in realtà Toni Servillo è bravo come sempre, e il bravo padre di famiglia (qualunque cosa voglia dire) lo interpreta benissimo.
gli sfondi del film, come tante scene, sembrano proprio tavole di fumetto (ciascuno deciderà se è un bene o no).
intanto buona visione - Ismaele
…Resta comunque un’opera dall'inizio veramente folgorante, scandito
dall’inconfondibile timbro vocale d’un Servillo che, essendo originario del
napoletano (esattamente, la sua città natia è Afragola), sa rendere
perfettamente le inflessioni e le intonazioni dialettali del personaggio da lui
incarnato, anzi, spesso vi gioca forzatamente di caricato gusto e, non poche
volte, durante i cento minuti di durata della pellicola, fa sì che il suo
manierismo interpretativo divori il character da lui personificato. Una simbiotica
mimesi attoriale, con tanto di calzante naso iper-adunco posticcio, così
carismatica ed esuberante da vampirizzare il film stesso, rendendolo un film
servilliano figlio, appunto, più del suo attore-monstre, per certi versi oramai autoriale, considerando
il suo coerentissimo excursus filmografico,
che del suo vero autore stesso, ovvero Igort. Il cui tardivo esordio alla regia
però, va detto e sinceramente riconosciuto, in particolare nella prima
mezz’ora, coi due stupendi capitoli Lacrime napulitane e La settimana enigmatica, centra appieno il bersaglio
poiché Igort sa riprodurre con fedele purismo pittoresco e straordinariamente
figurativo il suo stesso celebrato fumetto, vivificandolo e immergendolo in
melanconiche, squallide notti violentemente torpide della Napoli più povera,
una Napoli zingaresca popolata da un’umanità volgarmente simpaticissima e
irresistibile.
Purtroppo, a lungo andare il
film perde il suo fascino sanamente naïf sin a precipitare in un finale assai
frettoloso e anemico, privo di pathos. E non giovano neppure gli esagerati split screen che
compaiono ad libitum da
metà pellicola in poi…
…5 è il numero perfetto è un film freddo, snaturato, che lascia indifferenti e
ci tiene a debita distanza. Un film dove l'imprinting di Igort finisce per
essere schiacciato da un Servillo a briglia sciolta (come spesso succede quando
non c'è qualcuno a contenerlo) e da un mondo di luci e ombre iperrealiste e
patinate che non è il suo. Ecco perché è sempre preferibile che sia qualcun
altro ad adattare l'opera di un autore e non l'autore stesso. Film come Dick Tracy e Sin City sono lì a
ricordarci che è dall'incontro di due (o più) visioni distinte che spesso
avviene il miracolo.
…nonostante una certa distanza
dall’oggetto messo in scena – una regia che osserva, senza necessariamente
prendere parte – quel che emerge è la debolezza cronica di esseri umani che non
riescono mai davvero a trovare una via d’uscita dal putrido mondo in cui si
sono trovati a galleggiare. Ed è Peppino, con la sua sicumera triste, la sua
voglia svogliata di vendetta, la sua freddezza nell’omicidio, la sua infinita e
perfino dolce stolidità, a occupare l’epicentro narrativo, a dominarlo,
costringendo lo spettatore ad aderire a una carneficina insensata, e per questo
inevitabile. Igort esordisce alla regia indicando una via possibile per il cinema
di genere, più interessante e meno spettacolare – e per questo destinata a
essere meno capita – di quella che lanciò il nome di Mainetti solo pochi anni
fa.
…Difficile del resto aspettarsi di più da un’opera prima,
anzi, è già un quasi miracolo che riesca a battere un colpo almeno visivamente,
stabilendo che osare talvolta
paga anche dalle nostre parti. Ma, in definitiva, nonostante
l’indubbio entusiasmo e le buone intenzioni alla base, quello che altrettanto
rimane di 5 è il numero perfetto è una storia che sostanzialmente –
specialmente all’occhio distratto dello spettatore medio – rimastica per
l’ennesima volta tematiche già viste e ben note (forse è anche per questo che i
produttori hanno deciso di dare una chance a Igort …), che romanticizza ancora una volta la
criminalità e riflette solo superficialmente sulla moralità e l’onore…
…Ogni inquadratura del film sembra una tavola, che rievoca anche pittori contemporanei famosi.
Insomma, quasi un graphic novel in versione cinematografica. Il
film, con l’altissimo numero di morti ammazzati, possiede però una sua leggerezza e
una sua ironia e, se il contenuto è tragico, non suscita
particolari emozioni proprio per il suo tipo di linguaggio.
Gli interpreti, tra
cui risalta nella parte principale un bravissimo Toni Servillo ( (nel cast Valeria Golino e Carlo
Buccirosso), sono tutti all’altezza della situazione.
L’elemento più
inquietante è il paesaggio, cupo e quasi sempre sotterraneo.
Anche il finale, che cambia in
uno scenario caraibico, mantiene una ambiguità che sa di cartolina e di
cartongesso.
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