gli umani non fanno una bella figura, al loro confronto.
le musiche e le immagini sono bellissimi.
storie dove si ride un po', ma in fondo sono amare.
amore e gelosia non mancano.
un film non per tutti, forse, di sicuro un bel film - Ismaele
…Of horses and
men si sviluppa attraverso sei racconti provenienti dalla tradizione orale
islandese, di matrice sostanzialmente agreste. Il tutto rivisitato e
rielaborato dal regista attraverso riferimenti culturali certamente inattesi.
«Per questa opera mi sono ispirato a Dario Fo, al suo teatro, alla sua anarchia
nella scelta delle storie da raccontare e nel modo di raccontarle. Ma anche al
Pasolini del Decameron e di Canterbury Tales. Mi interessava lo schema di più
storie differenti unite dallo stesso tema comune, senza attaccamento ai singoli
personaggi, in modo da fare un’astrazione della natura umana comprensibile e
trasmissibile».
Benedikt Erlingsson ci regala una commedia dark che si
rivela lentamente, anche attraverso la sua aura di (apparente) imperturbabilità
e impassibilità. Of horses and men racconta, con ironia affilata e a tratti
quasi crudele, le gioie della vita tranquilla di una piccola comunità in cui
ognuno ficca il naso negli affari di tutti gli altri. «Paradossalmente tanto
più ampio è lo spazio che ci separa dall’altro, tanto più ci si incuriosisce,
ci si interessa ad esso. Nelle grandi città siamo più numerosi, viviamo vicini
ma siamo più isolati: una contraddizione dei nostri tempi»…
…Musiche
straordinarie, stile cavalcata teutonica nell’Aleksandr Nevskij, di
Davíð Þór Jónsson, panorami mozzafiato e una fusione uomo-cavallo che sarebbe
piaciuta a Ovidio, e non solo a lui: si sente il battito animale di Buñuel,
l’ardita sessualità no future di Bruno Dumont e pure una genuina tensione
antropologica, che affiora dall’esplicita volontà di stile.
Insomma, un film
radicale, davvero non per tutti, questo Of Horses and Men, che
accoppia – anche letteralmente: cavalla-cavallo-uomo, uomo-donna-cavallo –
bipedi e quadrupedi nel destino comune: nelle nostre sale con P.F.A. Films,
fatevi questa sgroppata: quando vi ricapita un film centauro?
…Al contrario di quel
che spesso accade nei cosiddetti film da festival, realizzati appositamente per
essere apprezzati nella breve congiuntura di una manifestazione cinefila e
dunque pieni di simpatico ma innocuo humour nero, Storie di cavalli e di uomini finge di fare
l’occhiolino allo spettatore e di farsi benvolere, si traveste da film “carino”,
quando poi d’improvviso fa sprofondare i suoi protagonisti (umani ed equini) in
una nera e cupa brutalità, in un primitivismo che vale quasi da saggio di
antropologia fortemente autocritico sugli abitanti di un paese tanto isolato
quale è l’Islanda. Prova ne sia, di un tale radicale approccio, l’austerità
della messa in scena che preferisce i campi lunghi ai primi piani, le sequenze
mute a quelle dialogate e una circolarità del racconto che contribuisce a dare
il senso dell’inanità dei personaggi. In tal senso, la parola arriva
addirittura a far parte dello sfondo e perde il suo valore di logos per
diventare suono tra i suoni, verso gutturale simil-animalesco più che sintomo e
segno di razionalità…
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