lunedì 16 aprile 2012

Il Castello – Michael Haneke

fosse anche solo per Ulrich Muhe il film vale la visione.
c'è il Potere, che tiene tutto in una ragnatela, nella quale tutti hanno una parte e sono prigionieri.
riesce perfettamente a farti capire il verso di De Andrè "non ci sono poteri buoni "
e il senso di angoscia di Kafka è reso molto bene.
merita - Ismaele



Di rado la poetica di un autore si era trovata così in sintonia con quella di un altro; raro un passaggio dal romanzo al film così fedele. Ma Haneke ha in sé il germe di Kafka, i due parlano la stessa lingua, e ciò spiega i perché di tanta armonia poetica. Il Conte del Castello incarna il Potere, un potere arroccato nella difesa del suo status quo, che nonostante i suoi possibili errori riesce a saturare di sensi di colpa chiunque gli si relazioni. Lo stesso potere burocratico dei tribunali de Il Processo, o lo stesso potere genitoriale che in Kafka è rappresentato dalla figura paterna. Padre e potere. Walter Benjamin, nel suo celebre saggio su Kafka, osservava:
«Molti indizi fanno ritenere che il mondo dei funzionari e quello dei padri sia - per Kafka - lo stesso. La somiglianza non va a loro onore. [...] Ma così anche il padre [come i funzionari] nelle strane famiglie di Kafka, vive del figlio, pesa su di lui come un enorme parassita. Egli non consuma solo la sua forza, ma il suo diritto di esistere. Il padre, che è il giudice, è insieme l'accusatore»1.
E come non poter essere accusatore se si è il Potere? Il Conte del Castello è quel potere invisibile, proprio della burocrazia kafkiana, che è in tutti i luoghi e in nessuno di questi. Può contare su una capillarità di consensi e di sue emanazioni che gli permettono di non palesarsi…

…Il K. interpretato ottimamente da Ulrich Muhe (che per Haneke lo stesso anno reciterà anche in "Funny games" - stesso discorso vale anche per Susanne Lothar e Frank Giering) incarna tutte le frustrazioni dell'uomo che emergono dal racconto di Kafka, un uomo prigioniero in una gabbia di insensata burocrazia nella quale Haneke trova le basi per sollevare ancora una volta le sue critiche nei confronti del potere. Il potere, che è chiaramente rappresentato dal castello, è un potere invisibile, un potere apparentemente assente ma sempre inevitabilmente presente, capace di annichilire con inutili e pedanti lungaggini le vite di tutti coloro che gli si rapportano…

4 commenti:

  1. Ecco adesso sbavo come un cane idrofobo per l'invidia perchè questo è l'unico film(anche se è per la tv) di Haneke che mi manca...

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    1. se Haneke è il tuo regista, questo è per te, sicuro.
      senza eccessi, senza licenze, il Kafka di Haneke.

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  2. Giusto ieri sul mio blog ho parlato di Funny Games, ma questo non lo conoscevo proprio.
    Mi ispira, soprattutto perché Muhe come attore è fantastico, ma temo un po' Haneke, lo ammetto.

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  3. ho visto la coincidenza, sono dello stesso anno,e gli atori principali sono gli stessi.

    anch'io temo Haneke,a volte troppo virtuosistico, ma qui mi è piaciuto.

    un film fedelissimo all'originale, ma farne una versione diversa sarebbe stato troppo, anche per Haneke

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