dopo l'Ermitage di Arca Russa tocca al Louvre.
è tutta un'altra cosa, il museo russo ha ispirato un film unico, praticamente senza storia, un godimento per gli occhi.
Francofonia è più film, ma colpisce meno, storie che si sovrappongono e coesistono, ma il film non decolla, come se ci fosse troppa carne al fuoco.
i due curatori del museo, il francese e l'occupante tedesco, collaborano per il bene dell'arte e del museo, quasi una storia agiografica.
ma la storia de Il silenzio del mare, prima di Vercors e poi di Jean-Pierre Melville era un'altra cosa - Ismaele
è tutta un'altra cosa, il museo russo ha ispirato un film unico, praticamente senza storia, un godimento per gli occhi.
Francofonia è più film, ma colpisce meno, storie che si sovrappongono e coesistono, ma il film non decolla, come se ci fosse troppa carne al fuoco.
i due curatori del museo, il francese e l'occupante tedesco, collaborano per il bene dell'arte e del museo, quasi una storia agiografica.
ma la storia de Il silenzio del mare, prima di Vercors e poi di Jean-Pierre Melville era un'altra cosa - Ismaele
…Sokurov abbandona la forma più classica del cinema, quella che egli stesso ha contribuito ad innovare pesantemente negli ultimi anni con un uso incredibile della messa in scena digitale, per aprirsi alle contaminazioni con il falso documentario. Tutto quel che viene detto sul Louvre è vero ma la forma del film è quella dei documentari fasulli. Le immagini giocano, mentono e si divertono mentre l’unica componente importante sono le parole del regista e come si sposino con i filoni marginali del film (la presenza di Napoleone e della Marianna, il capitano di una nave in tempesta che trasporta dentro a grossi container le opere del Louvre e via dicendo).
Il limite di questo film è tutto qui, nel fondarsi sulla parola, sulla pontificazione intorno all’arte. Tanto lo spunto è affascinante quanto la resa è banale e le conclusioni di una semplicità disarmante…
Francofonia è
altra cosa. Non solo per il talento cinematografico, lo spessore umano del
regista Aleksandr Sokurov, ma perché va oltre il film per come lo consociamo
oggi: si direbbe d’impronta godardiana, per quanto e come riflette sul
linguaggio cinematografico, ibrida e mashuppa filmico e profilmico, si
destreggia tra formati, supporti, suoni, rumori, selezione e combinazione dei
segni.
Francofonia è meta-film e oltre il film, perché se
l’arte è destinata a perire tra i marosi mondani, che sono insieme della natura
e della politica umana, entrambe senza coscienza, non c’è tempo. Bisogna fare
in fretta, bisogna fare cinema….
…Lo scandalo, se di scandalo vogliamo proprio parlare,
sta qui: il collaborazionismo, se non franco-tedesco tout court, di certo tra
Metternich e Jaujard ha salvaguardato le opere d’arte, mentre sul fronte russo
i nazisti avrebbero messo a ferro e fuoco l’Hermitage bolscevico. Due pesi, due
misure: Sokurov non ignora ed echeggia l’Aleksandr Nevskij, ma più che affondo
geopolitico, pare un monito e, insieme, un grido di dolore per troppe notti
bianche, che a San Pietroburgo durante la guerra si mangiavano anche i bambini,
e non per manifesto comunismo. Chissà, comunque, se oltre, probabilmente, agli
screzi con il direttore e l’entourage del Louvre il mancato passaggio a Cannes
sia da addebitarsi a questo collaborazionismo…
…Francofonia è più affine al genere del film-saggio che
al film di poesia da cui Sokurov era partito, un modello che oggi ha una
vitalità e una attualità centrali nella cultura contemporanea, e a quella
ibridazione tra documento vero e documento finto, di bianco e nero e colore, e
all’indicazione sicura di vero e di reinventato, sempre accompagnati dalla voce
fuori campo dell’autore. È retto da una dialettica tesa e convincente, da una
riflessione sensata sul rapporto con l’arte della cultura europea…
…"Francofonia" è un film stratificato: in
parte documentario con filmati di repertorio, in parte ricostruzione
storica, in parte armoniosa elegia, in parte divagazione libera
e sperimentale. Simile, a tratti, nell'andamento, alle più recenti opere
di Godard. L'operazione è affascinante
proprio in quanto ibrida: audace forse non meno di quanto lo fosse il
titanico piano sequenza di "Arca Russa", dalla perfezione formale
intimidente.
"Tutto ciò che esiste è qui": il Louvre di Sokurov è metonimia del mondo, arca universale. In esso, ogni epoca, ogni civiltà è chiamata a raccolta, all'ombra della Nike di Samotracia dalle meravigliosi ali. ...La vittoria alata, priva di testa, che celebra, ancora una volta, un trionfo militare. Il potere che calpesta l'arte è lo stesso che ne ha bisogno; l'arte si trova costretta a cercare di sopravvivere alle intemperie della Storia, ma dalle vicissitudini umane trae alimento. Anche dalle più terribili, e proprio il cinema di Sokurov è lì a dimostrarlo. Dal triviale scaturisce il sublime, come scintilla da un attrito. Anche la scintilla del genio artistico.
"Tutto ciò che esiste è qui": il Louvre di Sokurov è metonimia del mondo, arca universale. In esso, ogni epoca, ogni civiltà è chiamata a raccolta, all'ombra della Nike di Samotracia dalle meravigliosi ali. ...La vittoria alata, priva di testa, che celebra, ancora una volta, un trionfo militare. Il potere che calpesta l'arte è lo stesso che ne ha bisogno; l'arte si trova costretta a cercare di sopravvivere alle intemperie della Storia, ma dalle vicissitudini umane trae alimento. Anche dalle più terribili, e proprio il cinema di Sokurov è lì a dimostrarlo. Dal triviale scaturisce il sublime, come scintilla da un attrito. Anche la scintilla del genio artistico.
… Certes,
d’un point de vue technique et artistique, le film a de belles images à
proposer, livre ses trois parties selon différents formats et changements
d’échelle, et témoigne d’un réel travail pictural. Mais le rythme est trop
lent, et les passages où le réalisateur semble se parler à lui-même trop
fréquents, laissant le spectateur au bord de la route, bien mal aisé de
partager sa vision. Ainsi, Francofonia plonge peu à peu dans le hors-sujet, occultant
le traitement du Louvre sous l’Occupation, réduit à quelques saynètes avec
personnages en uniforme nazi errant dans les couloirs du plus grand musée de
France. La réflexion humaniste sur l’art, c’est bien. Répondre à sa propre
problématique, ça aurait été encore mieux. Dommage.
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