCIA
E le cupe mattine ne sortivano differenti.
Tutto aveva il colore uniforme della brina
a fine febbraio, per i vostri ultimi momenti.
Ed è allora che uno di voi disse tranquillamente
“Gioia per tutti, Gioia per chi sopravvive,
muoio senz’odio in me per il popolo tedesco.
Addio alla pena ed al piacere, addio alle rose,
addio alla vita, addio alla luce e al vento.
Spòsati, sii felice e pensami sovente
tu, che resterai nella bellezza delle cose
quando tutto sarà finito, dopo, a Erevan.
Un gran sole d’inverno rischiara la collina,
che bella è la natura, come mi si spezza il cuore.
E verrà la giustizia ai nostri passi trionfanti,
o mia Melina, amore mio, mia orfana,
io ti dico di vivere e di avere un bambino.”
Erano ventitré quando sbocciarono i fucili,
ventitré che donavano il loro cuore anzitempo.
Ventitré stranieri, ma eran nostri fratelli
ventitré innamorati della vita da morirne,
ventitré che gridaron la Francia nel cadere.
L'APPELLO AGLI IMMIGRATI
« Immigrati,
Per lunghi anni avete combattuto a fianco dell'eroico popolo francese contro l'occupante; avete condotto una lotta incessante, in ogni forma, per far sì che l'ora della liberazione di tutti giungesse prima. Attaverso i vostri sacrifici, le vostre operazioni armate, le vostre sofferenze e la vostra dedizione avete provato che la vostra sorte è legata indissolubilmente a quella del grande popolo francese. Nelle battaglie comuni avete forgiato i legami di fratellanza con la nazione francese.
Oggi, alla vigilia della vittoria definitiva, vi è richiesto un ultimo sforzo. Avvicinandosi gli eserciti alleati, il nobile popolo di Francia, degno successore dei suoi avi della Rivoluzione del 1789, si erge nella battaglia finale. In tutta Parigini si erigono le barricate. Voi, immigrati, anche voi farete il vostro dovere; vi porrete nelle prime file dei combattenti per la libertà, aiuterete a scacciare il nemico dal suolo sul quale vivete e lavorate. Tutti alle barricate! All'armi, immigrati!
Partecipate in massa alle azioni del F.F.I. Seguendo gli ordini del governo provvisorio della Repubblica, del Consiglio della Resistenza e dei suoi comandi locali.
Proclamate lo sciopero generale; aderite alle milizie patriottiche. Attaccate i membri dell'esercito tedesco ovunque essi si trovino e recuperate le loro armi con ogni mezzo. Nelle regioni di agglomerazione degli immigrati, formate e rafforzate i distaccamenti nazionali del F.F.I. Arrestate i traditori e gli agenti del nemico e impedite che fuggano; occupate le sedi e i locali delle vostre organizzazioni, che sono state invase dal nemico o dai lacchè al suo soldo.
Unitevi alle calorose manifestazioni d'amicizia e di riconoscenza che accoglieranno gli eserciti vittoriosi. In quest'ora solenne e indimenticabile, condividerete col popolo francese la gioia della liberazione, voi che avete sofferto e combattuto con lui nelle ore tragiche. Pavesate le vostre case con le bandiere francesi e alleate, americane, inglesi, sovietiche.
Immigrati,
Avanti all'assalto finale che renderà la Francia libera, indipendente e democratica.
Viva la Francia!
Viva i nostri Alleati!
Questo appello è stato emanato dal Centro di Azione e Difesa Immigrati (C.A.D.I.)
Comitato Italiano di Liberazione Nazionale, Comitato Polacco di Liberazione Nazionale, Unità Nazionale Spagnola, Comitato Nazionale Cecoslovacco, Comitato d'Unione e Difesa Israelita, Unione dei Patrioti Russi, Fronte Nazionale Ucraino, Movimento per l'Indipendenza Ungherese, Fronte Nazionale Armeno, Fronte Nazionale Rumeno. »
L'ultima lettera di Missak Manouchian alla moglie
Mia cara Melina, mia amata orfanella,
tra qualche ora, non sarò più di questo mondo.
Noi verremo fucilati questo pomeriggio alle 15.
Questo giunge come un accidente nella mia vita,
non ci credo eppure so che non ti rivedrò mai più.
Cosa posso scriverti?
Tutto è confuso in me e chiarissimo allo stesso tempo.
Mi ero ingaggiato nell'Esercito di Liberazione come soldato volontario e muoio a due passi dalla vittoria e dalla meta.
Auguro felicità a quelli che sopravvivranno a noi e che assaporeranno la dolcezza della Libertà e della Pace di domani. Sono sicuro che il popolo francese e tutti i combattenti della Libertà sapranno onorare la nostra memoria degnamente. In punto di morte, dichiaro di non avere alcun odio contro il popolo tedesco e contro nessuno, ognuno avrà quel che merita, il proprio castigo o la propria ricompensa. Il popolo tedesco e tutti gli altri popoli vivranno in pace ed in fraternità dopo la guerra che non durerà ancora per molto. Felicità a tutti! Ho un profondo rimpianto quello di non averti resa felice, mi sarebbe piaciuto avere un figlio da te, come hai sempre desiderato. Io ti prego quindi di sposarti dopo la guerra e di avere un figlio per la mia felicità e per esaudire la mia ultima volontà, sposati con qualcuno che possa farti felice. Tutti i miei beni e tutti i miei effetti personali li lascio a te, a tua sorella e ai miei nipoti. Dopo la guerra potrai far valere il tuo diritto alla pensione di guerra in quanto mia moglie, perché io muoio come soldato regolare dell'esercito francese di liberazione.
Con l'aiuto degli amici che mi vorranno onorare, farai pubblicare le mie poesie ed i miei scritti che meritano di essere letti. Se possibile porterai i miei ricordi ai miei genitori in Armenia. Tra poco morirò assieme ai miei 23 compagni con il coraggio e la serenità di un uomo che ha la coscienza a posto, perché personalmente, non ho fatto del male a nessuno e se l'ho fatto, l'ho fatto senza odio.
Oggi c'è il sole. E' guardando il sole e la bella natura che tanto ho amato, che dirò addio alla vita e a voi tutti, mia adorata moglie e miei cari amici.
Perdono tutti quelli che mi hanno fatto del male o che hanno voluto farmi del male tranne colui che ci ha traditi per salvarsi la pelle e quelli che ci hanno venduti.
Ti abbraccio forte a te, a tua sorella e a tutti gli amici che mi conoscevano da lontano o da vicino, vi terrò tutti nel mio cuore.
Addio. Il tuo amico, il tuo compagno, tuo marito.
Manouchian Michel.
P.S. Ho quindicimila franchi nella valigia in rue de Plaisance. Se puoi prenderli, salda i miei debiti e regala il resto ad Armène. M.M.
Mia cara Melina, mia amata orfanella,
tra qualche ora, non sarò più di questo mondo.
Noi verremo fucilati questo pomeriggio alle 15.
Questo giunge come un accidente nella mia vita,
non ci credo eppure so che non ti rivedrò mai più.
Cosa posso scriverti?
Tutto è confuso in me e chiarissimo allo stesso tempo.
Mi ero ingaggiato nell'Esercito di Liberazione come soldato volontario e muoio a due passi dalla vittoria e dalla meta.
Auguro felicità a quelli che sopravvivranno a noi e che assaporeranno la dolcezza della Libertà e della Pace di domani. Sono sicuro che il popolo francese e tutti i combattenti della Libertà sapranno onorare la nostra memoria degnamente. In punto di morte, dichiaro di non avere alcun odio contro il popolo tedesco e contro nessuno, ognuno avrà quel che merita, il proprio castigo o la propria ricompensa. Il popolo tedesco e tutti gli altri popoli vivranno in pace ed in fraternità dopo la guerra che non durerà ancora per molto. Felicità a tutti! Ho un profondo rimpianto quello di non averti resa felice, mi sarebbe piaciuto avere un figlio da te, come hai sempre desiderato. Io ti prego quindi di sposarti dopo la guerra e di avere un figlio per la mia felicità e per esaudire la mia ultima volontà, sposati con qualcuno che possa farti felice. Tutti i miei beni e tutti i miei effetti personali li lascio a te, a tua sorella e ai miei nipoti. Dopo la guerra potrai far valere il tuo diritto alla pensione di guerra in quanto mia moglie, perché io muoio come soldato regolare dell'esercito francese di liberazione.
Con l'aiuto degli amici che mi vorranno onorare, farai pubblicare le mie poesie ed i miei scritti che meritano di essere letti. Se possibile porterai i miei ricordi ai miei genitori in Armenia. Tra poco morirò assieme ai miei 23 compagni con il coraggio e la serenità di un uomo che ha la coscienza a posto, perché personalmente, non ho fatto del male a nessuno e se l'ho fatto, l'ho fatto senza odio.
Oggi c'è il sole. E' guardando il sole e la bella natura che tanto ho amato, che dirò addio alla vita e a voi tutti, mia adorata moglie e miei cari amici.
Perdono tutti quelli che mi hanno fatto del male o che hanno voluto farmi del male tranne colui che ci ha traditi per salvarsi la pelle e quelli che ci hanno venduti.
Ti abbraccio forte a te, a tua sorella e a tutti gli amici che mi conoscevano da lontano o da vicino, vi terrò tutti nel mio cuore.
Addio. Il tuo amico, il tuo compagno, tuo marito.
Manouchian Michel.
P.S. Ho quindicimila franchi nella valigia in rue de Plaisance. Se puoi prenderli, salda i miei debiti e regala il resto ad Armène. M.M.
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