raramente un film ti fa star male come Venere nera.
chissa quante Saartjie hanno popolato il mondo, nel film Abdellatif Kechiche lo (di)mostra, ci fa vedere solo una Saartjie, ma la visione è spesso insostenibile, non per colpa del regista (anzi è un suo merito), ma perchè quelle cose sono successe.
aspettate i titoli di coda, e vedrete.
un film imperdibile, da non perdere.
buona (insostenibile) visione - Ismaele
…Applaudito e fischiato in egual misura alle proiezioni
per la stampa, questo di Kechiche è un film facile da odiare perché
(giustamente) non cerca di addolcire la pillola agli spettatori pur non facendo
mai pornografia del dolore. La vicenda di Saartjie è infatti ripresa con
eleganza ma non per questo in maniera soft, perché è
proprio la storia a turbare, non le immagini. La storia di un donna che
proclama la propria libertà pur essendo poco più di una schiava, che si
dichiara un’attrice pur facendo solo parte di un freak show, che si sforza di conservare la propria
dignità anche davanti agli scienziati dell’Accademia Reale di Medicina di
Parigi. Una donna che, però, non riesce ad evitare il suo più completo
svilimento prima davanti all’alta società parigina e poi per le strade della
capitale francese.
L’esordiente Yahima Torrès
offre anima e corpo a un personaggio complesso, un personaggio forte e scritto
benissimo, che non stupirebbe se la portasse al Premio Mastroianni a Venezia 2010. Le
fotografie che Kechiche fa di Londra e Parigi possono forse sembrare artefatte
ma sono comunque funzionali ed efficaci, e la sua regia appare calda come
sempre nonostante il tema sia decisamente meno piacevole da raccontare e da
sentirsi raccontare rispetto alle sue opere precedenti. Forse Venere nera non è una pellicola capace di portare
al cinema le masse, soprattutto in Italia, ma non è neanche un film che merita
le accuse e i fischi che ha ricevuto al Lido. Anzi, è un film che merita di
essere visto.
…un dramma non solo straziante ma, per
esplicità volontà del regista, profondamente disturbante. La terribile odissea
della protagonista, il suo scivolare lento e inesorabile verso il vicolo cieco
della degradazione totale e della morte, è riportato da Kechiche attraverso
una struttura a spirale, ciclica ed ossessivamente ripetitiva, per logorare i
nervi, gli occhi e il cuore dello spettatore di pari passo con il precipitare
di Saartje.
Mai gratuito, persino quando l’essenzialità cede
il passo a qualche momento didascalico di troppo (ma sono minuzie), Venere
nera non risparmia niente e nessuno. Con pochi colpi di
cinepresa, Kechiche disvela delle responsabilità e delle insensibilità che
toccano tutti i livelli e tutte le istituzioni della società europea
dell’epoca: il potere giudiziario (e politico), quello religioso, la scienza,
il giornalismo, le classi sociali più basse così come quelle più alte, passando
per tutto quello che c’è in mezzo. E per quanto la storia della Baartman sia un
emblema dello spregevole razzismo di ieri e di oggi, il regista non dimentica
di enfatizzare l’elemento sessista della vicenda, né la natura crudele
dell’animo umano…
…quella di Saartjie è una massa sempre più minata dalla
malattia, stanca di vivere, costretta a ripetere l’oscenità dei soliti numeri
porta dentro di se un cancro indotto che è anche quello di uno sguardo
glacialmente pornografico capace di sovrapporre orrore e commozione cosi da
renderli indistinguibili; è in fondo la stessa confusione tra ipocrisia e pietà
che Kechiche filma con un attenzione sorprendente dentro gli interni libertini
francesi fermandosi sui volti e sulle reazioni difformi degli astanti.
L’antropologia Kechichiana non può non essere allora meno spietata dello stupro
culturale che mette sul banco autoptico; una freddezza necessaria.
… Le projet originel du réalisateur était de
cueillir Sarah Baartman avant son départ d'Afrique. Faute de moyens, on la
découvre à Londres, déjà alcoolique, en proie à une tristesse qui ne se dissipe
que rarement. Ce que Kechiche demande à la jeune Cubaine Yahima Torres va bien
au-delà du travail ordinaire d'une actrice. Etre à la fois la marionnette que
voient les foules et la femme qu'elle s'efforce de demeurer. Il faut de
l'abandon et de la force, de l'instinct et de l'intelligence. Yahima Torres
trouve tout ça ; si elle n'y était pas parvenue, Vénus noire aurait
sans doute été un film insupportable à regarder.
Les personnages qui l'entourent n'inspirent
guère de sympathie, à la possible exception de Caezar. Le comédien sud-africain
Andre Jacobs en fait un maquignon retors mais pas dépourvu de sensibilité. Son
successeur, le Français Réaux (Olivier Gourmet) est un maquereau sans
conscience qui livre la pauvre Vénus à la libido de l'aristocratie française.
Enfin, la dernière station de ce chemin mène
Saartjie Baartman sous le regard des scientifiques. C'est là que le plus grand
mal est fait, dans cette détermination "objective" de la hiérarchie
entre humains. François Marthouret, intense, monomaniaque, compose un savant
fou à force de raisonnements faussés. Et la résistance que lui oppose la jeune
femme fait entendre, très faible, très ténue, la voie de la raison.
…E' cinema in senso puro e stretto
quello di Kechiche, un cinema che punta sulle immagini nude e crude, anche
quando si tratta di mostrare senza filtri il martirio di una donna sottomessa
che mai si ribella, una donna misteriosa e impenetrabile che accetta
inspiegabilmente il suo destino senza opporsi, come se si rendesse conto di non
avere un'alternativa.
Una rappresentazione troppo romanzata ne avrebbe
ridotto il fascino e la veridicità e sarebbe stata irrispettosa nei confronti
della memoria di una donna che non si è mai mostrata al pubblico senza
barriere, perchè quella che si vedeva durante le rappresentazioni non era la
vera Sartjie ma la sua caricatura, non era quello che lei voleva dare, ma ciò
che il pubblico voleva vedere. Lei era un'artista che mai ha potuto esprimersi
liberamente perchè non era quello che ci si aspettava da lei. Ed è questo a
nostro avviso il punto focale di tutta l'opera, il vero contatto tra la storia
di Sartjie e le paure di Kechiche, perchè la cosa più spaventosa che possa
accadere ad un essere umano, e a maggior ragione ad un regista, è conformarsi
al modo in cui qualcun altro ci guarda.
Una riflessione sullo sguardo altrui quella di
Kechiche, che tocca corde delicate e non può lasciare indifferenti. Un film
girato e interpretato magistralmente che lascerà un segno indelebile nella
memoria collettiva.
…Attraverso la metafora dello
spettacolo, Kechiche ci parla così della violenza dello sguardo e delle pesanti
catene che esso può imporre. In questa lotta, Saartjie è sola contro tutti:
padroni, spettatori, scienziati, umanisti; eppure, il regista sa come
orchestrare la tensione e l'emotività per non renderla una figura patetica o
trasformare gli altri personaggi in maschere della crudeltà. E questo perché il
suo cinema non cerca di cogliere lo spettacolo della realtà (che è il lavoro
degli schiavisti, degli impresari, di chi giustifica l'accadere dei fenomeni in
funzione della propria superiorità), quanto piuttosto di far uscire
spontaneamente dalla forma dello spettacolo la libertà del reale.
…lo
sguardo divino della donna è insostenibile per chiunque, come se fosse uno
specchio in cui nessuno ha realmente il coraggio di guardarsi. Come un vetro di
cristallo, la sacralità della Venere kechichiana è inafferrabile, perché l’uomo
non ha il coraggio di coglierla; la grazia nella danza, l’armonia nel canto, ne
fanno una creatura di un altro mondo; in questa lettura il suo sesso è visto
come unica porta verso l’altro. Ma il solo metodo utilizzato dall’uomo per
accedere al segreto che questa Rosebud
esotica nasconde è la violenza. La violazione.
L’incedere verso questa violenza è inesorabile e non c’è alcuna possibilità di
via d’uscita. Ed è forse in questo che bisogna sottolineare il senso ultimo del
film; la necessità e l’urgenza che si presenta dietro a ogni immagine
della Venere nera, sono anche la
necessità e l’urgenza dell’opera di Kechiche e di tutto il cinema. Ossia la
necessità e l’urgenza di tendere verso qualcosa e di perderlo nell’istante
stesso in cui si è raggiunto.
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