lunedì 26 febbraio 2018

Figlia mia - Laura Bispuri

unico film italiano al festival di Berlino del 2018, è quindi insieme il migliore e il peggiore dei film italiani.
Alba Rohrwacher fa la sua parte di donna perduta, un po' alcolizzata, un po' puttana, Valeria Golino fa la parte della brava donna.
all'inizio c'era stato un accordo fra le due donne, ma il tempo e le cose creano problemi.
toccherà a Sara provare a salvare le madri (come tutti i bambini adottati, anche se non lo sa, ma lei lo sa, ha due madri) e se stessa, è l'unica che ne ha la forza, anche morale.
Sara da bambina oggetto deve diventare un soggetto, un ruolo che fa tremare i polsi.
sfondo del film è una Sardegna povera, sottosviluppata, non è roba per turisti.
Sara (la bambina Vittoria nel film), ha una certa somiglianza con un'altra Sara (Cate, la protagonista di Bellas Mariposas, di Salvatore Mereu), per chi se lo ricorda.
buona (e terribile) visione - Ismaele





Stavolta mi pare che hai fatto un lavoro con le bambine che non sono la protagonista un po’ più difficile, mi parevano un po’ impacciate. Come è andata?
LAURA BISPURI: “Ti premetto che di solito quando vedo i film con i bambini al cinema non mi piacciono mai. Soprattutto i film italiani. Poi certo ci sono eccezioni e casi eclatanti ma la norma è che esco terrorizzata. Quindi ero preoccupata per questo casting. Ho girato soprattutto la Sardegna (ma non solo) per 8 mesi battendo tutte le scuole, alla ricerca della protagonista e poi le amiche le ho scelte tra le migliori che per un motivo o per l’altro ho dovuto scartare, è un gruppo di cui sono molto soddisfatta. Forse ti riferisci però alla scena in cui stanno in gruppetto e guardano il video sul cellulare facendo le antipatiche, quella è stata la scena in assoluto di cui abbiamo dovuto fare più ciak di tutto il film. Non era facile per niente e c’erano anche battute accavallate, inoltre non facevano che guardare in macchina. Se non lo faceva una, lo faceva l’altra, lì mi sono un po’ alterata e ho dovuto urlare ad un certo punto, è stato un momento non facile…”
Invece Sara, la protagonista, visivamente è perfetta. Fisico, capelli, colori…
LB: “Secondo me lei è proprio un fenomeno. Ho girato anche stavolta tutto il film con lunghi piani sequenza, e le coreografie erano particolari, più complesse che in passato. A lei chiedevo cose complicatissime dalla scena con il tappeto [in cui mette sua madre svenuta su un tappeto per poterla trasportare tirandola con le sue forze ndr] ad altre molto complicate, le chiedevo molto insomma, ma faceva tutto e non abbiamo dovuto ripetere nemmeno un ciak. Davvero è un talento”…

il lungometraggio della Bispuri è davvero una ventata di aria fresca, di cui a questo punto si avvertiva la necessità. Con Figlia Mia dimostra di essere cresciuta e di poter competere con vigore all'interno del circuito festivaliero. Forte di un cast perfettamente calato nella parte, in cui alla bionda Alba Rohrwacher tocca il ruolo della madre irresponsabile e alla mora Valeria Golino quello di Tina, si addentra con abilità nell'umana tragedia, e nella difficile posizione di una figlia confusa, senza mai confondere lo spettatore.
Non ci ammorba con discorsi contorti sul bene e sul male. Non fa subdolamente leva sui nostri sentimenti per indurci alla lacrima o, per lo meno, a parteggiare per una o per l’altra. Al contrario, percorre la via del melodramma e lascia sempre aperta la porta ad un futuro migliore. Non ci sono vittime ma persone con le loro complicazioni, i limiti e le cadute. Vediamo attraverso i loro occhi, siamo con loro ma non cerchiamo un colpevole. Abbiamo la certezza si rialzeranno anche quando la ricaduta è imminente.
Figlia Mia è una storia ambientata in Italia, ma non è per forza italiana. Fa riflettere senza suggerire un’opinione. È una fotografia lucida che si lascia ammirare evitando di divenire indigesta. Ha tutte le qualità che deve possedere un dramma per riuscire a farsi amare e trasformarsi in cinema d’autore.

Figlia Mia costituisce però un bel salto in avanti rispetto a Vergine Giurata anche perché possiede (cosa rarissima nel genere) un intreccio forte che coinvolge soldi chiesti, non prestati, cercati, un tesoretto da recuperare in una necropoli per non essere costretti a partire verso “il continente”, Udo Kier (!!) e soprattutto ha una maniera vincente di mescolare le acque. La madre naturale e quella che invece ha voluto la bambina si scambiano quasi i ruoli, il film le fa passare dal torto alla ragione con una naturalezza e una disinvoltura ammirabili, per non dare ragione a nessuno. Per tutto ciò Laura Bispuri deve ringraziare se stessa (e Francesca Manieri che ha co-scritto il film) ma soprattutto Alba Rohrwacher…

Privo di un fascino misterico e claudicante sotto il profilo strettamente narrativo, Figlia mia scoperchia davanti agli occhi del pubblico i problemi di un cinema studiato in provetta, costruito a tavolino senza che vi pulsi dentro la vita. Non c’è reale dolore, né partecipazione, nella messa in scena di Figlia mia, così come il fin troppo abusato pedinamento zavattiniano mostra la sua incapacità – in mani immature – a trasformare l’immagine in senso, e a farsi una volta per tutte sguardo. Ha l’aria di un film conflittuale l’opera seconda di Laura Bispuri, ma in realtà nasconde al proprio interno una visione comoda del cinema, sia come macchina dell’immaginario sia, ed è ancora più grave, come racconto dell’umano. Tutto appare al contrario sterilizzato, pulito là dove dovrebbe grondare sudore, sangue, volgo. Anche la vita sbandata di Alba Rohrwacher (poco ispirate sia lei che una stanca Valeria Golino: l’unica a risollevare le sorti è la giovanissima Sara Casu) sembra totalmente controllata da Bispuri, e assoggettata al suo volere. In un percorso metaforico didascalico e fin troppo facile perfino nella conclusione (si può avere una madre borghese e una madre imbastardita, e imparare da entrambe…), Figlia mia prosciuga ogni sintomo di vita, e lo riduce a immagine preconfezionata e buona per l’uso. Anche per l’esportazione. Al secondo capitolo della sua carriera da regista Laura Bispuri inizia a mostrare con forza le prove di una visione preoccupante, o per lo meno poco interessante, del cinema e della vita.

Premesse ambiziose e molto coraggiose, decisamente controcorrente, alle quali fa riscontro un film che parla con immagini crude ma conformiste nel loro sforzo eccessivo di tagliare ruoli netti alle protagoniste. Immagini manieriste nel loro simbolismo, girate nella Sardegna di oggi, ma non nella parte turistica e mondana dell’isola, bensì in un villaggio di pescatori e di operai che dalla pesca traggono il loro scarso sostentamento. Nella prima metà della proiezione si assiste a scene giustapposte delle quali è difficile dare una descrizione perché non sono legate da una trama memorizzabile. Da lì in poi il film inizia a prendere una direzione, che svela il motivo del legame tra le tre protagoniste: Tina (una Valeria Golino poco convincente), operaia devota alla madonna e alle opere pie nella locale parrocchia, ha una strana relazione che l’amica/rivale Angelica (Alba Rohrwacher che sembra una pallida imitazione della cattiva madre Nastassja Kinski di Paris Texas), relazione che si impernia su Vittoria, la figlia contesa, che nel film compie dieci anni ed è la migliore protagonista di questo film, la bravissima, espressiva e intensa Sara Casu…
Nella prima parte, fno a quando il film si mantiene nella sua fase di introduzione dei personaggi e di esplorazione dei loro ambienti, Figlia mia funziona bene. Bispuri ha un bel tocco, rispettoso, delicato, che ricorda quello di un’altra giovane regista italiana, Alice Rohwacher. Utilizza la camera senza pomposità, mettendola, e mettendosi, al servizio di storia e personaggi. Una camera di cui non avverti quasi la presenza, un cinema fluido e trasparente. E quella parte di Sardegna, quei paesaggi, quella necropoli calcinata produttrice di paure e incubi, non vengono mai degradati dallo sguardo dell’autrice a cartolina. Un film che sembra sintonizzato sul respiro dei suoi personaggi. Purtroppo il cinema è anche narrazione, e qui Figlia mia collassa. Se decidi di ri-raccontare la storia del figlio di due madri devi poi costruirla drammaturgicamente, renderla interessante e portarla da qualche parte, verso sviluppi non così prevedibli e un credibile finale. Qui no. Quando Tina e Angelica cominciano a contendersi Vittoria – perché fino ad allora un tacito patto tra le due aveva mantenuto l’equilibrio – Figlia mia sbanda, prende le parti ora dell’una ora dell’altra, e nel voler essere equanime e corretto rinuncia a scegliere depotenziando ogni possibile storia. Quando poi la ragazzina prende, dopo tanto silenzio, la parola, ecco uscire dall’innocente frasi rotonde e sentenziose, apparecchiate e fintissime con incorporata la moralina finale. Disastro, davvero…

2 commenti:

  1. ciao Francesco...non ho capito se ti è piaciuta o meno questa terribile visione...

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    1. per un film come questo la categoria del "piacere" è di difficile applicazione, se la domanda potesse tradursi in "vale la pena di vedere questo film al cinema" la risposta è sì :)

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