il film è un dramma che ricorda tanti altri film, ma non importa, questo è un gran film, che merita davvero.
molti silenzi e poche parole, al posto giusto, sguardi, pochi sorrisi, molto dolore, e crudeltà.
da vedere di sicuro - Ismaele
Ps: Félix Lajkó è attore protagonista, fa le musiche del film, ed è un musicista eccezionale (qui suona lo zither ungherese).
…Un ospite (Félix Lajkó) arriva senza preavviso per vivere in un luogo che forse un tempo gli è appartenuto, porta con sé un’incognita che non si conoscerà; quello che conta non è il motivo del suo viaggio e nemmeno il suo passato, conta solo il ritorno a casa. Un ospite che è già un “teorema” insolubile, con il volto segnato da un tragico destino evangelico: figliol prodigo in cerca della madre, si ricongiungerà alla sorella di cui ignorava l’esistenza, per riscrivere la storia di Edipo e quella di Abele e Caino, capovolgendo le sorti del mito e quelle dell’uomo. Dall'unione dei due fratelli in un Eden ritrovato potrebbe nascere una nuova progenie non più in lotta con la natura ma appartenente ad essa. Tuttavia il corso della storia segue un ordine immodificabile che esige la crocifissione dell’estraneo condannatosi ad una autoespulsione che è rifiuto di obbedienza a delle regole tacite di convivenza.
Tutto avviene sotto il sole, senza riparo; lo sguardo della coscienza può solo allontanarsi e allungare il piano, sbiadire l’immagine. Insostenibile è ciò che manca: la presenza del padre, forse morto - come dio. Un’assenza da vendicare attraverso una nuova presenza, giacché tutto ciò che è sotto il sole sempre si ripete e il divenire urta improvvisamente con l’urgenza dell’inevitabile.
Come nel Teorema pasoliniano, l’ospite è sempre portatore del sacro per il suo semplice essere fuori dalla vita che si svolge a terra; lì come in Delta, il sesso è rituale finché resta estraneo ai canoni di ordine e di possesso, e diventa osceno e violento quando è usato come strumento punitivo e simbolico di esercizio del potere. Il pallore irreale di lei (Orsi Tóth) riflette la purezza di una onnipotenza erotica inconsapevole: la sua colpa è nell’essere donna-figlia-sorella, marchiata intimamente dalla condanna della disobbedienza all’ordine, macchiata di sangue e sperma, costretta ad ingoiare l’anguria frutto del peccato ed emblema di un martirio inevitabile: il suo biancore è quello del Cristo morto del Mantegna che espone lo scandalo della sua carne lacerata in un primo piano inaudito per la storia di tutta l’arte e del cinema a venire…
Kornel Mundruczo’s intimate drama Delta, like his last film, the
gripping and dark musical Johanna,
drops the name of fellow Hungarian filmmaker Bela Tarr in its opening credits.
Although Mundruczo’s new film isn’t as distinctively slow-paced as Tarr’s work,
it does make several visual allusions to it (one of the first shots recalls the
opening shot of cattle slowly roaming in Satantango,
for example), and presents a similar vision of small-town malaise as it drifts
inexorably toward violence. Unfortunately, without Tarr’s distinctive torpor to
differentiate it, the movie settles too comfortably into the realm of art house
clichés...
…A la façon d'un Crusoé que la solitude a
rendu mélancolique, le frère construit sa maison au milieu de nulle part. La
scène où, aidé de sa soeur, il cloue une à une les planches du ponton qui
reliera sa demeure à la terre ferme, marque sa séparation avec le monde réel,
chargé de personnes et de souvenirs auxquels il décide de renoncer. Beaucoup de questions
sont en suspens : d'où vient cet homme ? Pourquoi décide-t-il de retrouver sa
mère et pourquoi était-il absent jusqu'à présent ? Enigmatique et silencieux,
il fascine d'entrée de jeu. Quant à sa soeur, remarquablement interprétée par
la jeune Orsi Toth, elle affiche des traits durs et un regard sauvage qui la
rendent tout aussi mystérieuse.
Le film est bâti sur un ensemble d'antagonismes
: clarté et pénombre, beauté et laideur, douceur et violence.
« Delta » est au croisement de ce que la nature a de plus beau à
offrir et de ce que l'humain a de plus vil en soi. Comme dans un poème antique,
les choses sont rarement montrées dans leur banalité ou leur caractère abrupt.
Ainsi, la mise en scène demeure toujours très pudique, à la limite du naïf,
privilégiant les jeux d'ombres (un regard complice derrière un linge suspendu)
ou les plans décadrés (un mouvement du corps que l'on devine en voyant les
pieds). La poésie qui se dégage des personnages centraux apparaît d'autant plus
allégorique qu'elle contraste avec une forte violence, filmée elle aussi de
façon détournée (de loin ou la nuit), comme si les choses laides ne méritaient
pas d'apparaître au grand jour.
Avec «Delta», Kornél Mundruczo signe un petit
bijou de poésie. Un voyage sensoriel entre rêve et réalité qui, à défaut d'être
éternel, laissera des traces pendant longtemps.
…C’è
molta maestria dietro questo film. Mundruczó riesce nella difficile impresa di
rendere vivo il paesaggio che non risulta essere un contorno messo lì tanto
per, e nemmeno uno sfondo piazzato per puro senso estetico. No, le acque del
fiume, l’erba, il vento e la pioggia sono elementi meravigliosamente vivi,
palpitanti, reali. La bellezza della natura contrasta con la bassezza degli
uomini. Viene da domandarsi come sia possibile che in un posto così incantevole
gli esseri umani riescano ad essere tanto meschini…
… Il film, pur nell'essenzialità degli
ambienti e nella minimalità dei dialoghi, è un intenso melodramma magiaro. È,
infatti, la storia di un fratello e di una sorella che abbandonano il paesino
retrogrado e violento in cui risiedono, per vivere ai margini di un fiume nei
pressi del paese. I due costruiscono, a poco a poco, una palafitta in cui
vivere, affrontando con tenacia le avversità che incontrano. Ma il loro legame,
forse incestuoso, non è ben visto dalla comuntità, che si vendicherà…
da qui