c'è una società di gente già con problemi per conto loro (e chi non ce ne ha, direbbe qualcuno), offrono servizi personali, fingono di essere un morto, fino a che il committente non elabora il lutto, pagando s'intende.
l'aspetto inquietante è un altro, i lavoratori dell'impresa non solo si sostituiscono, rappresentano, fingono di essere qualcun'altro, ma si immedesimano, diventano quelle persone, carne, sangue e testa, al punto di non sapere più chi sono, se l'attore/attrice o il personaggio, come degli eteronimi che prendono possesso dell'attore/attrice, combattendosi per prevalere, e soffrendo.
manca il sole della Grecia, e manca qualsiasi sorriso, siete avvisati.
premetto che l'ho visto due volte, una volta sola non mi è bastata, confermo che è un film che merita - Ismaele
l'aspetto inquietante è un altro, i lavoratori dell'impresa non solo si sostituiscono, rappresentano, fingono di essere qualcun'altro, ma si immedesimano, diventano quelle persone, carne, sangue e testa, al punto di non sapere più chi sono, se l'attore/attrice o il personaggio, come degli eteronimi che prendono possesso dell'attore/attrice, combattendosi per prevalere, e soffrendo.
manca il sole della Grecia, e manca qualsiasi sorriso, siete avvisati.
premetto che l'ho visto due volte, una volta sola non mi è bastata, confermo che è un film che merita - Ismaele
QUI il film completo in
greco, con sottotitoli in francese
…le
persone non hanno nomi propri, il gruppo Alpeis (un po’ come i figli che si
ritrovavano nei personaggi dei film americani ) decide di identificarsi con i
nomi dei rilievi che costituiscono la catena montuosa, questo è il primo
segnale di un’allarmante disidentificazione che ovviamente si mostra spettrale
e funerea con l’attività della “società” laddove la sostituzione fisica con i
deceduti porta i componenti della squadra, e in particolare l’infermiera, ad forse (e chi una frantumazione irreparabile del sé, una disgregazione identitaria generata
da una multi-proiezione personale che li rende tutti e al contempo nessuno, perdizione
in un dedalo a-cosciente dove il fine ultimo non è il denaro ma una sorta di
feticismo mosso da quella che altro non è che un’ostinata ricerca di essere qualcuno.
…Un pò ho capito cosa
mi affascina di Lanthimos. E' il suo tratto saramaghiano, quello di costruire
vicende al limite dell'assurdo (o che lo oltrepassano) vendendocele per dati di
fatto, verosimili, accettabili.
Ma quello che è davvero portentoso in questo cinema (tutto questo greco) è
la capacità di emozionarti senza toccarti il cuore. C'è uno stranissimo
sentimento puramente intellettivo, un disturbo che ti colpisce alla testa molto
prima che allo stomaco. La freddezza con la quale i fatti vengono narrati, questa
incredibile glacialità sono qualcosa di portentoso. E Lanthimnos in più riesce
a creare dei soggetti del tutto nuovi, geniali.
Qua si parla di una "società" di sole 4 persone che dietro
compenso "interpreta" il ruolo di persone morte, per far vivere alla
famiglia più gradualmente e senza stacchi netti l'elaborazione del lutto. Il
ruolo dell'"attore" è predominante…
…el autor conforma un film que puede recordar un
teatro, en el que los actores ensayan y reproducen una y otra vez diálogos
muchas veces bizarros, por lo absurdo del momento en el que se están
produciendo, pero totalmente eficaces dentro del contexto. Alps es un compendio de escenas en las que
los actores (reales y ficticios) deben disfrazarse para parecer otras personas
(no se nos escapa que la ropa de la enfermera es siempre la misma… su vida se
ha convertido en un papel tal que incluso nos hace pensar si su padre es,
realmente, su padre). Primero, observamos ese teatro desde la distancia, como
los espectadores que somos de una realidad inusual, que no estamos
comprendiendo. Más tarde, inconscientemente, nos vemos envueltos en esa
repetición, que nos atrapa. Finalmente, sufrimos junto a la enfermera su propio
y desesperado destino, en contraposición al de la gimnasta….
…Lanthimos,
che lo si ami o no (è tra i registi che suscitano più rigetti e repulsioni), è
autore dal segno forte, riconoscibile, con il suo andare ossessivamente in
cerca di distorsioni e pervertimenti dell’apparente normalità, del suo
sfaldarsi nell’ignominia e nello squallore, del suo nascondere istericamente
malesseri, patologie della mente, derive nella follia. Un Buñuel riadattato ai
disgraziati tempi nostri, alle nostre mediocrità e medietà, del quale condivide
un certo senso del grottesco e del paradosso, ma non la grazia, non la levità,
non il surrealismo beffardo, e nemmeno l’anarchica distruttività. Tutto è
pesante, lercio, caliginoso, irrimediabilmente condannato alla caduta in
Lanthimos, in un guardare al mondo di nichilistica disperazione. Con il
sovrappiù del racconto di una normalità che scivola nel suo esatto opposto
senza che quasi ce ne rendiamo conto, perché Lanthimos (con il suo fedele
sceneggiatore Efthymis Filippou) mette in scena minuziosamente e ossessivamente
microcosmi altri ma assolutamente coerenti e compatti, mondi a parte in cui lo
scostamento rispetto alla medietà fonda a sua volta un’altra e altrettanto
compatta medietà. Impassibile, il signore delle tenebre del cinema greco,
altera appena le coordinate in cui tutti ci troviamo a vivere creando distopie
però qui e ora, nostre contemporanee, come dietro la porta chiusa del nostro
tinello, piccoli universi paralleli dominati da (il)logiche ferree e regole a
loro modo coerenti benché spostate e sconnesse rispetto alle nostre. A
ricordarci come ci voglia poco, anzi niente, a far deragliare i comportamenti e
le relazioni tra singoli in una palude melmosa e letale…
…Il sospetto è che ci sia un compiacimento di troppo, una
pulsione che in altri tempi si sarebbe detta morbosa da parte del
regista-narratore-osservatore-testimone a affiondare lui stesso e pure noi
spettatori nella melma, ed è questo a prenderci alla gola, non diversamente da
quanto succede con la scuola viennese degli Haneke e Seidl, parenti solo più
nordici di questa nuova (ex nuova ormai) onda ellenica plumbea e nera da
esposizione a troppo sole. Eppure
Lanthimos ci ipnotizza, tascinandoci nel gorgo dei suoi disgraziati e
sgradevoli personaggi. Chi mai potrà provare un minimo di partecipazione per lo
sciagurato quartetto di Alps? Due uomini e due donne, in rigorosa simmetria di
genere…
Lanthimos
takes another abstract aspect of society to absurd extremes after he explored
separationism in Dogtooth. In this case, he is exploring the roles that people
play for others, and whether people, when they die, can be replaced by actors.
A group of people naming themselves after mountains in the Alps, provide such a
service, replacing dead people by acting out a collection of quirks and
mannerisms combined with specific phrases by which they are remembered. A nurse
replaces a dead teenage girl and acts out a scene where her parents catch her
with her boyfriend, or she replaces a wife and has to say something very cheesy
during cunnilingus. A gymnast submits to a cruel coach and praises him even
though he does nothing but threaten her, and they all pretend to be celebrities
in their spare time. Except it is all delivered cold, deadpan and without
emotion, making the whole thing even more absurd. Eventually though, a woman
starts falling apart and matters break down when she fails to deliver her lines
or does something 'wrong', whatever wong is in this context. Until the goals of
the movie click you may wonder if you got the right subtitles seeing as they
all talk in non-sequiturs. Then it is interesting for a while, but fails to
develop or deliver anything beyond the initial idea, making it a rather cold
and unrewarding, stretched-out, intellectual experiment (like a minor Haneke
movie)
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