Pablo Escobar poteva farlo solo Benicio Del Toro, alla fine credi che sia stato davvero così, quel
delinquente assassino, amico del popolo.
il film non sarà perfetto, è un'opera
prima, ma Andrea Di Stefano ha stoffa, se gli
faranno fare film e se glieli distribuiranno vedremo belle cose.
non ha
grandi giudizi positivi, leggendo qua e là, ma a me è piaciuto abbastanza, Benicio Del Toro che recita è proprio un bel vedere - Ismaele
… Con Escobar:
Paradise lost nasce un regista. Andrea Di Stefano, attore italiano
dalla carriera internazionale, dimostra con il primo film di possedere tutte le
qualità del buon regista, compresa l'ambizione, quando è ben riposta come in
questo caso. Si confronta con una materia complessa, potentemente schizofrenica,
e con un altro regista, uno dei più grandi e dei più folli. Escobar, dio della
povera gente e demonio incarnato, si curava moltissimo dell'immagine di sé che
voleva restituire, sapeva confondere, illudere, e non sono poche le sequenze in
cui Di Stefano lo mette dietro un obiettivo fotografico, a dirigere un
matrimonio o una folla ("porta via Maria da qui" arriverà ad ordinare
ad un certo punto a un suo scagnozzo, in un attimo di delirio, in un campo di
calcio gremito di gente accalcata).
Benicio Del Toro, già Che Guevara, indossa un'altra icona latinoamericana, di segno diametralmente opposto. La forza della sua interpretazione è la stessa del suo personaggio e ha a che vedere con le sfumature profonde e insondabili dell'autoinganno. Quell'uomo che parlava con Dio prima di ordinare i più atroci massacri, che cantava struggenti canzoni d'amore alla moglie, leggeva le fiabe ai figli, ma non si fidava nemmeno dei collaboratori più stretti, s'ingannava lui stesso rispetto alle proprie azioni ("tutto quello che facciamo lo facciamo per la nostra famiglia") o covava un'anima più nera del nero? Senza che in alcun modo questo dubbio passi mai per una sfumatura di giustificazione, Del Toro ne fa la pasta della propria performance, ipnotizzante…
Benicio Del Toro, già Che Guevara, indossa un'altra icona latinoamericana, di segno diametralmente opposto. La forza della sua interpretazione è la stessa del suo personaggio e ha a che vedere con le sfumature profonde e insondabili dell'autoinganno. Quell'uomo che parlava con Dio prima di ordinare i più atroci massacri, che cantava struggenti canzoni d'amore alla moglie, leggeva le fiabe ai figli, ma non si fidava nemmeno dei collaboratori più stretti, s'ingannava lui stesso rispetto alle proprie azioni ("tutto quello che facciamo lo facciamo per la nostra famiglia") o covava un'anima più nera del nero? Senza che in alcun modo questo dubbio passi mai per una sfumatura di giustificazione, Del Toro ne fa la pasta della propria performance, ipnotizzante…
…El film tiene sin duda un aire padrinesco, la cinta de
Coppola es una influencia casi inevitable para cualquier película sobre el
crimen organizado cuando sus protagonistas dicen preocuparse de su familia, y
son dados a una extraña piedad religiosa, mientras matan sin compasión. Aquí se
suma la idea de que el pueblo humilde está contento con Escobar, que les ofrece
un modo de vida, de modo que el gángster se puede permitir darse algunos baños
de multitudes.
Si toda la narración se sigue con interés, todo cobra un
ritmo vertiginoso y desasosegante cuando se cierra el flash-back con que se
inicia el film, y nos toca seguir a Nick, al que se le ha hecho un
impresentable encargo mientras Pablo Escobar debe entregarse a las autoridades,
según el acuerdo al que ha llegado con el gobierno. Realmente Di Stefano y
Hutcherson logran meternos en la piel del pobre Nick, empujado a cometer
acciones inmorales que sabe que no debe ejecutar. El film se prestaba a la
violencia, pero el director opta casi siempre por el fuera de campo sin que la
fuerza de lo narrado se resienta lo más mínimo.
… Probabilmente il film soffre di quei difetti che
emergono da molte opere prime, ma c’è da dire che ad Escobar non
manca certo l’ambizione. Il dualismo tra i due protagonisti (Pablo Escobar e
Nick, interpretato da Josh Hutcherson) è il filo rosso principale che, però,
non si esaurisce con il confronto tra i due. Attorno al contrasto tra le due
personalità ruota tutta una serie di argomentazioni che in un certo senso
caratterizzano il pragmatismo con cui agisce una person(alit)à come Escobar.
Religioso benefattore per il popolo, padre amorevolissimo per i figli, spietato
e cinico uomo della malavita per chiunque altro, amici compresi.
È proprio con l’intento di farci perdere l’orientamento su
qualsiasi definizione di “bene/male” che il regista gioca le proprie carte
scrivendo una sceneggiatura interessante e originale, uscendo dagli schemi del
biopic e prendendo in considerazione quel breve periodo della carriera politica
di Escobar. In questo modo rappresenta il più grande criminale di sempre nel
momento di maggiore popolarità tra la propria gente, mettendo in moto un
meccanismo dove viene assolutamente annullato il rischio di creare una
situazione di stallo.
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