domenica 12 febbraio 2017

150 milligrammi (La fille de Brest) – Emmanuelle Bercot

è un film politico e civile , che racconta la storia e la guerra di una piccola dottoressa contro i giganti dell'industria farmaceutica. 
questa è la guerra di civiltà del mondo di oggi, fra i piccoli, non più organizzati come un tempo (non troppi decenni fa) e i moloch dell'economia, che praticano letteralmente dei sacrifici umani, in cambio di un super profitto.
Emmanuelle Bercot non è Francesco Rosi, e il film è "solo" un buon film, che comunque riesce a tenerti incollato allo schermo per tutte le due ore, senza cali di tensione.
Irène Frachon è una straordinaria Sidse Babett Knudsen (già protagonista di Dopo il matrimonio, di Susanne Bier), e il film si regge sopratutto sulla sua interpretazione.
lo si trova solo in una cinquantina di sale, il film vale davvero il prezzo del biglietto, vedrai - Ismaele







150 milligrammi possiede un valore intrinseco, non brilla per una sceneggiatura eccezionale, a volte  schematica e troppo vicina ad un romanzo più che a un film, né per un ritmo incalzante, spesso lineare come l’intera narrazione, ma è capace, come raramente accade, di far entrare la macchina da presa nel cuore e nella mente del personaggio. 150 milligrammi si abbandona completamente nelle mani sapienti della protagonista. L’impegno civile, l’etica e la forte morale non sono altro che diversi perni su cui il fulcro, rappresentato ovviamente da Sidse Babett Knudsen e dal suo personaggio Irène Frachon, poggia per una riuscita esemplare dell’intera opera.

…Apprezzabile e riuscita, dunque, la commistione tra realtà e finzione, per un racconto cinematografico che – oltre ad avere una costruzione geometrica, sia dal punto di vista formale che narrativo, in grado di affascinare – possiede il coraggio di elevare un sostantivo di discreta pesantezza rispondente al nome di Etica (con la maiuscola), ad autentica ragione di vita. La fille di Brest non avrà la straordinaria forza morale di un Insider (1999) di Michael Mann – giusto per citare un’opera dai contenuti affini, sia pur geograficamente e non solo distante – ma resta un lungometraggio che riesce a parare esattamente dove voleva. Cioè nelle coscienze di coloro che sceglieranno di guardarlo.

Il film, intriso di puro realismo, si presenta come un’indagine giudiziaria avviata dai medici bretoni nei confronti del colosso farmaceutico Servier. Almeno 500 le morti attestate. Il farmaco, dopo la lotta portata avanti dalla dott.ssa Frachon, è stato ritirato dal commercio. Sebbene il libro verità non abbia seguito sin da subito un fortunato percorso per via delle accuse mosse dall’azienda farmaceutica all’autrice, costretta a mutare il sottotitolo del suo libro da “Combien de morts?” a  “Sous-titre censuré”, la realizzazione del film sembra dare nuova linfa a un’inquietante vicenda giudiziaria forse per troppo tempo tenuta nell’ombra. L’interpretazione straordinaria di Sidse Babett Knudsen agevola lo sviluppo narrativo della cupa vicenda presentando al pubblico un personaggio tanto tenace quanto professionale pronto a sfidare chiunque pur di far trionfare la verità…

…Emmanuelle Bercot (attrice, sceneggiatrice e regista che, nel 2015, ha firmato l’interessante A testa alta) racconta la strenua battaglia di questo medico che, negli anni – la vendita di preparati a base di benfluorex è stata vietata nel 2010 – ha affrontato ostacoli di ogni sorta, mettendo a repentaglio la sua reputazione e la sua carriera giocando, come ultima e definitiva, la carta della stampa. Il suo libro, “Mediator, quanti morti?”, pubblicato da un piccolo editore locale, esplode come una bomba, la Servier fa causa e lo fa ritirare dalla vendita (anche se, più tardi, tornerà di nuovo in libreria) mentre la Frachon rischia, addirittura, di essere radiata dall’albo dei medici.
La regista parigina, girando negli stessi luoghi in cui la vicenda si svolse, segue la sua protagonista in ogni fase della sua ricerca che, sempre più, assume i connotati di una vera e propria indagine investigativa. Attenendosi ai fatti, con una regia limpida e misurata, senza enfatizzare il carattere eroico di coloro che portano avanti questa accanita battaglia, la Bercot costruisce una sorta di thriller che mantiene alto il ritmo della narrazione e non si priva di un forte elemento emotivo rifuggendo altresì dall’intento subdolo della facile commozione…

150 milligrammi zoppica per un problema di scrittura più che di idea: la struttura narrativa è disorganica e sproporzionata, il ritmo è sbagliato. I tre atti tradizionali sono presenti, ma imprecisi. La prima parte della vicenda è confusa e troppo dinamica, manca completamente un set up e si entra direttamente nell’azione. Il secondo atto è interminabile, piatto, pieno di punti morti e continue riprese. L’intenzione non è mai chiara e continuano a sovrapporsi ostacoli su ostacoli, che allungano troppo il brodo e fanno perdere l’attenzione. Il finale è molto sottotono rispetto agli atti precedenti, si protrae con una coda decisamente evitabile, senza cambiare mai ritmo…

il film appare lodevole e ben calato nelle sfaccettature di una indagine dai risvolti davvero inquietanti.
Ma allo stesso modo del film precedente, questo La fille de Brest manca un pò  di un peculiare stile di regia, restringendo o limitandosi ad un prodotto di pura e un pò  schematicacdenuncia che utilizza una narrazione un pò piatta di stile televisivo, magari efficace per chiarire alla perfezione le ragioni di una truffa gravissima ai danni della razza umana, ma carente di una presa scenica con uno stile ed un carattere ben delineati.
Ottima ed efficace l'interpretazione della valida Sidse Babet Knudsen,  mentre ad un pallido e imbolsito Benoît Magimel spetta il ruolo dello scrupoloso ed un po’ ombroso dottor Le Bilan.

Bercot en eso es muy habilidosa ya que tiene a su disposición a su actriz principal, Sidse Babett Knudsen, que va aportar el suficiente carisma y magnetismo para que el público sea cómplice de su determinación y de su lucha. Si ya tenemos a una actriz que va a desplegar todo su arsenal para seducir al espectador desde el minuto 1, cuesta comprender que la directora desee, aún así, remarcar los dos frentes en oposición llegando a una exageración casi irrespestuosa con todos aquellos que representan los intereses del laboratorio farmacéutico Servier, el segundo más importante de Francia. Aquí también hace entrar en juego dos dimensiones, pero su forma de hacerlo acaba resultando tremendamente tosca. El enfrentamiento entre el humilde, comprometido y entregado profesional de la provincia (la Bretaña concretamente), frente a la arrogancia y petulancia del profesional de París que forma parte de un gran imperio empresarial…
da qui

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