“La
Warner Bros ha ucciso il mio Dune”. Anche Denis Villeneuve tuona contro la “sua” grande
major e contro lo streaming HBO Max. Sono passati pochi
giorni dalla scelta di AT&T, la casa madre di WarnerMedia, di distribuire i
17 titoli di punta del listino 2021contemporaneamente in sala e in streaming
per via della pandemia Covid, e già due delle firme più
importanti del bouquet Warner prendono ferocemente le distanze. Il primo era
stato a caldo Christopher Nolan che con il
suo Tenet, targato Warner, era stato da apripista nell’agosto 2020 con il
momentaneo ritorno del pubblico nelle sale cinematografiche. Poche ore fa è
toccato invece a Denis Villeneuve, l’autore di Blade
Runner 2049 e Arrival.
Una presa di posizione tanto più violenta
e circostanziata di quella di Nolan, quanto più meditata e costruita a freddo.
In una lettera pubblicata da Variety, Villeneuve
ha sostanzialmente spiegato che l’AT&T non ha mostrato
alcun “amore per il cinema e i suoi spettatori”, ma che soprattutto
pensa solo “alla sua sopravvivenza in borsa”. Come se non bastasse ha poi
aggiunto che la “grande rivoluzione” di proporre contemporaneamente 17 film in
sala e in streaming (le sale aperte oggi negli Stati Uniti sono nemmeno il 35%
ndr) è stata fatta “sacrificando i film del 2021” pur
di salvare HBO Max, che secondo lui, “è stato fin qui un
progetto fallimentare”. Se non sono parole di guerra queste, ci
manca poco. Villeneuve, che come il collega Nolan non può di essere tacciato di
essere antimoderno o antistorico visto l’abbondante uso di nuove tecnologie nei
propri film, ha comunque sottolineato che lo streaming è “una forza positiva e
potente nell’ecosistema cinematografico e televisivo”, ma che da sola “non può
sostenere l’industria cinematografica così come la conoscevamo prima del
Covid”; anzi, secondo l’autore di Sicario in questo modo Dune “non avrà la possibilità
di avere buoni incassi” e “trionferà la pirateria”. Al centro del
j’accuse di Villeneuve c’è, come nelle parole di Nolan, la centralità delle
visione in sala dei film, e a suo modo un attacco furente all’indistinguibilità
merceologica del neoliberismo: “Credo fermamente che il futuro del cinema sarà
su grande schermo, qualunque cosa dica un dilettante di Wall Street. Sin
dall’alba dei tempi gli esseri umani hanno profondamente bisogno di esperienze
di narrazione comune. Il cinema sul grande schermo è qualcosa che va oltre il
business, è una forma d’arte che unisce le persone, celebra
l’umanità, migliora la nostra empatia reciproca: è una delle ultime esperienze
artistiche e collettive di persona che condividiamo come esseri umani”.
Villeneuve ha poi voluto ricordare che
nella mattanza dello streaming finirà un suo film che a suo avviso è il suo
“migliore di sempre”: “con il mio team ci abbiamo dedicato tre anni della
nostra vita per renderlo un’esperienza unica su grande schermo. L’immagine e il
suono del nostro film sono stati progettati meticolosamente per
essere visti nelle sale cinematografiche”. Infine ha aggiunto che
“quando è diventato evidente l’inverno 2020-2021 avrebbe portato una seconda
ondata pandemica, ho compreso e sostenuto la decisione di ritardare la
distribuzione in sala di Dune di quasi
un anno. L’accordo era, però, che Dune sarebbe
uscito nelle sale ad ottobre 2021, quando il piano di vaccinazione sarebbe
stato avanzato e, si spera, con il virus alle spalle. La scienza ci dice che
tutto dovrebbe tornare a una nuova normalità il prossimo autunno”. Insomma,
Villeneuve di finire in streaming per fare una politica di banale conferma
abbonati di HBO Max, il servizio “casalingo” di Warner online, non ne ha la
minima intenzione. Chiaro, il potenziale di ricatto
è altamente simbolico, ma potrebbe anche significare un punto di
rottura tra i due registi con il proprio storico distributore per migrare
prossimamente verso major concorrenti che di certo non mancherebbero.
Villeneuve che ha in cantiere un kolossal su Cleopatra e che iniziò da totale
indipendente nel 1998 con Un 32 aout sur terre, si affermò nel 2010 con un
capolavoro cristallino come Incendies (La
donna che canta) con una prima mondiale alle Giornate degli Autori del Festival
di Venezia, e fece il salto ad Hollywood nel 2013 con il thriller Prisoners targato fin da allora Warner. Oggi vale
sul mercato quei 260 milioni di dollari d’incasso di Blade Runner 2049 (budget
150 ndr).
Nolan, invece, esordì tra il 1998 e il
2000 con due film indie come Following e Memento per poi diventare regista di punta
della scuderia Warner prima con Insomnia nel 2002 e successivamente con tutta
la saga di Batman, Interstellar, Inception e Dunkirk. Nolan
porta in dote, in piena pandemia Covid, con Tenet, nientemeno che 359 milioni
di dollari di incassi in tutto il mondo. Insomma, il potenziale per far
ricredere Warner ci sarebbe. Vediamo se il capitalismo selvaggio non ha eroso
del tutto ogni cellula di resistenza intellettuale ed
estetica di due tra i più importanti registi hollywoodiani contemporanei.
Del resto, in un periodo di crisi economica ed industriale del cinema con
l’arrembante tv, tra anni sessanta e settanta nacque la “New Hollywood” dei
Coppola, Lucas, Spielberg, Scorsese, Cimino&Co.
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