domenica 23 aprile 2017

Lasciati andare - Francesco Amato

il film per tutta la prima parte è un film bello, ma normale, del genere screwball_comedy, piena di battute sempre più a fuoco.
Toni Servillo fa Toni Servillo al meglio, come sempre, e gli altri sono tutti bravi.
poi appare Ettore (Luca Marinelli) e il film spicca il volo.
Ettore sembra uscire da qualche miracoloso film degli anni sessanta, di quelli della commedia italiana di Monicelli e Comencini, un po' Gassman e un po' Mario Adorf.
un film che non lascia delusi, merito di una sceneggiatura con gli incastri giusti.
non aspettate che lo tolgano dalle sale, non fate come Napalm 51, avrebbe voluto vedere quel film, ma poi non c'era più al cinema.
buon film a tutti! - Ismaele





Toni Servillo movie, che è ancora un genere a parte, dove tutto è costruito per il buon funzionamento del protagonista, anche se Luca Marinelli come coatto vendicativo finirà per rubare la scena a tutti come faceva Diego Abatantuono nei primi film dove non era ancora protagonista. Ma questo Lasciati andare, grazie anche alle forze che mette in campo, è di fatto uno dei film più riusciti e divertenti della stagione e va quindi trattato con un certo riguardo…

Esclusa qualche sporadica battuta e un paio di gag fisiche molto blande non è al suo psichiatra Elia Venezia che sta il compito di portare avanti la leggerezza del film, anzi sembra fare di tutto per professarsi fuori dal campo del risibile. È semmai l’incredibile Veronica Echegui il motore del film, presenza elettrica ed esaltante, personal trainer che si impone nella vita del pigro intellettuale quando viene obbligato dal medico a fare del moto. Non c’è scena che quest’attrice spagnola (che per il film sfoggia un fenomenale romano-spagnolo da antologia) non illumini e non animi di pura forza filmica, una vera scoperta. Ogni battuta e ogni incomprensione da lei sbandierate si animano di quell’irresistibile patina esilarante che hanno le vere imprevedibili incomprensioni, ogni guaio in cui trascina il professore tirandolo fuori dalla sua vita tranquilla sembra un aneddoto più che un invenzione. Un po’ caotico, un po’ assurdo.
Sta un po’ qui la stranezza affascinante (e divertente) di Lasciati Andare, da questo movimento dell’austero psichiatra, quasi reticente ad entrare in una commedia, e dell’elettrica personal trainer, che nemmeno si rende conto di non poter fare a meno di viverci dentro da sempre (il suo video di esercizi che viene mostrato ad un certo punto è gioiello). Nasce così un film in cui sembra che Toni Servillo, così a suo agio quando c’è da esagerare con il grottesco ma molto meno con la commedia sottile, sia la spalla di tutti, della sveglia ex moglie Carla Signoris che gli abita accanto e ancora gli fa il bucato o del criminale di Luca Marinelli, dotato di alcuni dei piani di ascolto più divertenti dell’anno, capace di far ridere anche solo ritraendosi un po’ spaventato all’avvicinarsi dello sguardo dello psichiatra…

Il meccanismo è semplice, e ruota attorno all’incontro casuale tra due figure a loro modo antitetiche: da un lato Venezia, razionale e ben poco interessato agli istinti primari dell’uomo, e dall’altro Claudia, spagnola trapiantata a Roma che invece ragiona ben poco preferendo lasciarsi guidare dalla natura, e dal corpo. Nel gioco sugli opposti, ovviamente, a vincere è l’irruenza di Claudia, che trascina il bolso psicanalista in un vortice di disavventure di ogni tipo, rimediandogli emozioni (e infortuni) mai patiti nel corso dell’intera vita. Uno schema basico, forse, ma che permette a Lasciati andare di mantenere un ritmo indiavolato, sradicando i personaggi da quegli appartamenti e da quelle stanze in cui solitamente vengono reclusi, e cercando di sposare alla verve dialettica anche un sano gusto per la corporeità in scena. Tra ruzzoloni, incidenti, minacce di morte e scazzottate al ristorante, Amato confezione una commedia brillante, che viene naturale sostenere nonostante alcuni passaggi a vuoto: dispiace veder utilizzato così per esempio il personaggio di Yuri, compagno di cella di Marinelli che irrompe in scena senza preavviso e si muove di sequenza in sequenza in maniera ondivaga, senza troppa attenzione al suo sviluppo.
Eppure a vincere è soprattutto l’alchimia che si crea nella coppia Servillo/Echegui, destinata a diventare triangolo scaleno con l’apparizione di Marinelli. Lì, e nella rilettura di un personaggio borghese costretto a fronteggiare il mondo che lo circonda e a uscire dal suo guscio/cella/utero, la sfida di Lasciati andare può considerarsi vinta.

Il punto di forza di Lasciati andare sta nella sceneggiatura composta da dialoghi freschi e per nulla banali, dove a farla da padrone è l’ironia delle battute affidate al protagonista Toni Servillo. Quest’ultimo si è dimostrato in grado di interpretare un ruolo da commedia, nonostante noi siamo abituato a vederlo in parti drammatiche. Per l’attore, infatti, è il primo ruolo in una commedia. Tutti gli interpreti (anche gli attori secondari) - Luca Marinelli, Carla Signoris e Veronica Echegui - sono perfettamente in parte. Quest'ultima ha dato grande prova delle sue capacità espressive in Lasciati andare, che si avvale anche di riferimenti letterari degni di nota e che gioca sulla presunta ignoranza delle giovani d’oggi. Parliamo di quelle ragazze che per molte persone, essendo belle e dinamiche, hanno un basso quoziente intellettivo. Insomma, non manca l’uso degli stereotipi nel film di Francesco Amato. La pellicola gode di un ritmo incalzante adatto al suo genere di appartenenza e in grado dimettere in risalto la sua grande verve umoristica, grazie alla quale difficilmente il pubblico in sala riuscirà ad annoiarsi. Infine, oltre al confronto generazionale dato dai due attori principali (Servillo e Echegui), emerge una profonda caratterizzazione psicologica dei diversi personaggi coinvolti, ognuno con i suoi problemi e con il suo modo di affrontare la vita di ogni giorno.

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