Quentin Tarantino va a manifestare con le famiglie
delle vittime uccise dalla polizia e la polizia invita al boicottaggio dei suoi film.
“Quando vedo degli assassini
non posso far finta di nulla...devo chiamare un omicidio un omicidio e devo
chiamare assassini degli assassini.
Sono un essere umano con
una coscienza. Se penso che sia avvenuto un omicidio allora sento il bisogno di
reagire e oppormi. Sono qui per dire che sono dalla parte delle vittime” (qui).
ecco un motivo per
andare al cinema a vedere il film, se non sei un poliziotto obbediente.
ci sono tanti altri
motivi per vederlo, naturalmente.
la grandezza dello schermo è avvolgente e
rara, aspettare di vederlo solo a casa non conviene (anche se purtroppo ho visto
la versione da 167 minuti e non quella da 187 minuti).
nelle varie interviste
Tarantino (a cui piace il cinema) elenca 39 film (qui) che ha citato o lo hanno influenzato per The
Hateful Eight.
il film è ricco, quindi,
con una struttura ad incastro che ricorda Dieci piccoli indiani.indiani
non ce n'è, tutti sono bianchi, tranne un nero (anzi due, ma si saprà dopo).
il nero è Samuel L.
Jackson, e come tutti i neri non è ben visto.tutti fingono, tutti dicono
qualche bugia o non dicono tutta la verità, un po' come i cretesi o i
personaggi di Pirandello, che hanno un autore, un vero deus ex
machina, Tarantino va più in là, nessuno resta vivo, lui sa tutto e ce lo
racconta, chissà se dice la verità, ma abbiamo pagato il prezzo per un
film normale, d'altronde, mica possiamo pretendere anche la verità.
i giudizi che si leggono
in giro sono vari, fra il brutto e inutile al capolavoro, magari è solo un gran
bel film vecchio stile.
ciascuno giudichi da sé,
come sempre.
buona visione - Ismaele
la grandezza dello schermo è avvolgente e rara, aspettare di vederlo solo a casa non conviene (anche se purtroppo ho visto la versione da 167 minuti e non quella da 187 minuti).
…Tarantino, celebrando il cinema che ha
sempre amato, restituisce al mittente ciò che ha sempre odiato, sfruttando
proprio l’irripetibilità auratica di un evento merceologico pensato come unico.
Creando un agguato feticistico, Tarantino affonda le sue mani nelle piaghe
dello stato dell’unione. E non fa prigionieri.
The Hateful Eight, inoltre, nella sua enorme complessità di oggetto composito, come è composito lo sguardo di Tarantino, rivela una volta per tutte l’adesione ideale del cineasta alla grande stagione del cinema della Nuova Hollywood degli anni Settanta.
Tarantino vuole appartenere alla classe dei Penn, dei Peckinpah, degli Altman e così via. Il cinema italiano di genere, è il suo giardino dei giochi d’infanzia al quale tornare sempre e comunque. Ma è la tradizione del grande cinema statunitense alla quale lui vuole appartenere.
E con The Hateful Eight mette piede in Arcadia a titolo pienissimo.
Il cinema statunitense raramente è stato più politico.
The Hateful Eight, inoltre, nella sua enorme complessità di oggetto composito, come è composito lo sguardo di Tarantino, rivela una volta per tutte l’adesione ideale del cineasta alla grande stagione del cinema della Nuova Hollywood degli anni Settanta.
Tarantino vuole appartenere alla classe dei Penn, dei Peckinpah, degli Altman e così via. Il cinema italiano di genere, è il suo giardino dei giochi d’infanzia al quale tornare sempre e comunque. Ma è la tradizione del grande cinema statunitense alla quale lui vuole appartenere.
E con The Hateful Eight mette piede in Arcadia a titolo pienissimo.
Il cinema statunitense raramente è stato più politico.
…Tarantino si diverte a raggiungere i
limiti-tarantino in ogni componente del film, Lui può dialogare 40 minuti su
una mosca che scoreggia perchè lui è tarantino che sta usando i
limiti-tarantino.
Lui può caricare i suoi personaggi fino ai limiti-tarantino.
Lui può essere cinico e violento fino ai limiti-tarantino.
Lui può eccedere dovunque, perchè dovunque ha portato i suoi limiti a livelli altissimi.
O.k, sì, ormai lui crede che dapertutto può far quello che vuole. Ma poi ci sono spettatori che lo stimano molto, come me, ma che non lo idolatrano, che vorrebbero dirgli "Ehi, Quentin, stai andando un tantinello oltre, non è che ti puoi permettere tutto eh, rischi di sbracare".
E, infatti, il primo tempo di Hateful Eight è uno sbracamento di dialoghi da restarci secchi se non sei del fan club…
Lui può caricare i suoi personaggi fino ai limiti-tarantino.
Lui può essere cinico e violento fino ai limiti-tarantino.
Lui può eccedere dovunque, perchè dovunque ha portato i suoi limiti a livelli altissimi.
O.k, sì, ormai lui crede che dapertutto può far quello che vuole. Ma poi ci sono spettatori che lo stimano molto, come me, ma che non lo idolatrano, che vorrebbero dirgli "Ehi, Quentin, stai andando un tantinello oltre, non è che ti puoi permettere tutto eh, rischi di sbracare".
E, infatti, il primo tempo di Hateful Eight è uno sbracamento di dialoghi da restarci secchi se non sei del fan club…
…Ed è curioso come e quanto i charachters tutti d'un pezzo
che tanto hanno fatto la fortuna della settima arte del passato siano spazzati
via in favore di quelli che, al contrario, vivono di sfumature, profondamente
umani nel loro essere in bilico tra senso comune ed istinti primordiali: e nel
film meno "musicato" - nonostante il lavoro splendido di Morricone -
di Tarantino a fare la parte del leone sono soprattutto i personaggi, pensati e
sentiti profondamente dal Quentin sceneggiatore, prima che regista, coccolati nel
bene e nel male dal primo all'ultimo minuto, ed a prescindere dal tempo
concesso agli stessi davanti alla macchina da presa.
The hateful eight diviene, dunque, una versione della
maturità de Le iene, un dramma da interno che potrebbe essere inserito in qualsiasi
contesto ed epoca, vissuto più come una lettura dell'animo umano - ed in
particolare statunitense - che non come un omaggio al Cinema di genere che
tanto Tarantino ha dichiarato di amare: e senza dubbio, è uno dei suoi lavori
più puri, in termini di settima arte…
C’è chi si diverte da matti a vedere tre
ore di uno splatter cupo e mortuario girato con inutile maestria da un
citazionista accanito che gode a mostrare sangue e vomito e agonie e a
ricordarci sghignazzando che tutto è urlo e furore, l’Uomo e la Storia, e c’è
anche chi, come me che qui scrivo, si annoia e sbadiglia.
Certo, si ammira l’abilità tecnica, e si
pensa che, ahinoi, qualcosa di vero c’è nella visione del mondo che hanno i
tarantini e i tarantinati, ma non si può fare a meno di compiangerli, pronti
come sono ad applaudire i massacri e forse anche a massacrare, ma non ancora a
farsi massacrare come è probabile che possa invece capitare anche a loro, dato
lo stato del mondo e delle cose…
…The Hateful Eight is a repugnant film. It marks the
third time that Tarantino has projected his revenge fantasies into the past in
order to settle scores cinematically. First, he sent Jewish-American soldiers
to unleash hell on the Nazis in Inglourious
Basterds (fighting fascism
with fascism, as we said at the time). Then came Django Unchained and the massacre of slave-owners. Now
Tarantino drains the racists of the post-Civil War United States of their blood
as well.
With each new film, Tarantino is compelled to
outdo himself in terms of violent imagery and a depraved scenario. One of the
most disturbing sequences inThe Hateful Eight involves a story told by Warren to
General Smithers, who has come to Wyoming to provide a tombstone for the grave
of his son, missing and presumed dead…
…Parlano allo sfinimento gli hateful eight e quando esauriscono le parole,
caricano i colpi e si sparano addosso. Tarantino insiste sul cambio di marcia
realizzato con Bastardi senza gloria e sulla politicizzazione del suo cinema, svolta in
superficie dalla contaminazione di immaginari e iconografie, innescata al fondo
nei dialoghi e portata alle stelle da personaggi che hanno (anche) qualcosa di
serio da dire. Dopo aver rinfacciato al western americano classico il suo
razzismo e restituito colpo su colpo i torti cinematografici inflitti da D.W. Griffith (Nascita di una nazione), Tarantino guadagna al suo eroe nero un diverso ruolo
sociale. Samuel L. Jackson, 'negro di casa' infame in Django Unchained, scende in campo e
guadagna sul campo (di battaglia) la sua libertà…
…Tarantino orchestra la sua danza infernale con occhio
mai indulgente verso i suoi personaggi – per la prima volta nel suo cinema non
esiste la possibilità di uno schieramento, quale che sia, visto che tutti gli
attori in scena sono bastardi, stavolta davvero senza alcuna gloria da
reclamare – e dà ulteriore dimostrazione della sua sapienza registica.
Basterebbe la sequenza in cui Warren rievoca al generale Smithers il modo in
cui umiliò e uccise suo figlio Charles, con gli occhi del vecchio Bruce Dern
che si stagliano in sovrimpressione sulla montagna innevata, o il cambio di
fuoco a creare un ipotetico campo/controcampo mentre la prigioniera Daisy
Domergue canta Jim Jones At Botany Bay, per inserire The Hateful Eight tra le visioni indispensabili di
questi anni. Mentre altrove si cerca nella maestosità della natura il senso
dell’umano e dell’americano (Revenant – Redivivo di Alejandro González Iñárritu, ovviamente), Tarantino
riduce tutto a una serie di assi malmesse, e a uno scalcinato camino. Niente
orsi, niente nativi belligeranti, nessun fiume in piena. Solo l’uomo, con le
sue “qualità” inestirpabili come la gramigna: qualità che parlano di violenza,
sopraffazione, ingiustizia, razzismo, crudeltà, livore. Se una redenzione è
possibile, passa solo una volta di più attraverso l’omicidio. Eppure da qualche
parte, in un altro non luogo come la Casa Bianca, un presidente degli Stati
Uniti abbandona l’amico di penna perché la moglie ha oramai preparato il letto
per la notte. Ma la Storia, si sa, non è mai quella che viene davvero
raccontata…
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