non mancano le citazioni, e ci stanno tutte bene.
il film di Guillermo del Toro è praticamente perfetto, anche troppo, ma forse manca un po' di anima.
il regista racconta un mondo, esattamente uguale al nostro, dove i soldi sono tutto, chissà che non sia il nostro, dove tutto è illusione e inganno e quello che appare, a volte, è un altra cosa.
Stan dal niente scala il successo, arriva alla cima, solo quello gli interessa, e poi, come nei giochi di società, torna al punto di partenza, fango e sangue, paglia e letame, e ripartirà, ma alcuni non se la cavano, e per loro il gioco finisce.
gli attori sono impeccabili e memorabili, Guillermo del Toro sa come si fa.
buona (illusionistica e ingannevole) visione - Ismaele
…Intriso di una
divorante passione cinefila, pieno di echi che vanno da Freaks di
Tod Browning a Io ti salverò di Hitchcock (gli occhi nel
tunnel dell’orrore ricordano quelli disegnati da Dalì per questo film), senza
contare l’evidente omaggio allo Zampanò di Fellini nella figura di Bruno (Ron
Perlman), con una seconda parte intrisa di sangue e di morte (del tutto
impensabili nel film del ’47), La fiera delle illusioni è
un atto d’amore per il cinema come illusione non manipolatoria, che dichiarando
la propria natura finzionale può permettersi di smascherare le illusioni che
invece pretendono di spacciarsi per realtà. Nel gioco di inganni
fra imbonitori e imboniti, fra manipolatori e manipolati, fra chi crea le
apparenze e chi ne è soggiogato, non è difficile intuire dove va a colpire la
critica feroce di Del Toro: se La forma
dell’acqua aveva celebrato la poesia del diverso, qui
mette in scena invece l’orrore dell’identico, cioè l’inganno che si cela in chi
intuisce quello che vuoi e fa carte false per darti sempre e solo ciò che già
conosci e che ti illudi di volere. Forse, il circo e il
mentalismo non sono che maschere antiche dietro cui si cela l’odierna dittatura
degli algoritmi sui nostri sogni e sulle nostre illusioni.
…la realización de Del Toro explora la facilidad con la
que la manipulación comunal se da vuelta y el embaucador es embaucado y debe
autocondenarse para sobrevivir a decapitar muchas gallinas con los dientes
porque ese es el único empleo que la antropofagia capitalista tiene para
ofrecerle cuando los días de gloria desaparecieron, los magos y videntes están
en retroceso y la morbosidad parece ser el único interés de un público
condicionado por el mercado a comportarse como moscas y fetichizar la mierda…
… la sua nuova versione sembra reggere
solo finché la fiera delle illusioni resta in piedi. Fino a che lo schermo
dello spettacolo, sospeso nell’incertezza etimologica tra la meraviglia, la
mostruosità e la sua necessaria esposizione, è ancora intatto. Nel momento in
cui si va dall’altra parte, si squarcia il velo e si entra in città, nei meccanismi
del mondo che stritola, là dove brulicano i veri demoni, quelli morali, quelli
senza speranza né scrupolo, il residuo magico si perde. E diviene groviglio
psicologico. Il noir si fa cupo, denso, e mostra il suo lato più moralista. Il
destino stringe la sua trama e diviene implacabile. La colpa non ha più
possibilità di redenzione. Il cerchio si chiude. Per quanto la storia mantenga
i suoi elementi di interesse, per quanto le star mettano in gioco tutto il loro
mestiere, del Toro sembra perdere la sua vena più fertile. Si muove in una
specie di Gotham City e si accontenta della calligrafia, di un repertorio
visivo e di un apparato scenografico di rimando. Diventa l’esecutore di una
volontà scritta altrove, in un altro tempo e in un altro mondo. Guarda al
passato, semplicemente. E quando il cinema guarda solo al passato, non ha molto
speranza. La memoria perde la profezia. E se è vero che la profezia è sempre
stata vicina all’inganno, alla menzogna, alla follia, è pur vero che i segni
esistono, quelle connessioni impreviste che aprono spazi di libertà.
…Con un cast di stelle in ruoli
consolidati e non autoironici (come invece succedeva in Don't
Look Up), dal febbrile Bradley Cooper all'ingenua Rooney Mara,
dalla glaciale Cate Blanchet alla seducente Toni Colette, più altri grandi
interpreti in ruoli secondari (Willem Dafoe, Richard Jenkins, David Strathairn,
Mary Steenburgen, Ron Perlman), La fiera delle illusioni sembra
un film d'altri tempi: lungo due ore e mezza; ricco nella produzione ma non
stratificato nello sviluppo; immerso in atmosfere propriamente cinematografiche
(il noir, per l'appunto, ma anche il dramma psicologico, la parabola morale);
metaforico eppure diretto.
Nella seconda parte, dal momento in cui Stan e Molly lasciano il circo per
andare «a stendere il mondo», diversamente dal romanzo - che è fin da subito
imbevuto del puzzo di morte che il protagonista si porta appresso e che alimenta
a ogni misfatto - il film apre ai toni cupi e minacciosi inizialmente nascosti,
facendo finalmente emergere il lato dark e meno disimpegnato di Del Toro.
Nightmare Alley (El callejón de las Almas
Perdidas) de Guillermo del Toro acaba siendo una experiencia que deja
insatisfecho a pesar de su deslumbrante puesta en escena y del delicado uso del
sonido y de la luz en varias escenas. Su principal error ha sido construir un
guion que acaba siendo plomizo en algunos aspectos al cargar demasiado las
escenas, y no construir los antecedentes con la misma delicadeza con la que se
incorporan otros elementos de la dirección.
…Se si può rimproverare qualcosa a questo suo nuovo
film è probabilmente una durata forse eccessiva (2 ore e 30 minuti), che
rischia di appesantire determinati passaggi. Se ci si apre alle immagini e al
loro senso più profondo, non si proverà però mai noia. Nell’approcciarsi
a La fiera delle illusioni – Nightmare Alley occorre infine
comprendere di essere di fronte ad un’opera del regista apparentemente
differente dalle sue precedenti. Lo è infatti quel tanto che potrebbe
scontentare chi si aspetta un nuovo racconto intriso di fantasy ed elementi
dark. Eppure di questi ultimi ve ne sono a bizzeffe, solo affrontati sotto punti
di vista nuovi, che provano il talento di del Toro come narratore visionario.
Un termine questo di cui troppo spesso si abusa ma che nel caso del regista
messicano si applica perfettamente.
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