giovedì 24 marzo 2016

Ave Cesare! (Hail, Caesar!) – Fratelli Coen

un atto d'amore al cinema con cui i due fratelli e noi siamo cresciuti, non ha la linearità dei loro film migliori, dove c'è una trama forte e alcune digressioni.
qui la trama è debole e quello che ci sta intorno o lateralmente si impone sulla trama, come in uno di quei romanzi moderni dove non c'è un centro, apparentemente.
il personaggio di Mannix è quello che tiene il pallino della storia, tante cose accadono, ma poi per una forza magnetica tutto ritorna a lui, e grazie a lui conosciamo un sacco di storie laterali, spesso altri film in nuce, che restano tali.
e quando Mannix sceglie cosa fare con la Lockheed tutti gioiamo con lui.
e poi si parla a Cristo e di Cristo, in modo naturalmente laterale, per giocare con le religioni o le scene madri (George Clooney insegna).
se la squadra del vostro cuore ha vinto, brindate con un film dei fratelli Coen, se ha perso consolatevi con un film dei fratelli Coen (come si diceva, mutatis mutandis, a Tutto il calcio minuto per minuto).
un film dei fratelli Coen merita sempre, buona visione - Ismaele





…Si assiste perfino con imbarazzo alla visione di questo fiacco film, perfino con un pizzico di vergogna per essere stati a suo tempo anche noi, i più vecchi, prigionieri di quelle mitologie, ormai fuori corso da anni.
Si ritrovano i Coen in tante piccole cose marginali, e nella scena formidabile della discussione tra i rappresentati delle varie religioni consultati da Mannix affinché il film biblico della sua casa non ne offenda nessuna, alla quale fa però da contrappeso quella solo idiota della riunione degli sceneggiatori comunisti. Ma abbiamo assistito ad altri passi falsi dei Coen, e ci auguriamo che anche in futuro possano tornare a stupirci e a rallegrarci con la loro verve e la loro intelligenza.

È vero che in quest’ultimo film dei Coen c’è un senso del mestiere del cinema, del produrre finzione con cinismo per soldi, del trasformare idioti in stelle, del realizzare oro dallo schifo, cioè da uomini e donne pessime, e tutto attraverso la tecnica, l’industria, la catena di montaggio: in una parola “il sistema” superiore agli uomini, anche ai comunisti che complottano contro di esso. Eppure, per quanto suoni strano e contraddittorio scriverlo solo qui nel rintano delle ultime righe, questo è anche uno dei film più sciapi dei fratelli Coen. Una commedia che non diverte, un film sofisticato che lo è molto di più nelle sue premesse e implicazioni che nella realtà dello svolgimento, per giunta montato a ritmo blando…

Ave, Cesare! segna il ritorno dei fratelli Coen alla commedia flippatissima, completamente fuori di cozza, surreale, sopra le righe, fondamentalmente scema. E, per quanto ci siano lampi improvvisi di quell'approccio anche in A Serious Man e A proposito di Davis, era da Burn After Reading, quindi da quasi un decennio, che non la buttavano così brutalmente sul ridere. È anche un film che, per la sua stessa natura tutta bizzarra e che si fa gli affari suoi, è forse destinato a dividere tanto quanto un po' tutto quello che i due fratelli hanno diretto dopo il trionfo di Non è un paese per vecchi, perché, non è che ci si possa girare attorno, un'opera con questa personalità così assurda la puoi apprezzare solo se per qualche strano motivo ti ci trovi fortemente in sintonia, mentre chi la odia ti accuserà di essere un fan acritico. Insomma, è la solita storia…

…Ma in mezzo a tutte queste grandi scene, in mezzo a quest'atmosfera di ricostruzione praticamente perfetta, ecco che abbiamo tante magagne.
La storia principale è debolissima, così debole che forse la si poteva anche togliere a quel punto preferendo una sceneggiatura pazza senza tante basi d'appoggio.
Alcune storie laterali, come quella della Johansson, sono così inutili, scollegate e poco interessanti da rimanerne sbalorditi.
Questo sembra il film manifesto del McGuffin.
Non penso solo alla valigetta, a ben pensarci inutile ai fini della trama (forse proprio per questo viene fatta inabissare) ma a vere e proprie vicende che paiono importanti, smuovono la narrazione, ma alla fine si rivelano o inutili, o false piste, o non completate…

Al termine divertissement è costume della critica accostare alcune opere più disimpegnate o meno riuscite di autori importanti, il che significa inserirli in una categoria ben specifica, che è quella delle "opere minori". Ma un'opera più leggera o, volendo restare vicini al significato del termine, realizzata per divertimento dall'autore , è necessariamente "minore"? Qui si entra nel vivo di una questione assai dibattuta e che non avrà termine, che ha visto nel cinema postmoderno alcuni beniamini dei cinefili realizzare opere spartiacque che per una frangia della critica erano meri divertissement, giochetti meta e citazionisti. Adesso che gli alfieri di quel cinema, quali sono stati a tutti gli effetti Joel e Ethan Coen, sono considerati dei maestri, dei classici contemporanei, tutto ciò è stato riqualificato, scoprendo nuove profondità che prima non esistevano (o non si coglievano). E cosa dire, allora, di "Ave, Cesare!", lungometraggio numero 17 degli impareggiabili registi di Minneapolis? "Ave, Cesare!" è, checché se ne dica, un divertissement e visto che dietro a questo  ludico gioco di prestigio cinematografico vi stanno le menti creative dei Coen, non avrebbe bisogno di altre giustificazioni per essere nobilitato…

2 commenti:

  1. io so che i Coen sono elogiati alla grande, e che i loro film sono sepre attesi con immenso entusiasmo... tuttavia, tra questo e "A proposito di Davis"... mamma mia!

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    1. se pensi a "Fargo" o a "Il grande Lebowski", per dirne solo due, l'ultimo film è un esercizio di stile...

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