Ave è una Zelig, cambia personalità ogni giorno, Kamen la guarda male, poi anche lui farà così.
difficile trovare un ruolo nel mondo, essere e e non essere.
gran film, non perdetelo, se vi capita vicino - Ismaele
Ci sono film che richiedono un grande sforzo
intellettivo. E film che ci fanno strizzare e ci
tengono appesi a un filo. Ci sono film spogli, aciduli, che mettono a tacere la
coscienza e pizzicano il cuore. Avé di
Konstantin Bojanov appartiene di certo a questi ultimi. L’intrigo è semplice
quanto la sua sceneggiatura: due giovani partono alla ricerca di qualcosa e/o
qualcuno. Le loro ricerche si sfiorano, si intrecciano e si confondono prima di
tracciare nuovi percorsi. Lungi dal risolvere checchessia, la fine della
pellicola propone un nuovo inizio: un nuovo motivo per viaggiare, per cercare e
per cercarsi…
…L'esordiente Bojnov firma un road
movie classico, su un percorso poco noto da noi, sulle strade bulgare poco
battute dal cinema che arriva in occidente. Lo schema dei due personaggi che
hanno poco o nulla in comune se non una destinazione e che partono da un
contrasto è una sicurezza. Il regista sfrutta appieno l'espediente senza
perdere però la freschezza dei ragazzi. Lei proviene da famiglia alto borghese,
suo padre era diplomatico in India. Sono tornati in patria con l'illusione di
risolvere la tossicodipendenza del fratello. Ave è una ragazza in fuga da sè
stessa, racconta in continuazione bugie e gioca con le persone che incontra.
Come il camionista tedesco che crede di potersi approfittare della giovane o il
militare che si arrabbia per un nonnulla. Dal canto suo Kamen è chiuso e
taciturno, dice di sè il minimo indispensabile…
La prima parte del film appare subito interessante, è
costruito con attenzione il rapporto tra i due ragazzi che prima di svelarsi
uno all’altro – lo stesso spettatore deve attendere buona parte del film prima
di conoscere il motivo che li ha spinti a viaggiare – instaurano una relazione
controversa tra loro che si costruisce sulla contrapposizione tra l’astuzia e
la spavalderia dell’affascinante Avè, opposti alla timidezza e alla scarsa
intraprendenza di Karmen. La pellicola risulta godibile, sebbene sia scontato
l’inevitabile innamoramento finale, la storia riesce ad essere avvincente per
il gran numero di imprevisti e complicazioni attraverso cui si dipana.
Nella seconda parte il viaggio intraprende con maggior convinzione la strada del più tipico romanzo di formazione e i due giovani si trovano a confrontarsi per la prima volta con gli ostacoli dell’esistenza, il senso di colpa, la sofferenza e la morte.
E’ in questo momento che Avè e Karmen si stringono più vicini e sentono la necessità di farsi vicendevolmente forza. Questa sezione del film, a differenza della prima, scorre con più difficoltà, le scene di sofferenza a cui i due protagonisti vengono sottoposti sono troppe, sono lunghe, eccessive e a tratti inutilmente strazianti; la storia viene appesantita più di quanto risulterebbe necessario al fine di comunicare il proprio significato…
Nella seconda parte il viaggio intraprende con maggior convinzione la strada del più tipico romanzo di formazione e i due giovani si trovano a confrontarsi per la prima volta con gli ostacoli dell’esistenza, il senso di colpa, la sofferenza e la morte.
E’ in questo momento che Avè e Karmen si stringono più vicini e sentono la necessità di farsi vicendevolmente forza. Questa sezione del film, a differenza della prima, scorre con più difficoltà, le scene di sofferenza a cui i due protagonisti vengono sottoposti sono troppe, sono lunghe, eccessive e a tratti inutilmente strazianti; la storia viene appesantita più di quanto risulterebbe necessario al fine di comunicare il proprio significato…
Bojanov dirige bene gli attori, gioca sul
contrasto di caratteri, utilizza una galleria di personaggi che fanno da
specchio ai protagonisti (il camionista, il militare irascibile, i familiari
del morto). Il film è uno sguardo su un Paese poco visto al cinema, terra di
transito, di luoghi dimenticati dove nascono tensioni che il regista è riuscito
a catturare. Ne esce un ritratto di giovani inquieti e di una società incerta
che non sa dove andare.
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