lunedì 28 febbraio 2022

Belfast – Kenneth Branagh

secondo film ambientato a Belfast in un paio di mesi (il primo è questo).

il film è visto con gli occhi di un bambino, Buddy (attore come pochi), il suo essere innamorato, la scuola, l'amore per il cinema, la perdita dell'innocenza, conosce la violenza e la morte, in una famiglia splendida, amato come un bambino dovrebbe essere amato.

siamo nel 1969, sembra tanto tempo fa, eppure sono solo pochi decenni.

dovremmo essere grati a Kenneth Branagh per averci fatto conoscere Buddy, a cui piacciono i detersivi biologici.

buona (protestante, cattolica, molto meglio agnotica o atea) visione - Ismaele


 

Buddy in Belfast è il filtro della visione. Non potrebbe essere altrimenti, perché è lo sguardo retrospettivo di Branagh sulla sua memoria di oltre cinquant’anni anni fa. Non è una visione soggettiva, ma è la soggettività di una sensazione fissata nell’idealità di un ricordo. Basterebbe citare una sola, breve e divertentissima scena al ralenti nella classe del piccolo Buddy, quando il suo volto, raggiante, pregusta il momento in cui la maestra lo farà sedere accanto alla prima della classe, di cui è innamorato, come merito per i risultati raggiunti nelle recenti verifiche, espressione che si riempirà immediatamente dopo di delusione quando invece scoprirà che l’allieva è stata superata da un altro compagno di classe e che quindi è finita dietro di lui, ancora più difficile da contemplare. Buddy non vede e noi non vediamo mai attraverso lui, perché la sua espressione beata si rivolge a un fuoricampo che per esigenze di gag deve rimanere insaturo fino a rivelarsi solo alla fine in qualità di sorpresa, ma il suo personaggio si fa superficie riflettente di un mood, così come, allo stesso modo, l’intera città e la sua cruda realtà sono restituite da una sola strada, microcosmo sineddochico di relazioni, rapporti, conflitti politici troppo grandi da consentire a un bambino di nove anni di averne una visione globale che vada davvero oltre la sua porta di casa…

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Belfast, infatti, non è assolutamente un manifesto storico ma il racconto intimo di come elementi detonanti e d’impatto universale quali il razzismo e la violenza, possano incidere sugli umori e le sensazioni dei singoli. Per rendere la narrazione realistica e onesta, dunque, Branagh si riappropria del suo sguardo di bambino attraverso il quale interpreta e misura i mutamenti della comunità in cui vive. Ed è cosi che la strada si trasforma in un cosmo dove gli eventi lasciano la cronaca per diventare parte di una nuova e incomprensibile quotidianità. Ogni cosa è filmata e interpretata a misura di bambino e uomo comune perché, nonostante tutto, è qui che le rivoluzioni, come le lotte sociali e politiche, lasciano i segni più indelebili…

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Belfast risente della forte esperienza teatrale di Branagh. Notiamo innanzitutto gli spazi: piccoli e pochi in quantità sono però perfetti per ricordare quel senso di unità familiare di cui trasuda il racconto. L’abitazione dei nonni paterni è un piccolo teatro: talmente piccola da poter sentire, od origliare, le conversazioni; non ci sono finestre e le scene si svolgono esattamente entro il campo visivo della macchina da presa.

In conclusione, Belfast non vuole solamente dare voce a fatti storici che rischiano di cadere nell’oblio, ma vuole rendere omaggio a una città che ha visto i suoi abitanti partire in cerca di una vita migliore, dare la loro vita, restare e resistere. Tutte scelte che necessitano di una grande forza d’animo e un profondo legame d’amore che unirà per sempre i suoi abitanti ad una città così unica.

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…Mentre i militari presidiano Mountcollyer Street, il piccolo Buddy oltrepassa le sbarre per il parco, e appena può fugge nella magia del grande schermo del cinema, il suo unico vero rifugio. I disordini civili rimangono sullo sfondo, Branagh si concentra con inquadrature ad altezza bambino, di mostrarci i giochi dei bambini per strada, la cotta di Buddy per la sua compagna di classe, i goffi tentativi di rubare i dolci nel negozietto di quartiere.

Attraverso un tono a tratti onirico e romantico incorniciato dalle musiche realizzate da Van MorrisonBranagh ci presenta le difficoltà economiche di una famiglia operaia, e la necessità di scappare dalla tensione provocata dagli scontri e di non voler distruggere l’infanzia ai propri figli.

Il bianco e nero é un escamotage stilistico per arruolare lo spettatore e immergerlo tra le pagine dell’infanzia irlandese condita da prove attoriali eccezionali anche degli attori non protagonisti, come i nonni (giustamente riconosciute con le candidature dall’Academy).

Belfast é una dichiarazione d’amore allo spirito irlandese con dialoghi irriverenti e disincantati, un viaggio nella memoria del regista che omaggia le sue origini e quello che la sua famiglia ha passato senza mai sembrare eccessivamente melenso.

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Belfast, la película más personal de Branagh es imperfecta, pero la emoción que genera, es el tipo de ancla que el cine nos proporciona en tiempos de inquietud. Los sentimientos se intensifican en el tramo final, cuando Buddy debe despedirse de su novia de la infancia y de la abuela, a la que tal vez nunca vuelva a ver, marcando su memoria y desgarrando su corazón, perdurando tanto en su memoria como en la de los ojos que reflejan las imágenes.

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La película funciona muy bien por su sencillez, buscando la naturalidad en esa historia de tono tan clásico y muy convencional, en ese día a día de un niño que comparte muchas cosas con el Branagh de esa época cuando tenía 9 años, con sus inquietudes y ganas de pasarlo bien dando patadas al balón, pero también en su primer amor. 

Un acierto la elección de Jude Hill, que es el alma de la película, pero también de casi todo el reparto, y para ello ha acudido a intérpretes que en gran parte viven o han crecido en esa zona, con una Caitríona Balfe, conocida por su trabajo en la serie "Outlander", que está magnífica como la madre del protagonista y que tiene unas cuantas escenas potentes a nivel dramático.

Pero si hay dos personajes entrañables, aparte del de Buddy, son los abuelos del protagonista, que nos regalan las escenas más alegres, y que nos hacen reflexionar con algunas frases históricas en esas conversaciones tan sinceras, en especial las de nietos-abuelos. Los dos intérpretes, Ciarán Hinds y Judy Dench, lo hacen bastante bien, y merecerían la nominación al Óscar, aunque todo parece indicar que la veterana actriz británica se va a quedar fuera del quinteto de nominadas de este año…

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1 commento:

  1. https://welovecinema.it/2022/03/14/belfast-la-recitazione-di-judy-dench/

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