sabato 20 aprile 2019

Of horses and man - Benedikt Erlingsson

protagonisti sono i cavalli islandesi, in alcuni episodi legati fra di loro.
gli umani non fanno una bella figura, al loro confronto.
le musiche e le immagini sono bellissimi.
storie dove si ride un po', ma in fondo sono amare.
amore e gelosia non mancano.
un film non per tutti, forse, di sicuro un bel film - Ismaele




Of horses and men si sviluppa attraverso sei racconti provenienti dalla tradizione orale islandese, di matrice sostanzialmente agreste. Il tutto rivisitato e rielaborato dal regista attraverso riferimenti culturali certamente inattesi. «Per questa opera mi sono ispirato a Dario Fo, al suo teatro, alla sua anarchia nella scelta delle storie da raccontare e nel modo di raccontarle. Ma anche al Pasolini del Decameron e di Canterbury Tales. Mi interessava lo schema di più storie differenti unite dallo stesso tema comune, senza attaccamento ai singoli personaggi, in modo da fare un’astrazione della natura umana comprensibile e trasmissibile».
Benedikt Erlingsson ci regala una commedia dark che si rivela lentamente, anche attraverso la sua aura di (apparente) imperturbabilità e impassibilità. Of horses and men racconta, con ironia affilata e a tratti quasi crudele, le gioie della vita tranquilla di una piccola comunità in cui ognuno ficca il naso negli affari di tutti gli altri. «Paradossalmente tanto più ampio è lo spazio che ci separa dall’altro, tanto più ci si incuriosisce, ci si interessa ad esso. Nelle grandi città siamo più numerosi, viviamo vicini ma siamo più isolati: una contraddizione dei nostri tempi»…

…Musiche straordinarie, stile cavalcata teutonica nell’Aleksandr Nevskij, di Davíð Þór Jónsson, panorami mozzafiato e una fusione uomo-cavallo che sarebbe piaciuta a Ovidio, e non solo a lui: si sente il battito animale di Buñuel, l’ardita sessualità no future di Bruno Dumont e pure una genuina tensione antropologica, che affiora dall’esplicita volontà di stile.
Insomma, un film radicale, davvero non per tutti, questo Of Horses and Men, che accoppia – anche letteralmente: cavalla-cavallo-uomo, uomo-donna-cavallo – bipedi e quadrupedi nel destino comune: nelle nostre sale con P.F.A. Films, fatevi questa sgroppata: quando vi ricapita un film centauro?

Al contrario di quel che spesso accade nei cosiddetti film da festival, realizzati appositamente per essere apprezzati nella breve congiuntura di una manifestazione cinefila e dunque pieni di simpatico ma innocuo humour nero, Storie di cavalli e di uomini finge di fare l’occhiolino allo spettatore e di farsi benvolere, si traveste da film “carino”, quando poi d’improvviso fa sprofondare i suoi protagonisti (umani ed equini) in una nera e cupa brutalità, in un primitivismo che vale quasi da saggio di antropologia fortemente autocritico sugli abitanti di un paese tanto isolato quale è l’Islanda. Prova ne sia, di un tale radicale approccio, l’austerità della messa in scena che preferisce i campi lunghi ai primi piani, le sequenze mute a quelle dialogate e una circolarità del racconto che contribuisce a dare il senso dell’inanità dei personaggi. In tal senso, la parola arriva addirittura a far parte dello sfondo e perde il suo valore di logos per diventare suono tra i suoni, verso gutturale simil-animalesco più che sintomo e segno di razionalità…

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