mercoledì 4 aprile 2012

Shutter Island - Martin Scorsese

non è il miglior film di Scorsese, ma avercene film di secondo piano di questo livello!
non sarà perfetto, magari prevedibile, ma grandi attori e una storia avvincente rendono "Shutter Island" un film che merita di essere visto senza dubbio - Ismaele



...In "Shutter Island" il volto del Cristo sofferente appare per qualche secondo in forma di tatuaggio sulla schiena di un attore, a segnalare, forse, il legame profondo che credo leghi “Shutter Island” al film a lui più simile (a livello di atmosfere e suggestioni) tra quelli del Martin Scorsese degli ultimi 20 anni: quel “Cape Fear” in qualche modo figlio degli stessi padri di celluloide. Cinema maiuscolo e potente, di cupa e feroce bellezza.
da qui


“Shutter Island” è una pellicola intricata, (troppo) lunga e a tratti persino claustrofobica. Scorsese – “servendosi” dell’ormai amico Di Caprio – mescola noir, mistero, un pizzico di horror e tanto thriller psicologico. Nonostante delle ottime premesse, però, e una storia assai interessante e indovinata il risultato finale del film non si può dire nel suo complesso eccellente.
Se da una parte, infatti, “Shutter Island” è impeccabile dal lato tecnico, dall’altra risulta fin troppo arzigogolato e confuso al punto da sfiancare persino lo spettatore più attento e interessato. La sensazione è quella che si sia voluto mettere in un certo senso “troppo”, che insomma si sia voluto strafare. Un buon film sì, ma non fra gli imperdibili.


…Il regista italo-americano poteva sicuramente osare di più, perché a voler scavare nella sceneggiatura i temi scorsesiani emergono: il senso di colpa, la labile scissione tra sanità e follia, il mostro e l'uomo che lottano dentro ciascuno di noi, ma sono tematiche tenute troppo in sottotraccia, che assumono vero senso solo alla fine, dopo l'ultima significativa battuta di Teddy/DiCaprio.
Stavolta è probabile che a Scorsese interessasse maggiormente il gioco con lo spettatore, introdotto sin all'inizio con la citazione di "Shining", con quel dolly che scendendo vertiginosamente sulla vettura diretta al complesso ospedaliero ci dà il benvenuto a Shutter Island.
E il suo è anche un rinnovato invito all'overlook, a ri-guardare e al guardare (da) sopra: l'isola non è solo il luogo fisico dove si svolge l'azione, ma anche il tortuoso spazio mentale, pieno di cunicoli e gallerie nascoste, che cela terribili rimossi.

…Scorsese invece sin dai primi minuti svela l’arcano, o almeno lo suggerisce, spiazza lo spettatore fornendogli tutti gli indizi del caso, destruttura volontariamente il genere anche per la  necessità di adattarlo al suo stile, snocciolando con nochalance indizi mai veramente fuorvianti lungo il percorso, invitando lo spettatore a metabolizzarli uno dopo l’altro senza cervellotici cambi di fronte, trasformandoli  in una lenta e inesorabile discesa in una mente allucinata e in un gioco delle parti che, anche se sfacciatamente prevedibile, non manca di un certo fascino.
Il difetto del film, se proprio di difetto vogliamo parlare, e proprio questo voler svelare troppo, questo scardinare, se non ignorare alcuni meccanismi classici del genere, scelta che non sempre paga, così c’è un fastidioso e non richiesto surplus di informazioni nella prima parte con suggestivi, ma invasivi flashback/allucinazioni che ci raccontano molto, forse troppo, del protagonista, per poi calarci in un ottima seconda parte immersa nella follia e nel caos post-uragano che però perde inevitabilmente molta della sua forza proprio perchè ormai c’è ben poco da scoprire e da svelare.
Shutter Island si pone sicuramente tra i lavori meno riusciti di Scorsese, ma nonostante i palesi difetti e alcune ingenuità in qualche modo cercate e volute in fase di scrittura, ha il pregio di regalarci un prova altalenante, ma tutto sommato efficace di un DiCaprio alle prese con una schizofrenica performance non priva di rischi, e ben 138 minuti di film che alla fine scorrono via senza grossi intoppi, il che non ci sembra pregio da sottovalutare.

Shutter Island porta a compimento un discorso che Scorsese pare condurre da quando il suo cinema si è fatto più ampio, più accademico: l'incapacità di raccontare un mondo dove non domina solo la violenza, ma soprattutto la dissimulazione, di immaginare qualcosa di nuovo laddove tutto appare una ripetizione, un rifacimento. In fondo alla sua scala a chiocciola fatta di mistero e di suspense,Shutter Island pare raccontare proprio questo: nell'era contemporanea, il sonno della ragione non genera più mostri, ma fantasmi, doppi, simulacri di qualcosa che è già stato visto o vissuto.

Una rappresentazione così espressiva della follia e dell'ambiguità non potrebbe avere luogo, ad ogni modo, senza il lavoro di prima mano del cast attoriale, davvero notevole. Vorremmo in primo luogo rendere onore non solo agli attori protagonisti (sui quali torneremo immantinente) quanto sulle figure relativamente secondarie: le interpretazioni di Max von Sydow,Michelle Williams, Elias Koteas eJackie Earle Haley, ad esempio, sono azzeccatissime, ma il plauso va al cast nel suo complesso, uno dei più espressivi mai visto.
Venendo ai protagonisti, sicuramente ottime le prove di Mark Ruffalo nei panni dell'agente “buono” del duo investigativo, e di Emily Mortimer in quelle della astrusa Rachel; ma sono l'intensità e il rigore offerte da Di Caprio e Kingsley a firmare un ottimo biglietto di presentazione per qualunque premio degno di questo nome a cui questo film voglia candidarsi. 
Sir Kingsley è sfuggente, beffardo, al contempo sospetto e rassicurante; sempre avvolto in una nuvola di fumo, vera o metaforica che sia

Shutter Island” rimane un film bellissimo, elegante, labirintico ed ipnotico, dominato da un Di Caprio in uno stato oltre la grazia  che delinea un personaggio magnificamente ambiguo ed oscuro di cui non si sa se fidarsi o meno, soprattutto alla fine.
Scorsese, al quale si muovono  da tempo accuse di “normalizzazione,” crea un film che sconta una dozzina di tributi al cinema classico e, al pari dei grandi maestri, usa lo strumentario come un grimaldello eversivo per aprirci  la strada  tra “scale a chiocciola” e “corridoi della paura”, verso una  indagine sulla follia collettiva, sulla finzione, sulla violenza che lega le vicende umane più di quanto saremo disposti a concedere. Scorsese  racconta in “Shutter Island” la debolezza umana e la necessità della fuga dal dolore…

Shutter Island è 'semplicemente' un film bruttino e poco efficace, che nella carriera di Scorsese (anche per merito del suo curriculum straordinario) certo non verrà inserito tra i capolavori. Il punto vero è che si ha l'impressione di aver già visto una storia del genere raccontata altre mille volte…

Sebbene gli indizi per comprendere la trama vengano lanciati già nella prima parte del film, il finale resta una sorpresa e tutti i nodi vengono al pettine solo alla fine. Niente è come realmente appare e, accompagnato anche da musiche si adattano perfettamente all’atmosfera, lo spettatore si immedesima nel senso di confusione del protagonista e aspetta di sapere, fino all’ultimo, quale sia davvero la verità. Scorsese tratta dei temi molto importanti, il male che l’uomo ha fatto, l’incapacità di redimersi, e sa come far nascere nello spettatore la sensazione di dolore, confusione, ansia, vissuta dai personaggi, seppure le scene non siano da considerarsi totalmente perfette. Eccellente l’interpretazione di un troppo spesso sottovalutato Leonardo Di Caprio, che si ritrova adesso in un ruolo piuttosto difficile, in cui deve esprimere diverse sfumature, soprattutto psicologiche, del suo personaggio. Un thriller psicologico ben riuscito, anche se di Martin Scorsese ricordiamo molti altri capolavori. Alla fine del film rimane comunque il dubbio che si protrae per tutti i suoi 148 minuti di durata: cosa è vero e cosa non lo è? Una volta usciti dalla sala, continuerete a ripensare a qualche dettaglio, cercando di aggiungere quei pezzi che Scorsese lascia in sospeso. Il film è sicuramente capace di coinvolgere e anche di stupire, confuso al punto giusto, senza l’aggiunta di elementi eccessivi che facciano perdere l’orientamento allo spettatore.

2 commenti:

  1. anche blogspot fa cilecca, ogni tanto.
    un paio di giorni fa Alessandra ha scritto:

    "Per me, invece, si piazza tra i migliori di Scorsese, che amo alla follia come regista."

    è arrivato per email, ma nei commenti non è apparso.
    mah!

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  2. con Scorsese parliamo di film eccezionali, eccellenti o bellissimi.
    quelli che gli riescono "male" sono solo bellissimi:)

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