La
solita sceneggiatura che stupisce per solidità e un finale sorprendente. Si
gioca d’azzardo, in tutti i sensi, bravissimi Joe Mantegna e Don Ameche.
Come
di solito avviene coi film di David Mamet, guardare questo film non è una
perdita di tempo, almeno non lo è stata per me - Ismaele
Tranquillo anziano accetta di fingersi un boss, e insieme a uno scagnozzo
affronta un weekend da favola. Vero perno del film è il singolare rapporto di
amicizia tra l'arzillo 'ingenuo' e il gorilla dal cuore d'oro: il viaggio nel
divertimento e nel lusso si trasforma così nella scoperta reciproca e mette in
luce la disarmante e vitale sincerità del protagonista in mezzo alle finzioni e
alle ipocrisie che lo circondano e in mezzo alle quali sembra passare (quasi)
indenne. Ameche e Mantegna formano una buona coppia di attori. Piacevole.
Un piccolo gioiellino della commedia, distribuito malamente e
quindi quasi sconosciuto al grande pubblico, eppure ha molti numeri per
attrarre a cominciare dai due interpreti (che vinsero ex-equo il premio a
Venezia). Una variante sulla storia della mafia, che si avvale di tutte quelle
atmosfere necessarie per distinguerla; i silenzi, dovuti, di Gino sono
eccezionali, i suoi sguardi pieni di indecifrabile pensieri, per gli altri che
non lo conoscono, sono fantastici; la voglia di vivere d di Jerry, sempre
stretto dal suo entusiasmo e dalla necessità del dovere. Insomma una storia più
che godibile, che viene fuori da una piece teatrale dello stesso Mamet
riscritta e sceneggiata con Shel Silverstein, qui alla su unica prova di
sceneggiatore/scrittore, dato che viene dal mondo della musica da film. Il bello
dell'operazione è che non c'è traccia di teatralità, ma pura arte
cinematografica.
…The performances
here are all wonderful, especially Ameche.
Working in the midst
of a cast that is otherwise entirely drawn from the Mamet stock company, he
finds just the right note of bewilderment and cleverness. The character is
never other than a confused old Italian shoeshine man, and yet time and again
he saves himself by somehow finding the right thing to say. Mantegna, as his
keeper, walks a fine line between desperation and comedy - and isn’t afraid to
go broader in scenes where he pantomimes what Ameche should be saying and
doing. And Prosky, his face a mask of jovial cunning, is touching in the way he
wants to believe in this stranger who is so apparently phony. "Things
Change" is a delicate balance of things that don’t easily go together:
farce, wit, violence and heart. Here they do.
…Writer
and director David Mamet, who dealt with deceit in House of Games, focuses with laser-like intensity on
the ethical importance of keeping one's word. Gino refuses to go back on his
promise to Mr. Green. He is like Thomas More in the film A Man for All Seasons who explains why he cannot break an
oath: "when a man makes a promise, he puts himself in his own hands like
water. And if he opens his fingers to let it out, he need not hope to find
himself again." This exceptional film is about the rock solid value of
keeping commitments in a world where everything else is fluid and fleeting.
da qui
Don Ameche era già "invecchiato" con Lubitsch trent'anni prima, un film molto simpatico, Il paradiso può attendere - non ricordo il titolo esatto... Non so se lo sai, ma il nome vero era Don Amici, pronuncia invariata :-)
RispondiEliminaEra anche uno dei due "vecchi banchieri" della scommessa in Una poltrona per due. (l'altro era Ralph Bellamy, mi pare)
Un gran bel film, concordo in pieno.
fa chic cambiare il nome, ma la sostanza è davvero buona, e gli perdono il restyling del nome:)
RispondiEliminalo ricordo nella poltrona..., dev'essere il film più trasmesso della storia della tv italiana.
intanto continuo con Mamet:)