ogni minuto e ogni immagine sono importanti per un film necessario.
questi i cinema dove si può vedere, non perdete questa perla preziosa - Ismaele
Miracoli del cinema. L’argomento del primo film di finzione di Andrea Segre, fin qui ottimo so documentarista, sta in poche righe: giovane immigrata cinese vive uno strano, casto e impossibile amore con un anziano pescatore slavo di stanza a Chioggia, pure lui immigrato ma ormai assimilato a quel microcosmo durissimo. Il film dura 96 minuti e li vale tutti. A differenza di lavori che vantano sceneggiature alte come l’elenco del telefono e dopo 20 minuti sono già spompati. Questione di tempi, di volti, di luci, di atmosfere. In breve di densità. E di quella semplicissima «magia» che si chiama non detto.
Se Io sono Li ci incanta, pur sapendo (quasi) tutto dall’inizio, è perché gli attori sono meravigliosi, in testa Zhao Tao e Rade Serbedzija, dunque esprimono mille sentimenti muovendo sì e no due muscoli del viso. E perché Segre, con la complicità determinante di Luca Bigazzi, estrae dalla laguna un piccolo poema per immagini (con assoluta sobrietà, senza mai cadere nel pittoresco). Dosando con accortezza le parole e le poche scene madri per dare vita a un sottotesto (i due poeti, il gioco di rimandi fra la Cina e Chioggia, l’amore per il figlio lontano) semplicissimo e struggente. Un piccolo miracolo d’altri tempi. Che va al cuore del nostro presente.
Se Io sono Li ci incanta, pur sapendo (quasi) tutto dall’inizio, è perché gli attori sono meravigliosi, in testa Zhao Tao e Rade Serbedzija, dunque esprimono mille sentimenti muovendo sì e no due muscoli del viso. E perché Segre, con la complicità determinante di Luca Bigazzi, estrae dalla laguna un piccolo poema per immagini (con assoluta sobrietà, senza mai cadere nel pittoresco). Dosando con accortezza le parole e le poche scene madri per dare vita a un sottotesto (i due poeti, il gioco di rimandi fra la Cina e Chioggia, l’amore per il figlio lontano) semplicissimo e struggente. Un piccolo miracolo d’altri tempi. Che va al cuore del nostro presente.
…Per quelli che ‘fanno il cinema a Roma' e per cui un veneziano vale un triestino, il Veneto è un set popolato da improbabili abitanti che si limita a fare da sfondo a storie italiane altrettanto improbabili. Serviva evidentemente un po' di sangue di quella terra per raccontarne la sorprendente bellezza e per far crescere un film preciso nell'ambientazione e credibile nelle emozioni lambite ‘ogni sei ore' dalla Laguna. Partendo da un luogo esistente, ‘provocato', smontato e ricomposto attraverso l'osservazione soggettiva di un'immigrata, Andrea Segre lo mostra nelle concrete trasformazioni stagionali e nelle più sottili conversioni sociali…
…Di grande intensità e semplicità le interpretazioni dell'attrice cinese Zhao Tao e di un ancora vigoroso, con tracce dell'antico fascino, Rade Sherbedzjia nei panni di Bepi.
Magnifici come sempre il gentile pescatore Marco Paolini e l'antipatico avvocato Roberto Citran, impagabile il laido piccolo delinquente (troppo stupido per essere un grande criminale) Giuseppe Battiston.
Riconoscibile dal primo fotogramma l'inarrivabile fotografia di Luca Bigazzi, che riesce a cavare dal grigio delle nebbie lagunari sprazzi di autentica poesia.
…Se lo scambio tra i due protagonisti – stranieri – funziona bene concedendo poco spazio a cadute di stile e passaggi a vuoto, qualche problema viene a galla invece nel rapporto dei due con il resto del cast italiano. Battiston, Citran e Paolini suonano un’altra musica: e non è solo l’accento a essere diverso, ma la densità del gesto e della parola, la giustezza dei toni, l’intensità degli sguardi a fondare un sensibile e sgradevole scalino tra gli uni e gli altri. Segre dimostra di lavorare più comodamente nelle sequenze a due, nei momenti a più ridotto tenore narrativo, nelle “nature morte” sul paesaggio lagunare veneto. Ma il gusto e il senso cinematografico non sono omogeneamente distribuiti e anzi non mancano passaggi avvelenati da una faciloneria tipica della peggiore produzione nostrana. Io sono Li è l’esordio italiano più interessante e solido di questa edizione della Mostra; il suo stile controllato ripiana in parte il dislivello accumulato su altri fronti tra i film italiani e tutti gli altri.
E’ un’opera romantica, ben strutturata che pulsa di sentimento non solo in relazione a questa amicizia, che magari con gli anni poteva trasformarsi in amore, ma soprattutto per la terra natale. Sì, perché anche la laguna con le sue anse e la sua vita misteriosa diventa un personaggio della storia. I ritmi sono lenti, ma ben cadenzati, la fotografia pulita di Luca Bigazzi cerca di catturare le suggestive atmosfere della laguna, che racchiude in sé tratti antichi e moderni, poiché questa è la storia di oggi come d’allora. Bravissimi gli interpreti italiani a partire da Marco Paolini, Giuseppe Battiston e Roberto Citran che spesso si trovano a parlare in dialetto e su di loro si impone la delicatezza e dolcezza della figura di Shun Li, interpretata da una convincente Zhao Lao, attrice di fama internazionale.
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