durante la visione del film mi sono venuti in mente L’onda, Michel
Moore, Günter Wallraff, e però questo è un'altra cosa.
scritto da sei sceneggiatori (tra cui Marco Kreuzpaintner , regista di Trade, grande film sconosciuto e sottovalutato) Lui è tornato inizia come un film quasi comico, ma col passare dei minuti diventa un film sui fantasmi di una nazione, si ride, tutti ridono, ma non Lui, e alla fine neanche noi.
un gran film, da non perdere - Ismaele
scritto da sei sceneggiatori (tra cui Marco Kreuzpaintner , regista di Trade, grande film sconosciuto e sottovalutato) Lui è tornato inizia come un film quasi comico, ma col passare dei minuti diventa un film sui fantasmi di una nazione, si ride, tutti ridono, ma non Lui, e alla fine neanche noi.
un gran film, da non perdere - Ismaele
…Il messaggio
forse più importante di cui si fa portavoce questo film, lo troviamo in
conclusione, quando si trovano nella medesima stanza, Sawatzki, Hitler ed una
signora anziana ebrea, vissuta nell’epoca della Germania nazista, ella
ammonisce il giornalista ed attraverso lui lo spettatore: “Anche all’epoca
all’inizio ridevano di lui”! A sottolineare quanto possa essere facile per
un’ideologia, per quanto folle, prevalere, se sottovalutata. In
conclusione, a seguito di tale evento il giornalista indaga sul luogo in cui
Hitler è ricomparso e si rende conto di avere dinnanzi a lui non un attore ma
il vero dittatore nazista. Il finale dalla squisita sfumatura tragicomica porta
Zawatzki, in panico, a cercare di riportare quanto scoperto e proprio per
questa ragione verrà considerato pazzo e ricoverato.
Nel frattempo il
Führer, dopo aver finito di girare il suo film accrescendo ulteriormente la sua
popolarità, passeggia in macchina tra gesti di affetto e qualche gestaccio, per
rivolgersi poi allo spettatore affermando che proprio la tensione del mondo
contemporaneo, le problematiche a cui è spesso comodo e facile rispondere con
la violenza e l’egoismo, il populismo sempre più di moda e il razzismo,
rappresentino “un buon punto di partenza” per il nuovo Reich. Sta a noi, anche
attraverso la conservazione fondamentale della Memoria, che in tanti – in
troppi – cercano di trasformare in oblio, evitare che ideologie spinte
dall’odio possano prevalere, oggi come allora.
…Se dovessi descrivervi il film in una sola parola direi che è un film inquietante.
Vi cito una frase che dice un uomo che intervista Hitler per farvi
capire meglio " Gli africani che arrivano qui hanno un quoziente
intellettivo di 40 o 50 mentre il nostro è di almeno 80. Questo abbassa la
media del Paese". È inquietante come parla la gente
degli immigrati ("tutti questi turchi con la
barba dovrebbero tornare a casa loro,non li vogliamo qui" dice
un uomo), è inquietante quando un uomo dice che dovrebbero tornare ad esistere
i lager, quanta gente acclami Hitler e le sue idee, quanto questo Hitler
ricordi molti politici viventi e quello che dicono. E mi ha molto inquietato
quello che dice una anziana donna quando vede Hitler (un personaggio del
film,non una donna intervistata) "all'inizio anche noi ridevamo
di lui". Queste
parole mi ritornano spesso in mente e mi fanno molto riflettere. Buffoni, cosi
chiamiamo gente come Trump, gente buffa, divertente, idioti, diciamo che non
dobbiamo preoccuparci. Ridiamo di loro, delle loro gaffe, delle idiozie che
dicono."All'inizio anche noi ridevamo di
lui".
Un altra scena che mi ha davvero lasciato basito è quando troviamo
Hitler in un allevamento di cani perché vorrebbe comprare un pastore tedesco.
Hitler fa questo discorso sulla razza dicendo che quando un pastore tedesco e
un bassotto si accoppiano, nasce un pastore bassotto, poi da un pastore
bassotto e un altro pastore bassotto nasce un altro pastore bassotto e cosi la
razza del pastore tedesco sparisce, si estingue. Cosi succederà alla
nostra razza dice l'Hitler del film. E gli danno ragione. Ora capite perché
inquietante?...
… In “lui è
tornato” Hitler parla e fomenta l’odio razziale e la xenofobia in diretta
nazionale, ma l’unica cosa che mette in difficoltà la sua ascesa da “fenomeno
televisivo” è l’aver fatto del male ad un cucciolo, segno di come oggi fenomeni
sociali come l’animalismo si riducano a feticci borghesi in cui a confronto le
persone valgono meno di zero. Ad esempio, per parlare dell’ipocrisia di taluni
feticci, fece molto più scalpore quando tifosi del Feyenord scalfirono la
fontana della Barcaccia a piazza di Spagna, che quando quelli dello Sparta
Praga pisciarono su un mendicante. “Lui è tornato” dipinge i paradossi della
società, contraddizioni che non se ne sono mai andate: rappresenta in modo
ironico un Hitler che, nonostante tutto, non rimane nello spazio di comico in
cui lo si vorrebbe confinato, ma anzi dimostra come, dopo anni di retorica e
memoria storica intrise di pacificazione sociale, le idee reazionare trovino un
ruolo nient’affatto secondario nelle nostre società.
Le ultime scene
sono tutt’altro che banali e scontate, e la fine non delude in termini di
costruzione cinematografica, considerando che il film riprende anche
interessanti tecniche stilistiche che sembrano mediate sulla scia del
meta-teatro di Brecht: tramite efficienti trucchi narrativi lo spettatore
diventa un protagonista del film per poi ritrovarsi sputato fuori davanti a uno
schermo. E arriva a porsi un’annosa domanda… E se Hitler tornasse? Cosa farei?
Ma il pericolo è veramente un Hitler o la società stessa che produce il terreno
fertile e necessario perché un qualunque folle vestito da SS possa trovare
seguito predicando odio razziale e xenofobo?
Meglio di quanto mi aspettassi. Vale davvero la
pena vederlo, questo Lui è tornato, dove lui sta per Adolf Hitler. Una
commedia nera acuta, brillante, cattiva fino alla devastazione delle nostre
certezze, una commedia che non ha mica paura di darci dentro e di affondare la
lama della critica nella coscienza intorpidita della Germania di oggi, e non
solo della Germania. Magari un po’ troppo a tesi, troppo costruita e
programmata per allarmare e additare a noi tutti i possibili nuovi pericoli e i
nuovi spettri autoritari in agguato appena girato l’angolo. Con un finale più
da predichetta politicamente corretta, asfissiantemente corretta, che in linea
con il tono cinico, perfido e beffardo della narrazione fino a quel momento.
Tant’è che nel corso del film ti pare di intravedere dietro la macchina da
presa il fantasma di Billy Wilder…
… L’icona di Hitler, la sua irruzione sul
piano della nostra realtà, produce un processo di azzeramento della memoria
storica nella collettività a seguito del suo proprio medesimo “avvento”. Il
film mostra l’atto progressivo del processo di depotenziamento del tabù nelle
società di consumo. Tramite il “ready made”, il calco caricaturale denso di
significati e magnetismo simbolico del tiranno sterminatore viene
progressivamente a sbiadirsi e a perdere potenza, immerso com’è nel giogo
mediatico del suo stesso “successo”. Non inganni il finale e il suo maldestro
ripiegamento. Non c’è fiction in questa illimitata “mise en abyme”, ché
altrimenti dovremmo considerare il cornetto inzuppato nel cappuccino
dell’avventore come un non-fatto, un mero sogno di Nanni Loy.
E invece è tutto “vero” nell’epoca della riproducibilità dell’opera d’arte, per parafrasare Benjamin. Il legame con Hitler non può e non deve essere reciso, e la sua morte non può darsi se non tramite un paradossale processo di inversione che prevede la liberazione del tabù nel riferimento storico contestuale.
Nessuna legge può estirpare l’orrore. Hitler “muore” nella sua demistificazione, nel suo naturale processo di dissolvimento. La condanna viceversa cristallizza il tiranno, lo rende eterno, e finisce col realizzare il suo reale intento: la nuova mitizzazione. Questa la lezione che ho tratto dalla visione di questo film-esperimento, da vedere e rivedere più volte.
E invece è tutto “vero” nell’epoca della riproducibilità dell’opera d’arte, per parafrasare Benjamin. Il legame con Hitler non può e non deve essere reciso, e la sua morte non può darsi se non tramite un paradossale processo di inversione che prevede la liberazione del tabù nel riferimento storico contestuale.
Nessuna legge può estirpare l’orrore. Hitler “muore” nella sua demistificazione, nel suo naturale processo di dissolvimento. La condanna viceversa cristallizza il tiranno, lo rende eterno, e finisce col realizzare il suo reale intento: la nuova mitizzazione. Questa la lezione che ho tratto dalla visione di questo film-esperimento, da vedere e rivedere più volte.
…Las distribuidoras se lo deberían hacer mirar ¿No
estamos preparados para este tipo de humor o que pasa? Incomprensible que la
dejaran escapar. Estoy convencido que en España hubiera hecho una muy buena
taquilla.
En definitiva un 7/10 para esta atípica comedia que no
me voy a cansar de recomendar y que promete ser de culto.
Muy recomendable para todo tipo de público y aún más
recomendable a los que les guste el humor políticamente incorrecto de las
series de Ricky Garvais, Larry David, Louie...
Ha vuelto (2015) demuestra que los limites del
humor pueden ser sobrepasados y que encima arrasen la taquilla.
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