Gesù non è biondo, né
bello, e forse era così davvero, a Pasolini sarebbe piaciuto, secondo me.
le facce sono quelle che uno crede esistano solo nei film turchi o georgiani,
la storia è sempre la stessa, ma non è la solita storia, qui è buia, sporca,
concreta, crudele, dolorosa, non si vede quasi niente, ma si sente tutto, il
dolore della madre è senza pari, la lingua è davvero perfetta, a molti sembrerà
aramaico.
a me il film è piaciuto molto, non privatevene - Ismaele
Stamattina, avviandomi sotto la pioggia
alla proiezione stampa delle 9, già sbuffavo leggendo le note di presentazione
di Su Re. Figuriamoci. La ri-messa in scena della Passione
di Cristo nella Sardegna più interna e selvaggia, naturalmente in lingua sarda
con gente del posto a interpretare i ruoli. Come in una sacra rappresentazione
di paese da settimana santa. Una roba anni Settanta, mi dicevo, di quel
populismo-miserabilismo-terzomondismo che allora intrideva tanto cinema nostro,
e oggi insopportabile. Invece, signori, questo è un gran bel film…
Le
ultime dodici ore di Gesù tradito da Giuda, rinnegato da Pietro, processato (e
flagellato) dai gaglioffi del Tempio, condannato dal popolo e pianto da Maria,
che lo ricompone nel sepolcro. Ultima cena prima della comparizione davanti a
Caifa e a Pilato e della Passione che lo "passerà da questo mondo al
Padre". Condotto sulle pietre di Supramonte, Gesù verrà impietosamente
'conficcato' alla croce tra il clamore dei suoi avversari e il silenzio
compianto delle donne. La sete spenta con aceto cede all'ultimo respiro e al
sospiro scosso della terra, che trema prima di ritrovare Cristo e la luce…
… il Cristo di Columbu è rappresentazione in bilico tra sacro e profano, capace di
veicolare grazie alla sua immagine ruvida - come i luoghi e la gente che lo
circondano - il dolore a un livello più primitivo, inconscio, strettamente
legato all'asprezza essenziale della natura. Un ritratto che s'ispira alle
parole del profeta Isaia: "...non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi, non splendore per poter compiacere" e che cerca il contatto con una dimensione
puramente interiore, quella dimensione visibile solo ai "puri di
cuore". La stessa purezza che Columbu ricerca anche nella gente che affolla le tappe
del martirio di Cristo, e sul cui volto e sui cui sguardi Columbu si sofferma più di ogni altra cosa, lasciando
spesso la scena ferma sui loro volti scavati, e i loro occhi gravidi di astio,
incomprensione, sofferenza, mentre il supplizio di Gesù si svolge fuori campo.
È infatti proprio attraverso i volti e il rimbalzare da un sogno e da un
ricordo all'altro che Su Re riesce
a imprimersi nella mente e a ripercorrere con rara pregnanza e intimità il
calvario di Gesù, conseguenza di quell'astio innato e di quella voglia di
vendetta ingiustificata connaturati alla natura umana…
…Il film racconta e mostra i fatti come in
un sogno in cui quasi nulla procede con semplice linearità e ricorda il rituale
collettivo della messa cristiana.
Sicuramente come punto di riferimento
immediato ci viene in mente “Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini, ma non
solo, infatti la pittura, e in particolare quella di Caravaggio è l’altra
grande protagonista del film.
I personaggi sono tutti intensi e
magnifici nelle loro espressioni corrugate e accigliate. È Fiorenzo Mattu ad
avere la parte di Cristo e non è esattamente il Cristo che ritroviamo nella
storia del cinema o della tv finora nota. È basso, scuro e ricoperto di peli:
molto mediterraneo, effettivamente “fatto uomo” nella cornice di un’isola
selvaggia e spartana.
Sia Dio che la Madonna sono due esseri
umani come tanti altri, non c'è niente di divino in loro. Una prospettiva e un
punto di vista decisamente dal basso che rende il mito qualcosa di estremamente
concreto, non solo nella passione, ma anche nell’aspetto.
Un film toccante e una vera e propria
eccezione del cinema sacro: tutto si svolge davanti agli occhi dello
spettatore, niente è nascosto o inspiegabile.
La Sardegna più intima, quella misteriosa
e tormentata delle montagne del Sopramonte, la stessa, proprio il Monte
Corrasi, che accolse alcune scene drammatiche della Bibbia di Houston, viene
rappresentata dal regista come luogo significativo, senza dimensioni
spazio-temporali delimitate, dell'eterna e tormentata storia dell'uomo.
Attraverso la lettura sinottica dei Vangeli, Giovanni Columbu restituisce
all'umanità l'essenziale, indissolubile legame religioso (di tutte le
religioni) con la terra. L'illusione atavica (e blasfema) dell’umanità di
liberarsi da questo legame, viene svelata e irrisa attraverso le immagini
immense di una natura che parla: attraverso il suono del vento, l’incombere
freddo delle nuvole, l’inviolabilità degli anfratti rocciosi. E restituisce
all’uomo il ruolo di piccolo essere, partecipe della complessità infinita e
misteriosa del creato: un essere fragile e sgomento, pronto a farsi carnefice e
vittima, esule senza pace dopo la preclusione assoluta al paradiso perduto…
Grazie, sembra davvero un film molto interessante. Aggiungiamoci l'arte del Caravaggio e diventa imperdibile!
RispondiEliminadi quei film che se ne vedono una volta ogni 1000, almeno, e speriamo che il dio del cinema li protegga e li faccia nascere, quando meritano.
RispondiEliminaquesto merita:)