il prete ha poche certezze, è malato, tiene un diario, che è la sua storia.
cerca la carità del ricco, senza troppo riuscirci, riesce invece a riportare nella fede la contessa, che viveva nel dolore, rifiutando la fede.
il curato ha tutti contro, o comunque lo ignorano.
è dedito al vino, in modo strano, vive in un mondo che non ha bisogno di Dio, davvero complicato per lui che cerca la Grazia.
ci si affezione, a questo prete, timido e pauroso.
da cercare e guardare, e anche se è difficile non delude
e come i film importanti non dice tutto subito. - Ismaele
…Bresson conduce con polso fermo questo non breve film,
che tuttavia non presenta smagliature o momenti di stanchezza, ma quasi ci
avvolge nella sua scarna e precisa narrazione. Forse i tormenti interiori del
curato erano quelli del regista, e questo apre anche ad una certa ammirazione
per l'artista. Infatti, pur tra lancinanti dubbi di fede, il suo personaggio
ogni tanto stupisce con parole che sembrano la spada dello Spirito Santo.
In ogni caso è un film ricco e complesso, che vedere una volta non basta.
In ogni caso è un film ricco e complesso, che vedere una volta non basta.
…Un'opera magistrale e assoluta, di un'asciuttezza e di
un linguaggio con pochissimi paragoni; la messa in scena è dimessa e
folgorante, spartana e coinvolgente, povera e ricchissima; la precisione
esteriore va di pari passo alle mille domande di un animo (disperso) tra le
cose, gli oggetti e la fisicità di tutti i giorni.
…The priest’s own death is not shown on camera,
either. Instead, we learn of it through another piece of text distinct from the
diary – a letter sent from the priest’s seminary friend to the priest of Torcy.
In it, he reports that the priest, knowing that he was dying, asked for
absolution from his friend. His friend, knowing his sinful circumstances,
demurred, but the priest, in his last words said, “What does it matter? All is grace.”…
…Bresson fa miracoli nel rappresentare la vita ingrata di un
puro di cuore, pesce fuor d'acqua in un mondo dominato da grettezza, ostilità,
cattiveria, cinismo, pragmatismo, maldicenza, presunzione, rassegnazione e
tutti i mali possibili e immaginabili. Un calviario tutto terreno,
sporadicamente illuminato da una Grazia passeggera, concreta, senza luce, segno
materiale di un Dio che è invisibile tanto quanto il Male. Un Nazarin
bunueliano ante-litteram, ovviamente senza la placida ferocia del maestro
iberico, ma con uno struggimento interiore pari solo alla compostezza con cui
il francese lo filma. Bresson imbastisce una struttura episodica, affastellando
gli incontri del curato in modo da rendere l'idea di un continuo ed opprimente
confronto con una realtà incomprensibilmente malvagia; depura la narrazione
dalle pastoie del classicismo filmico; sperimenta alcuni espedienti che poi
diventeranno tipici del suo stile, come il sonoro fuori campo e la rivelazione
ellittica degli effetti prima delle cause; supera gli ultimi retaggi
espressionisti e naturalisti del suo maestro Dreyer, pervenendo ad una concisa,
pacata, spoglia, rigorosa forma di realismo, così sobria da non concedere
alcuna forzatura luministica o di altro genere; rappresenta con assoluta
asciutezza, sincera pietas, infinito rispetto l'intimità tormentata di un umile
servo di Dio…
…So for the benefit of those for whom Bresson remains
a mystery, here are a few tips for successful viewing, especially if you find Diary of a
Country Priest slow-going, hard to follow
or even sleep-inducing:
1. Listen carefully to the sounds of what's happening
off-screen and what they signify to the character the camera focuses on
(usually the priest, of course.) Bresson's use of the audio track is quite
thoughtful, deliberate and evocative. He's not simply supplying the sounds you
expect to hear to accompany the images on screen.
2. Pay attention to the dissolves (where one picture
slowly fades into another,) first to appreciate their beauty and then to
observe how they structure and compress the flow of time. Seriously, I am in
awe of Bresson's craftsmanship in framing these shots and guiding the editing
process (from an original running time of around three hours, where he
basically filmed the full novel, down to just under two.) Given that this was
just his third film (five years after his second, Les Dames du Bois de Boulogne), I have to wonder how did he get so good?
3. Expect to watch it again - even a third or fourth
time, if you really want to "get it." Let the characters sink into
your consciousness a bit, then revisit them with an informed sense of what
they're going through and why they react the way they do…
da qui
Va be', qua siamo sulla scia del capolavoro: assieme a Balthazar e Mouchette, il mio Bresson preferito.
RispondiEliminami manca "Mouchette", lo vedo a breve, sicuro :)
RispondiEliminaQuel film è stato un pugno nello stomaco. Forte, fortissimo, quasi fosse stato tirato da Bud Spencer.
Eliminacome privarmene? :)
RispondiElimina