martedì 14 febbraio 2017

I viaggiatori della sera - Ugo Tognazzi

si sentono echi dei romanzi di Robert Shekley e dei film tratti dai suoi libri.
il film di Ugo Tognazzi non è un capolavoro, ma lui è bravissimo.
il film è stato trattato malissimo, e dimenticato, se ne parlano ancora spesso è per parlarne male.
a me nel complesso è piaciuto, merita di essere visto, ci sono delle cose buone, non solo le attrici, intendo.
buona visione - Ismaele 




Inquietante e anche profetico, nel suo preconizzare uno Stato Etico Superiore che si erge a giudice, tutore e padrone assoluto delle vite dei cittadini e ne decreta, in nome del bene collettivo, il destino. A vederlo oggi che si parla tanto e incoscientemente, con linguaggio da teppisti, di rottamazione dei vecchi, fa venire i brividi. Un’allegoria trasparente del totalitarismo, ma anche un richiamo allarmato ai rischi che ogni mitologia giovanilistica comporta. Certo, apparentemente quella di oggi è una società opposta a quella dipinta da Tognazzi/Simonetta, una società dove il potere è saldamente in mano agli anziani, mentre i giovani ne sono esclusi. Ma il mito del giovanilismo e della giovinezza obbligatoria è se possibile ancora più forte e insidioso di allora, e la vecchiaia è sempre più rimossa, demonizzata, occultata, esorcizzata. Anche i vecchi sono condannati a mostrarsi giovani, pena la condanna sociale e l’ostracismo. Film da vedere assolutamente, nonostante certe sgangherataggini nella confezione. I modi e gli stili anni Settanta aggiungono un che di selvaggiamente torbido a questa già foschissima parabola.

Orso, dj vecchio stile e sua moglie Nicky partono assieme, scortati dai figli, la nuova generazione di lobotomizzati padrona della Terra, nel loro ultimo viaggio che rinvigorirà il decennale ménage, ridonando loro una rinnovata, per quanto inutile, forza per vivere. 
Al di là del futuro distopico piuttosto comune e tratto dal romanzo omonimo di Umberto Simonetta con molto in comune con "Quarto: uccidi il padre e la madre" di Gary K. Wolf o al più celebre "La fuga di Logan" di William F. Nolan, è tanto interessante quanto ingenua l’idea che i ventenni degli anni ’70 con tutte le loro rivoluzioni, potessero continuare ad essere rivoluzionari anche trenta anni dopo, come se la libertà fosse un privilegio negato ai loro padri prima e ai loro figli dopo e questa generazione post sessantottina in mezzo come unica eccezione della storia. 
Sarà che nel nuovo millennio, quei ventenni superano oggi i cinquanta e sono probabilmente più noiosi e boriosi dei loro padri ma è sintomatico dell’arroganza che amplifica il tonfo generazionale. 
Non so quanto di tutto questo fosse nelle intenzioni di Tognazzi ma vista oggi, la pellicola crea un cortocircuito interessante, interessante quanto il film perché seppur non brilli di chissà quale genio, è misurato e arriva al cuore della storia con grazia ed efficacia. 
Ingenuo certo, retorica sempre in agguato e talvolta predominante, sopra le righe in più di una occasione eppure è un film che riguardo ogni volta con piacere per la sua forma, per il sempre ottimo Tognazzi attore, una sorprendente Ornella Vanoni e le straordinaria location del villaggio turistico sito realmente a Lanzarote alle Canarie. 
Indiscutibilmente un film ben fatto e se non così profondo, è intimo e malinconico quanto basta per dargli lo spessore necessario per essere ricordato e conservato.

...Il film è veramente modesto, privo di continuità tra le situazioni, quasi citazionista. Non so cos'altro ha fatto Tognazzi come regista e mi autocensuro da giudizi ulteriori, sarebbero impietosi verso la sua gloriosa carriera come attore. L'ho guardato per la curiosità della trama, tratta da un romanzo omonimo di Umberto Simonetta, che sottende non poche metafore. Anche se portato ai limiti, lo stile di vita che ritrae è un j'accuse complessivo non tanto verso il modo in cui viene trattata la terza età quanto la diffusa freddezza e cinismo che travolge sempre più spesso le relazioni umane. Espressioni troppo dirette fanno perdere però interesse, si vorrebbe capire meglio da sé il senso di quello che vedi, invece fa tutto il film e in modo puerile: ti mostra i fatti e te li spiega pure con dialoghi scontati.

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