gli Usa sono un paese fuori dalla storia.
in gara per gli Oscar, concorrente per la statuetta come miglior film straniero, c'era Minari.
il punto è che il regista è nato negli Usa, sia pure da genitori emigrati dalla Corea.
ed è anche un film sull'American Dream.
bisognerebbe chiudere quelli dell'Oscar nella clinica di McMurphy (qui) e vedere se rinsaviscono.
Minari è una storia di emigrati nel paese dove tutti, o quasi, hanno un antenato non Usa, ed è una storia edificante, nella quale pur tra mille difficoltà, quella famiglia ce la farà.
buon film, ma troppo sopravvalutato.
buona visione - Ismaele
…Minari aspira a saldare durante il suo stesso svolgimento le
fratture che presenta: toglie continuamente ai suoi personaggi – l’ictus della
nonna, la fine del matrimonio, l’incendio della fattoria – per fargli
comprendere la necessità dell’abbandono al fluviale flusso del divenire senza
arroccamenti di sorta (le lacrime della madre per le acciughe mangiate dopo
tanto tempo, il soffio al cuore di David trattato come una malattia
invalidante).
Questa specie di fenomenologia finale basata sul
principio causa-effetto disperde i tanti spunti disseminati nel corso del film
che, a netto di qualche escursione nel folklore religioso – il personaggio di
Paul – aveva saputo entrare con dolcezza nel cuore di una famiglia d’emigrati.
I semi del minari sono stati piantati biologicamente ma purtroppo raccolti
industrialmente.
… Chung
rappresenta con grande empatia le contraddizioni interiori e le emozioni
represse che animano i personaggi, a cominciare dai due coniugi, interpretati
in modo superlativo da Han Ye-ri e Steven Yeun (già notevole in Burning di Lee Chang-dong, e primo attore asioamericano a
ottenere una candidatura all’Oscar per il miglior attore). Se Monica si sforza
di contenere la rabbia e l’impulso di tornare coi figli in California, covando
il dubbio che il marito abbia anteposto le proprie aspirazioni al bene della
famiglia, Jacob patisce un conflitto che lo stesso Yeun ha paragonato alla biblica lotta di Giacobbe con l’angelo:
di fronte a una realtà che fatica a piegare ai suoi desideri, il suo sogno
imprenditoriale assume presto i caratteri dell’ossessione, ma è alimentato
anche dal senso del dovere che l’uomo avverte su di sé in quanto pater familias, convinto che i figli debbano vederlo avere successo in
qualcosa per avere stima di lui. All’etica individualistica del padre,
interessato soprattutto a una realizzazione da ottenere attraverso
l’indipendenza, nonostante i rischi della precarietà, si contrappone così la
visione materna, maggiormente orientata alla condivisione di affetti stabili,
in un dissidio che si ripercuote anche sull’educazione dei figli…
…A esacerbare ancora di più la situazione è l’arrivo della
nonna, personaggio anomalo, scardinato dal suo luogo natio per poter supportare
la figlia e avvicinarsi un po’ di più ai nipoti. Le difficoltà più grandi si
verificano con il piccolo David: la distanza culturale che sussiste tra la
nonna e David è in qualche modo emblematica. Appartengono a due mondi diversi,
due luoghi diversi, due concezioni di vita diverse. David è più attratto
dall’idea esistenziale del padre ma, con il tempo, impara a comprendere la
nonna e il suo modo un po’ rozzo di affrontare la quotidianità statunitense e
diventa quindi la sintesi attraverso cui costruire un futuro insieme. Ecco la
che la sfera intima e privata diventano l’assunto su cui si poggia l’intero
film che, alla fine, è un’analisi sulle dinamiche complesse di integrazione nei
fenomeni migratori e delle possibili soluzioni a tali problematiche. Perché
oltre a una riflessione sulla perversa corsa al successo di reaganiana memoria
e oltre a raccontare il modo in cui una famiglia, in un contesto difficile,
prova a rimanere compatta, Minari è un film sul complesso processo migratorio
e di integrazione. Da questo punto di vista, il film di Lee Isaac Chung
raccoglie la sfida tutta contemporanea di affrontare un tema caldo, soprattutto
per gli USA post-Trump, approcciandolo in maniera differente rispetto al
solito, mutando il punto di vista e la prospettiva…
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