il film per tutta la prima parte è un film bello, ma normale, del genere screwball_comedy, piena di battute sempre più a fuoco.
Toni Servillo fa Toni Servillo al meglio, come sempre, e gli altri sono tutti bravi.
poi appare Ettore (Luca Marinelli) e il film spicca il volo.
Ettore sembra uscire da qualche miracoloso film degli anni sessanta, di quelli della commedia italiana di Monicelli e Comencini, un po' Gassman e un po' Mario Adorf.
un film che non lascia delusi, merito di una sceneggiatura con gli incastri giusti.
non aspettate che lo tolgano dalle sale, non fate come Napalm 51, avrebbe voluto vedere quel film, ma poi non c'era più al cinema.
buon film a tutti! - Ismaele
Toni Servillo fa Toni Servillo al meglio, come sempre, e gli altri sono tutti bravi.
poi appare Ettore (Luca Marinelli) e il film spicca il volo.
Ettore sembra uscire da qualche miracoloso film degli anni sessanta, di quelli della commedia italiana di Monicelli e Comencini, un po' Gassman e un po' Mario Adorf.
un film che non lascia delusi, merito di una sceneggiatura con gli incastri giusti.
non aspettate che lo tolgano dalle sale, non fate come Napalm 51, avrebbe voluto vedere quel film, ma poi non c'era più al cinema.
buon film a tutti! - Ismaele
… Toni Servillo movie, che è ancora un
genere a parte, dove tutto è costruito per il buon funzionamento del
protagonista, anche se Luca Marinelli come coatto vendicativo finirà per rubare
la scena a tutti come faceva Diego Abatantuono nei primi film dove non era
ancora protagonista. Ma questo Lasciati andare, grazie anche alle
forze che mette in campo, è di fatto uno dei film più riusciti e divertenti
della stagione e va quindi trattato con un certo riguardo…
… Esclusa qualche sporadica battuta e un
paio di gag fisiche molto blande non è al suo psichiatra Elia Venezia che sta
il compito di portare avanti la leggerezza del film, anzi sembra fare di tutto
per professarsi fuori dal campo del risibile. È semmai l’incredibile Veronica Echegui il
motore del film, presenza elettrica ed esaltante, personal trainer che si
impone nella vita del pigro intellettuale quando viene obbligato dal
medico a fare del moto. Non c’è scena che quest’attrice spagnola (che per il
film sfoggia un fenomenale romano-spagnolo da antologia) non illumini e non
animi di pura forza filmica, una vera scoperta. Ogni battuta e ogni
incomprensione da lei sbandierate si animano di quell’irresistibile patina
esilarante che hanno le vere imprevedibili incomprensioni, ogni guaio in cui
trascina il professore tirandolo fuori dalla sua vita tranquilla sembra un
aneddoto più che un invenzione. Un po’ caotico, un po’ assurdo.
Sta un po’ qui la stranezza affascinante (e
divertente) di Lasciati Andare, da questo movimento dell’austero
psichiatra, quasi reticente ad entrare in una commedia, e dell’elettrica
personal trainer, che nemmeno si rende conto di non poter fare a meno di
viverci dentro da sempre (il suo video di esercizi che viene mostrato ad un
certo punto è gioiello). Nasce così un film in cui sembra che Toni Servillo, così a suo agio quando c’è da esagerare
con il grottesco ma molto meno con la commedia sottile, sia la spalla di tutti,
della sveglia ex moglie Carla Signoris che gli abita accanto e ancora gli fa
il bucato o del criminale di Luca Marinelli,
dotato di alcuni dei piani di ascolto più divertenti dell’anno, capace di far
ridere anche solo ritraendosi un po’ spaventato all’avvicinarsi dello sguardo
dello psichiatra…
… Il meccanismo è semplice, e ruota
attorno all’incontro casuale tra due figure a loro modo antitetiche: da un lato
Venezia, razionale e ben poco interessato agli istinti primari dell’uomo, e
dall’altro Claudia, spagnola trapiantata a Roma che invece ragiona ben poco
preferendo lasciarsi guidare dalla natura, e dal corpo. Nel gioco sugli
opposti, ovviamente, a vincere è l’irruenza di Claudia, che trascina il bolso
psicanalista in un vortice di disavventure di ogni tipo, rimediandogli emozioni
(e infortuni) mai patiti nel corso dell’intera vita. Uno schema basico, forse,
ma che permette a Lasciati andare di
mantenere un ritmo indiavolato, sradicando i personaggi da quegli appartamenti
e da quelle stanze in cui solitamente vengono reclusi, e cercando di sposare
alla verve dialettica anche un sano gusto per la corporeità in scena. Tra
ruzzoloni, incidenti, minacce di morte e scazzottate al ristorante, Amato
confezione una commedia brillante, che viene naturale sostenere nonostante
alcuni passaggi a vuoto: dispiace veder utilizzato così per esempio il
personaggio di Yuri, compagno di cella di Marinelli che irrompe in scena senza
preavviso e si muove di sequenza in sequenza in maniera ondivaga, senza troppa
attenzione al suo sviluppo.
Eppure a vincere è soprattutto l’alchimia che si crea nella coppia Servillo/Echegui, destinata a diventare triangolo scaleno con l’apparizione di Marinelli. Lì, e nella rilettura di un personaggio borghese costretto a fronteggiare il mondo che lo circonda e a uscire dal suo guscio/cella/utero, la sfida di Lasciati andare può considerarsi vinta.
Eppure a vincere è soprattutto l’alchimia che si crea nella coppia Servillo/Echegui, destinata a diventare triangolo scaleno con l’apparizione di Marinelli. Lì, e nella rilettura di un personaggio borghese costretto a fronteggiare il mondo che lo circonda e a uscire dal suo guscio/cella/utero, la sfida di Lasciati andare può considerarsi vinta.
…Il punto
di forza di Lasciati andare sta nella sceneggiatura composta da dialoghi freschi e per
nulla banali, dove a farla da padrone è l’ironia delle battute affidate al
protagonista Toni
Servillo. Quest’ultimo si è dimostrato in grado di interpretare
un ruolo da commedia, nonostante noi siamo abituato a vederlo in parti
drammatiche. Per l’attore, infatti, è il primo ruolo in una commedia. Tutti gli
interpreti (anche gli attori secondari) - Luca Marinelli, Carla Signoris e Veronica Echegui - sono perfettamente in parte. Quest'ultima ha dato
grande prova delle sue capacità espressive in Lasciati andare, che si avvale
anche di riferimenti letterari degni di nota e che gioca sulla presunta
ignoranza delle giovani d’oggi. Parliamo di quelle ragazze che per molte
persone, essendo belle e dinamiche, hanno un basso quoziente intellettivo.
Insomma, non manca l’uso degli stereotipi nel film di Francesco Amato. La
pellicola gode di un ritmo incalzante adatto al suo genere di appartenenza e in
grado dimettere in risalto la sua grande verve umoristica, grazie alla quale
difficilmente il pubblico in sala riuscirà ad annoiarsi. Infine, oltre al
confronto generazionale dato dai due attori principali (Servillo e Echegui), emerge
una profonda caratterizzazione psicologica dei diversi personaggi coinvolti,
ognuno con i suoi problemi e con il suo modo di affrontare la vita di ogni
giorno.
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