quando citofonano per la pizza potrebbe essere Naoufel, con ancora le due mani.
una mano non si rassegna a morire e ci accompagna dal suo padrone, e così riusciamo a conoscere la storia di Naoufel e di Gabrielle e del nonno.
una bellissima storia, con un'animazione di serie A, non ti annoi neanche un secondo.
cerca questo film, se ti vuoi bene.
buona visione, per mano sola - Ismaele
…La particolarità di molte scene è che sono quasi
completamente prive di dialoghi: le parole spesso non servono affatto, il
dialogo è profondamente sintonizzato sulla natura fredda e combattiva della
vita urbana, accattivante, travolgente, dura. Dov’è il mio
corpo? non è tanto una storia d’amore quanto una storia su come
affrontiamo una tragedia, una meditazione profonda sulla separazione, sul
dolore, una storia originale e stravagante che riesce a toccare il cuore.
La storia non offre un finale conclusivo, neanche
lontanamente; sceglie contrariamente di terminare il suo viaggio con una scena
emblematica, in cui tutti i pezzi e i segmenti narrativi riescono in un certo
senso a trovare una direzione coerente. Naoufel è uno scrigno di pensieri,
dolori e rimpianti che sono rinchiusi negli oggetti, come il suo registratore
di cassette d’infanzia, nei suoi ricordi, nella vista della città dal tetto di
un edificio abbandonato, in un gesto, nel coraggio di tentare un’impresa
irrazionale. Dov’è il mio corpo?, senza rispondere
mai davvero a nulla, ci apre a uno scrigno infinito, profondo e inestricabile
di possibilità…
…in questa struggente narrazione a rebours la
realtà assume contorni del tutto stranianti, dacché a mostrarcelo è la
‘interiorità’ di una mano. Lo confermano il regista Jérémy Clapin e
l’autrice Guillaume Laurant (che hanno anche lavorato insieme alla
sceneggiatura), affermando che l’esperienza umana viene qui riletta attraverso
un nuovo “vocabolario fisico per trasmettere emozioni, poiché non ha
occhi né espressioni” chi ce la descrive. Nonostante ciò, il mondo che
viene raffigurato nei 90 minuti scarsi (e forse non
sufficienti) di Dov’è il mio corpo? è incredibilmente coinvolgente,
totalizzante, quasi riuscisse a toccare e far risuonare corde nascoste e intime
dell’animo dello spettatore. Come se attraverso il concreto, la cognizione
tattile delle cose e del creato, ci fosse trasmessa la loro anima e il loro
significato profondo, di cui l’arto tagliato sembra aver infine compreso il
mistero.
Il centro di tutto è l’amore, quello delicato e struggente di Naoufel per
Gabrielle, che si sviluppa attraverso un susseguirsi di frammenti di
quotidianità e di memoria. All’apparenza inno malinconico a un fatale destino
(d’altronde è raccontato a ritroso, quindi tutto è già accaduto e inevitabile),
il sentimento riprodotto con brevi e pregnanti tocchi, riesce a stravolgere
ogni determinismo. Una sensibilità unica, un tratto distintivo e meraviglioso,
sia per i personaggi che per gli scenari urbani e i particolari, in ultimo – e
soprattutto – un racconto poetico che contiene insieme tragedia e speranza,
Dov’è il mio corpo? non può che commuovere, senza però indulgere mai in facili
patetismi o in inutili prosaicità…
…Con el fin de reducir el peso conceptual de la película,
paralelamente a esta historia se describe el pasado y cómo aconteció el trágico
accidente que llevó a un chico a quedarse sin mano, utilizando para ello la
alternancia de escenas en color con el blanco y negro.
Un diseño de la imagen muy detallado hace que por
instantes dejemos de lado que se trata de animación, puesto que el realismo es
asombroso. Asimismo realiza una composición de planos magistral, focalizando el
interés de cada escena sobre el punto clave y estudiando pormenorizadamente
dónde posicionarse para elaborar la secuencia perfecta, con encuadres muy
arriesgados.
La música de Dan Levy armoniza el discurso y hace que las
escenas fluyan sin torpeza, dando un ritmo constante al filme que no decae en
ningún momento…
…doptant une structure
kaléidoscopique, Jérémy Clapin livre une œuvre audacieuse qui nous permet de
découvrir une magnifique histoire uniquement constituée de fragments d’une vie.
Tandis que nous suivons la quête assez surréaliste de cette main tranchée qui
cherche à retrouver son corps, nous découvrons l’histoire bouleversante de
Naoufel, jeune orphelin dont l’aventure amoureuse avec la jolie Gabrielle va
réveiller des blessures enfouies depuis trop longtemps.
En s’affranchissant de toute forme de linéarité, Jérémy
Clapin opte pour un montage qui fonctionne par associations d’idées ou de
sensations. Ainsi, tel détail dans le décor nous entraîne plus de quinze ans en
arrière, tel son nous ramène au réel ou nous propulse dans la dimension du
rêve, faisant de J’ai perdu mon corps une expérience
sensorielle unique en son genre…
…La
vida del dueño de la mano. Naoufel, tuvo una infancia trágica extendida en
un principio de adultez tan lamentable como desolador. La pérdida de una mano
siempre va a ser una mala noticia, pero con cada flashback vamos a ir
aprendiendo nuevas razones por las que aquel accidente va a golpear aún más
fuerte de lo que uno inicialmente podría pensar.
El guion encuentra un buen
ritmo de entrada, un reto siempre presente en animaciones que se sienten
demasiado cómodas a la hora de expresar fisicalidad visual y muy a menudo
quedan a la deriva cuando a los personajes les toca desarrollar la
narrativa. La simple estructura de ir saltando de
humano a mano y viceversa podría haber servido como simple comodidad o
facilismo pero gracias a la dirección de Jérémy Chaplin también
logra mejorar cada una de sus secuencias con el simple hecho de
contextualizarlas con el resto del film.
Es
una historia que se nutre de ser contada en un medio audiovisual, y no es
ninguna exageración decir que hubo muy pocas historias tan bien dirigidas en el
último año. No es un demérito de este 2019,
excelente grupo de meses para el cine que solamente será propiamente valorizado
en retrospectiva, sino un triunfo por parte de Chaplin al igual que los animadores
que crearon desarrollaron un relato tan bello y personal de la forma justa…
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