Lynne Ramsay non delude.
dopo Ratcatcher e Morvern Callar ecco il suo terzo lungometraggio.
madre e figlio, che rapporto bellissimo dev'essere, ma non fra Eva (una sempre bravissima Tilda Swinton) e Kevin, qui è un inferno, non come pensi, ma molto peggio.
un film che non fa stare tranquilli.
dopo Ratcatcher e Morvern Callar ecco il suo terzo lungometraggio.
madre e figlio, che rapporto bellissimo dev'essere, ma non fra Eva (una sempre bravissima Tilda Swinton) e Kevin, qui è un inferno, non come pensi, ma molto peggio.
un film che non fa stare tranquilli.
ecco QUI
il film completo, in italiano, se avete la forza, e ancora non vi ho spaventato abbastanza.
ci sarà una ricompensa, dopo la visione, quella di aver visto un grande film.
buona visione - Ismaele
ci sarà una ricompensa, dopo la visione, quella di aver visto un grande film.
buona visione - Ismaele
…il cuore del film è sicuramente nella storia d'amore tra
madre e figlio, un amore-odio, pieno di ambiguità e di non detti, fatto non si
sa bene se di troppa remissione, di eroica resistenza o di incontrollabile
destino. Lo porta in superficie Tilda Swinton, con la rigidità che è corazza
del personaggio, in verità esploso dentro, ma anche con una varietà di emozioni
ben impressionanti. Non la si vedeva così convincente dalla prova di Michael Clayton.
Sul fronte estetico il film è molto insistito. Troppo. Il colore del sangue è declinato e ripreso in tutti i modi possibili, con la sequenza dedicata e disturbante dei corpi imbrattati e annegati nel pomodoro - che setta immediatamente gli assi cartesiani della tragedia in corso, quello lirico e quello quotidiano, famigliare - e poi con la vernice, la marmellata, la stampa sulla T-shirt, le ferite, i bersagli. Anche il montaggio è studiatissimo, rimescolato al millimetro, costruito per la tensione. A questa estrema eleganza di modi e di temi del girato corrisponde e al contempo sfugge il tappeto sonoro, magnificamente lavorato, dal quale passa, senza soluzione di continuità, il flusso sentimentale del film: il dolore, la paura, la rabbia, lo sprazzo di felicità e la disperazione della protagonista.
Non tutto convince, in ... E ora parliamo di Kevin, ma il colpo arriva comunque allo stomaco, perfettamente assestato, come tirato con l'arco da un professionista
Sul fronte estetico il film è molto insistito. Troppo. Il colore del sangue è declinato e ripreso in tutti i modi possibili, con la sequenza dedicata e disturbante dei corpi imbrattati e annegati nel pomodoro - che setta immediatamente gli assi cartesiani della tragedia in corso, quello lirico e quello quotidiano, famigliare - e poi con la vernice, la marmellata, la stampa sulla T-shirt, le ferite, i bersagli. Anche il montaggio è studiatissimo, rimescolato al millimetro, costruito per la tensione. A questa estrema eleganza di modi e di temi del girato corrisponde e al contempo sfugge il tappeto sonoro, magnificamente lavorato, dal quale passa, senza soluzione di continuità, il flusso sentimentale del film: il dolore, la paura, la rabbia, lo sprazzo di felicità e la disperazione della protagonista.
Non tutto convince, in ... E ora parliamo di Kevin, ma il colpo arriva comunque allo stomaco, perfettamente assestato, come tirato con l'arco da un professionista
…Dall’omonimo romanzo
di Lionel Shriver, la Ramsey ha tratto un dramma familiare che sembra un horror
(Il presagio), intimista e sovraccarico di simboli. C’è persino troppo
stile, un’ombra di compiacimento nella confezione. Ma è un eccesso voluto, la
voglia di trasmette allo spettatore la stessa sensazione di disagio, di
doloroso soffocamento, della protagonista.
Lei, Tilda Swinton è immensa. Così martoriata da martoriarci. John C. Reilly è l’inutile padre perfetto; Ezra Miller, inquietante oltre ogni immaginazione. Una maschera che s’incrinerà solo nel finale quando, dopo due anni di silenzio, risponderà un’altra volta alla madre: “Perché l’ho fatto? Prima lo sapevo, ma ora non ne sono più tanto sicuro”.
E se anche il Male fa fatica a comprendere se stesso, può allora essere perdonato?
Lei, Tilda Swinton è immensa. Così martoriata da martoriarci. John C. Reilly è l’inutile padre perfetto; Ezra Miller, inquietante oltre ogni immaginazione. Una maschera che s’incrinerà solo nel finale quando, dopo due anni di silenzio, risponderà un’altra volta alla madre: “Perché l’ho fatto? Prima lo sapevo, ma ora non ne sono più tanto sicuro”.
E se anche il Male fa fatica a comprendere se stesso, può allora essere perdonato?
…Kevin è,
sia da bambino che da adolescente, tremendamente spietato. I suoi occhi
languiscono odio. Si fa incarnazione del Male che avviene "per nessuno
motivo, questo è il motivo" (risponderà così ai "perché?" della
madre) e farà solo un passo indietro quando, malato, richiederà le attenzioni
della madre, in una parentesi lunga il tempo di una debolezza. Non c'è una
spiegazione al Male che alberga in Kevin e il film si dispensa dal fungere a
trattato socio-psicologico. E' la stessa oscurità che risiede sommessa in
ognuno di noi e che, in alcuni casi, dirompe in tutta la sua potenza, se trova
un (sotto)suolo fertile. Eva e Kevin sono uniti da un cordone ombelicale mai
spezzato che anziché legare all'amore incondizionato, li ha stretti nella morsa
dell'odio reciproco (?). Sono vittima e carnefice l'uno dell'altro, laddove le
meschinità del figlio innescano e svelano quelle della madre. "La sconfitta della figlia è il
trionfo della madre? Mamma, il mio dolore è un tuo piacere segreto?" - ci si
chiede in "Sinfonia d'autunno" di Bergman. Entrambi sono
intransigenti, sentiamo in una parte del film, ma mentre l'intransigenza della
madre si manifesta in una visione della vita schematica che scarnifica le
sfumature (se mangi tanto ingrassi, se hai un figlio perdi l'individualità),
quella di Kevin sta nella sua abdicazione al male per il male. Interpretato da
un Ezra Miller diabolicamente perfetto, la
figura di questo figlio maledetto rischia di risultare artificiale nei suoi
eccessi, ma l'ingranaggio è ben costruito e anche l'eccesso appare meno
stucchevole…
…Ramsay
riesce nella difficile impresa di trattare anche le emozioni come fatti,
componendo il film come un organismo vivo, che pulsa e disturba, molto
affidandosi agli interpreti (Kevin è Ezra Miller, visto in Afterschool) e alla narrazione
franta, screziata dalle sghembe melodie di Jonny Greenwood (Radiohead); un film
che, non suggerendone nessuna, invita a molte letture (psicanalitiche,
sociologiche, anche politiche), ma senza crogiolarvisi, anzi, preferendo la
sospensione dei dibattiti e ponendo sul piatto il rapporto tra una madre
Antagonista (il conflitto è continuo e si gioca su un terreno che è palese solo
per i due contendenti), Vittima (l’episodio del braccio rotto è quello che
stabilisce il gioco di potere di Kevin sulla donna: il bimbo sa di avere
un’arma e sa che lei ne è consapevole), Totem (Kevin, sorpreso ad ammirare la
gigantografia di Eva esposta nella vetrina della libreria, darà voce, a suo
modo, al suo protagonismo) e Rifugio (la prostrazione della malattia abbassa le
difese del bimbo e smaterializza il suo copione quotidiano, scoprendolo per
quel che è: attaccato alla madre, insofferente verso la sollecitudine
entusiasta e asfissiante del padre) e un figlio che se ne fa specchio deformato
(il volto di Eva e Kevin si confondono nell’acqua) e che più che per vendicarsi
di lei lasciandola viva e sola in un deserto, sembra distruggere ogni ostacolo
(casa, padre, sorellina, passato materno – remoto e prossimo -) per un resetmostruoso che gli
consenta, infine, di amarla ed esserne amato. Nel dolore, ma liberamente.
…Il
talento della regista si conferma nell’intensità di alcuni dettagli e
divagazioni nella trama visuale del quotidiano, nell’eleganza dei raccordi
temporali e negli accordi stridenti fra immagini e tappeto sonoro, come quando
vediamo Eva abbandonarsi al ‘sollievo’ di un martello pneumatico che copre gli
strilli incessanti del marmocchio o quando si trova attorniata da maschere di
Halloween che sfilano con la tintinnante Everyday di Buddy
Holly in sottofondo. Purtroppo questi spunti felici finiscono per accatastarsi
in un catalogo di vezzi autoriali e il film indulge troppo nella fascinazione
per il suo tessuto visivo, che progressivamente perde di tenore drammaturgico,
si sfibra e lascia scoperto soprattutto un simbolismo materico tanto pesante
quanto privo di sostanza. Del resto questa esibizione insistita, per quanto
possa irritare, non merita nemmeno di essere liquidata come puro compiacimento
formalista o ingenua velleità manipolatoria. Nell’esplicita volontà di shock
con cui Ramsay inquadra e monta il film potrebbe infatti risiedere la sua unica
riuscita estetica, in quanto narrazione disgregata e paradossale di una
condizione post-traumatica: allora l’aggressione sensoriale nei confronti dello
spettatore si giustifica soprattutto come un tentativo di esprimere lo
sconvolgimento psichico di Eva e, per quanto questo risulti a volte maldestro,
almeno nell’interpretazione attonita e disincarnata della Swinton bisogna
riconoscere una rappresentazione esemplare di soggetto shockato. Purtroppo il
film, come i suoi personaggi, sembra restare intrappolato nel gioco di riflessi
dell’immaginario, rifiutandosi di affrontare davvero l’irruzione del Reale che
ogni trauma porta con sé.
Ottimo
dramma...e anche piuttosto disturbante.
Il film non è assolutamente confusionario, anzi nel suo complesso andare avanti e indietro nel tempo è molto preciso e chiaro nel raccontare, certo non è un film leggero e soprattutto deve essere seguito attentamente e senza distrazione per cogliere la ricostruzione dei fatti adeguatamente.
Ed è proprio questa ricostruzione che mantiene acceso l'interesse e mi invoglia a continuare entusiasta la visione.
I dettagli della storia vengono sapientemente svelati a poco a poco facendo intuire lentamente ciò che succederà fino all'atroce finale.
Recitazione ottima degli attori, la Swinton da Oscar.
Anche le musiche sono adatte, sempre un pò allegre vanno a generare un contrasto fortissimo con la drammaticità delle situazioni che si creano.
Una lunga planata sul rapporto tra genitori e figli che senza approfondire troppo lascia più spazio all'insensata cattiveria dell' essere umano.
Averne di drammatici con questi risultati; molto attuale come tema.
Consigliatissimo ma forse non per tutti.
Il film non è assolutamente confusionario, anzi nel suo complesso andare avanti e indietro nel tempo è molto preciso e chiaro nel raccontare, certo non è un film leggero e soprattutto deve essere seguito attentamente e senza distrazione per cogliere la ricostruzione dei fatti adeguatamente.
Ed è proprio questa ricostruzione che mantiene acceso l'interesse e mi invoglia a continuare entusiasta la visione.
I dettagli della storia vengono sapientemente svelati a poco a poco facendo intuire lentamente ciò che succederà fino all'atroce finale.
Recitazione ottima degli attori, la Swinton da Oscar.
Anche le musiche sono adatte, sempre un pò allegre vanno a generare un contrasto fortissimo con la drammaticità delle situazioni che si creano.
Una lunga planata sul rapporto tra genitori e figli che senza approfondire troppo lascia più spazio all'insensata cattiveria dell' essere umano.
Averne di drammatici con questi risultati; molto attuale come tema.
Consigliatissimo ma forse non per tutti.
…“e ora parliamo
di Kevin” è un film complesso, le cose da dire sono tante, forse troppe.
Sicuramente questa recensione non sarà esaustiva, anche perché è una pellicola
che si presta molto ad un’interpretazione soggettiva, quindi è probabile che
molti non concordino con quanto è stato detto.
È però indubbio il fatto che
sia realizzato con una cura maniacale per i particolari, da ogni punto di
vista. Il sonoro, il montaggio, la regia sono tutti studiati per creare
un’esperienza unica: un viaggio all’interno della mente della protagonista.
Gli attori regalano delle performance straordinarie, soprattutto Tilda Swinton qui alle prese con quella che forse è la sua migliore interpretazione di sempre.
Siamo davanti ad un film veramente straordinario e purtroppo non conosciuto come dovrebbe, nonostante non siano mancati vari riconoscimenti.
Gli attori regalano delle performance straordinarie, soprattutto Tilda Swinton qui alle prese con quella che forse è la sua migliore interpretazione di sempre.
Siamo davanti ad un film veramente straordinario e purtroppo non conosciuto come dovrebbe, nonostante non siano mancati vari riconoscimenti.
…Quello che sorprende de film non è solo la capacità di raccontare ma la
grandissima qualità dell'insieme.
La regia è strepitosa, gioca con i dettagli in una maniera straordinaria (le unghie e le palline di pane disposte sul tavolo, la capacità di cogliere gli sguardi- quel bersaglio nella pupilla è quantomai emblematico), regala di continuo sequenze e inquadrature di classe, tutto supportato da una sceneggiatura che gioca perfettamente con 3,4 piani temporali, sa dosare i silenzi e le poche battute, dissemina nel film pochi ma decisivi rimandi (vedi il libro di Robin Hood), senza farsi mancare una fortissima carica metaforica, soprattutto nelle innumerevoli scene in cui la madre pulisce. Tutto quel rosso, di pomodori, di vernice, di marmellata, tutto è segno premonitore o, al contrario, di elaborazione del lutto dell'incredibile tragedia che verrà.
Livelli altissimi anche in colonna sonora, quasi tutta concentrata nei viaggi in macchina della madre.
Gli attori sono magnifici, Tilda Swinton, novella Shelley Duval di Shining per fattezze e ruolo, è su livelli incredibili e anche Ezra Miller, con quello sguardo acerbamente assassino non gli è da meno. Curioso come Miller abbai già interpretato un ruolo quasi identico in un altro film, Afterschool (pellicola come al solito massacrata da tanti ed esaltata da me, son troppo buono, è un dato di fatto)…
La regia è strepitosa, gioca con i dettagli in una maniera straordinaria (le unghie e le palline di pane disposte sul tavolo, la capacità di cogliere gli sguardi- quel bersaglio nella pupilla è quantomai emblematico), regala di continuo sequenze e inquadrature di classe, tutto supportato da una sceneggiatura che gioca perfettamente con 3,4 piani temporali, sa dosare i silenzi e le poche battute, dissemina nel film pochi ma decisivi rimandi (vedi il libro di Robin Hood), senza farsi mancare una fortissima carica metaforica, soprattutto nelle innumerevoli scene in cui la madre pulisce. Tutto quel rosso, di pomodori, di vernice, di marmellata, tutto è segno premonitore o, al contrario, di elaborazione del lutto dell'incredibile tragedia che verrà.
Livelli altissimi anche in colonna sonora, quasi tutta concentrata nei viaggi in macchina della madre.
Gli attori sono magnifici, Tilda Swinton, novella Shelley Duval di Shining per fattezze e ruolo, è su livelli incredibili e anche Ezra Miller, con quello sguardo acerbamente assassino non gli è da meno. Curioso come Miller abbai già interpretato un ruolo quasi identico in un altro film, Afterschool (pellicola come al solito massacrata da tanti ed esaltata da me, son troppo buono, è un dato di fatto)…
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