Antonio Zagari (interpretato da Gabriel Montesi) è un delinquente figlio d'arte, e non poteva scegliere altra strada, come pure il fratello Enzo (Andrea Fuorto), sotto l'ala protettiva-repressiva del padre (Vinicio Marchioni).
però in Lombardia, non in Calabria i ragazzi, pur essendo obbedienti al padre boss, respirano un aria diversa rispetto alla volontà del padre.
il film ricorda qualche pellicola del cinema italiano degli anni settanta, forse è anche un omaggio a quei film, solo che allora i cinema erano pieni, adesso lo sono per i film dimenticabili, i tempi cambiano.
il film si vede davvero bene, ottimi attori, buon ritmo, Daniele Vicari non delude, la sala vi aspetta.
buona visione - Ismaele
…il singolo può ancora ritrovare una forza morale
interiore come atto di resistenza. È questo l’aspetto più interessante di Ammazzare stanca, ed è un peccato che non risulti
essere anche l’unico vero epicentro del discorso, anche perché quando il film
dirazza verso i momenti di prammatica del genere si scompagina, perde
compattezza, quasi che le “regole” non possano che condurlo alla sconfitta, un
po’ come accade per il suo protagonista. Lo stesso Vicari sembra essere più a
suo agio quando deve confrontarsi con i dubbi esistenziali di Zagari rispetto
alla messa in scena delle sparatorie, delle esecuzioni, dei dialoghi non per
forza concilianti tra i boss. Anche l’aspetto antropologico, quel confronto tra
la radice calabrese e il retroterra varesotto – buona parte dell’azione si
svolge nei dintorni di Buguggiate, una quindicina di chilometri dal confine
svizzero –, avrebbe forse meritato maggiore spazio. Resta comunque la conferma
della coerenza intellettuale ed espressiva di Vicari, regista che ha saputo
trovare una propria collocazione non di prammatica all’interno della produzione
cinematografica italiana, e che la difende con tempra etica e morale.
…Vicari decide
di immergere tutta la vicenda che ruota attorno ad Antonio Zagari nella
storia dell’Italia e della Lombardia di quegli
anni. Si tratta degli anni ’70 che vedono grandi movimenti di protesa sia nelle
fabbriche sia a livello studentesco. Antonio si imbatte in
queste realtà. L’immersione riesce ed è ben articolata e ben presentata.
Un
altro aspetto molto importante del film riguarda la sottolineatura riguardo
alla vita quotidiana di Antonio, suo fratello e suo padre. E’ una
vita quotidiana fatta di lavoro in fabbrica da operaio comune per Antonio e
lavori comuni simili per gli altri due. Si tratta di una mimetizzazione di
delinquenti all’interno della società. Assassini e ladri che hanno la possibilità
di comprare macchine di grande valore ma che scelgono di viaggiare con auto
comuni come la Fiat 127 di Antonio, per esempio.
“Ammazzare
stanca” è un film godibile, interessante, ben fatto e ben
interpretato. Rimane però un film che si attesta a un livello medio generale
che lo fa assomigliare a un film tv o ad una serie da piattaforma streaming. Un
film sicuramente da vedere per riscoprire un pezzo di storia malavitosa
lombarda troppo spesso taciuta.
…Invece di essere un atto di coraggio, la
conversione alla giustizia avviene solo quando ormai il personaggio non ha più
nulla da perdere, rendendola nient’altro che l’ultima mossa disperata di un
inetto il cui unico, vero gesto di ribellione è stato perdere l’accento
calabrese in favore di quello lombardo. L’Antonio Zagari cinematografico è
quindi un personaggio umanissimo e indubbiamente affascinante nelle sue
contraddizioni, ma di certo non un pentito nel vero senso della parola, e di
certo non da applaudire come le ultime inquadrature – e le successive
informazioni a schermo sugli arresti ai quali ha contribuito – suggeriscono.
È un peccato, perché sul versante
tecnico Ammazzare stanca si dimostra ineccepibile, con una
regia solida e fotografia che descrive bene l’ambiguità dei personaggi. Tolte
le implicazioni del finale e qualche problema di ritmo nella seconda parte,
inoltre, il film imbastisce un buon dramma familiare sorretto da un cast in
ottima forma, ad eccezione del dimenticabile boss don Peppino Pesce di Rocco
Papaleo, che dovrebbe incutere timore ma fallisce miseramente e ha un ruolo
così esiguo da ridursi a poco più di un inutile cammeo.
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