film che fa ridere, mischiando risate a tristezza.
alla fine non c'è più niente, neanche un tetto, la Primavera di Praga è dietro l'angolo, poco più in là i carri armati.
il film sarà candidato all'Oscar nel 1969.
Miloš Forman lascerà Praga, e il film intanto sarà bandito dagli schermi della Cecoslovacchia, e non solo.
film che merita molto, un gioiellino, cercatelo, non ve ne pentirete - Ismaele
Il ballo organizzato dall'associazione dei pompieri di un
paesino cecoslovacco si trasforma in un disastro: naufraga nel caos il
tentativo di eleggere la miss della serata, i premi della lotteria vengono
trafugati, scoppia un incendio in una casa vicina e l'ultraottuagenario capo in
pensione (Jan Stöckl) rimane senza regalo di addio.
Tragicomico e malinconico come solo il cinema
dell'Est Europa sa essere, Al fuoco pompieri! è uno dei film più importanti e maturi
della prima parte di carriera di Miloš Forman. Dosando attentamente la comicità
agrodolce, il regista costruisce un tenero ritratto di un gruppo di uomini di
mezza età totalmente inetti, incapaci non solo di organizzare una festicciola
di paese ma anche (e soprattutto) di dare un senso alla propria divisa e alla
propria missione. Sfiorando il grottesco in alcune sequenze (la fuga delle
aspiranti miss con il bailamme che ne segue, la “premiazione” dell'ex capo) il
ballo dei pompieri diventa metafora di tutti i fallimenti e di tutte le
circostanze assurde che costellano le nostre vite: un valzer crepuscolare e
buffo al contempo che si conclude, amaramente, su una bellissima nota onirica
nel finale. Buona performance corale del cast privo di grandi nomi ma ricco di
volti espressivi. Prodotto da Carlo Ponti e nominato all'Oscar per miglior film
straniero, provocò in patria aspre polemiche, soprattutto da parte della
categoria dei pompieri che lesse la divertente satira come un attacco
personale.
da qui
…In Al
fuoco, pompieri, conosciuto in Italia anche con la traduzione letterale del
titolo ceco Fuoco ragazza mia!, Miloš Forman si focalizza sulle
storture che falcidiavano il suo Paese e, pochissimi mesi prima della loro
esplosione, mentre la febbre sociale stava per raggiungere il punto di
ebollizione, le racchiude in una sera di festa destinata ad andare a rotoli da
cui attaccarle apertamente. Con l’arma della satira più pungente, le prende e
le ridicolizza, le vira all’assurdo, le disumanizza, dipingendole impietoso,
senza filtri, senza altri veli che non siano quelli della finzione
cinematografica. Ne ha per tutti Forman, nella sua personale lotta contro un
intero sistema statale ormai incancrenito: ne ha per gli uomini in divisa, fra
i quali nessuna personalità riesce a emergere sull’altra, come se fossero un
grigio e informe ammasso di mediocrità; ne ha per l’intera cittadinanza
convitata alla festa, fra selvaggi accoppiamenti sotto il tavolo, ulteriori
furti al posto di restituzioni e candidate miss non così tanto avvenenti che
comunque, al momento della sfilata, fuggono e si chiudono in bagno mentre a
ricevere la corona, per esclusione, sarà un’anziana paesana. Fino alla messa
alla berlina della falsa solidarietà di una comunità intera, che al vecchietto
che ha perso tutto nell’incendio della sua casa, quello stesso vecchietto la
cui sedia viene progressivamente avvicinata alle fiamme “perché non prenda
freddo” ma di spalle “perché non veda la sua casa bruciare”, dona anziché
denaro i biglietti di una lotteria della quale i premi non esistono più, già
trafugati da mani ignote. E a nulla servirà il tentativo di recuperarli, a luci
spente per (tentare di) lasciare nell’anonimato i colpevoli redenti, se non a
infangarsi ancora una volta, a rivelarsi per quello che si è, in una società
talmente marcia che persino l’ultimo sparuto barlume di onestà non può che
ribaltarsi in vergogna, ignominia, fallimento. Miloš Forman, profeta di quello
che sarebbe accaduto l’anno dopo e che lo costrinse, fra interventi militari e
censori, ad abbandonare il suo Paese, già nel ’67 distruggeva la burocrazia con
l’arma dell’ironia, colorava lo schermo della più ottusa stupidità della gente
e dell’arroganza degli incompetenti che si aggiogano il diritto di decidere per
gli altri, metteva in scena il caos per mostrare come non possa che generare
altro e peggiore caos. Centrando un film straordinario, bruciante, sofferto,
mai abbastanza celebrato: il sontuoso e urticante monumento funebre di
un’intera civiltà.
da qui
Milos Forman's The Firemen's Ball was banned
"permanently and forever" by the Communist regime in Czechoslovakia
in 1968, as Soviet troops marched in to suppress a popular uprising. It was
said to be a veiled attack on the Soviet system and its bureaucracy, a charge
Forman prudently denied at the time but now happily agrees with. Telling a
seductively mild and humorous story about a retirement fete for an elderly
fireman, the movie pokes fun at citizens' committees, the culture of thievery,
and solutions that surrender to problems…
… Is
"The Firemen's Ball" dated today? That's an interesting question. It
no longer borrows energy from its risk-taking, as so many Soviet bloc films did
in the 1960s and 1970s. In those days any new film from Poland, Hungary,
Yugoslavia or Czechoslovakia, in particular, was likely to be a veiled attack,
wreathed in the glamour of danger. But "The Firemen's Ball" hasn't
dated as entertainment; Forman doesn't push his political points, being content
to let them make themselves, unfolding gracefully from the human drama. The
movie is just plain funny. And as a parable it is timeless, with relevance at
many times in many lands. Remarkable, how often when I learn of a bureaucratic
brainstorm I think of the fireman moving the farmer's chair closer to the
flames.
da
qui
dice Miloš Forman
- „Non avevo in mente
di fare un’allegoria politica – non mi piace
nei film –però purtroppo
nella storia del furto alla lotteria
i primi protagonisti del regime comunista
hanno riconosciuto loro stessi.“
- „Insieme a Papousek
abbiamo preso il tutto e ce ne siamo andati
da Praga a Krkonose (montagna al nord della Boemia,
nota red.) per scrivere una storia
di un disertore che si nasconde nei sotterranei
del palazzo Lucerna di Praga. Ci ha raggiunto Ivan
Passer per aiutarci, ma neanche lui riusciva
a tirarci fuori dal punto morto della sceneggiatura.
Così abbiamo deciso di riposarci un po’
e siccome nel paese dove stavamo c’era un ballo,
organizzato dai pompieri locali, abbiamo deciso
di recarci là. Volevamo giusto bere qualche birra, guardare
la gente, chiacchierare con le ragazze e rilassarci
un po’. A Vrchlabi, dove stavamo, la maggior parte
della gente lavorava nella fabbrica locale
e ogni tanto organizzavano dei balli
per divertirsi un po’. Questo qui era stato
organizzato dai pompieri volontari,
che per far divertire i partecipanti avevano
preparato un concorso di bellezza
per le proprie figlie.
C’era anche una lotteria. Bevevano e litigavano
con le loro mogli. Noi tre li guardavamo
a bocca aperta. Durante tutto la giornata seguente
non facevamo altro che parlare con Ivan Papousek
della serata passata. Lunedì abbiamo iniziato
a buttare giù le nostre idee: chissà cosa
sarebbe successo se... E da martedì
abbiamo iniziato a scrivere un’altra sceneggiatura. Quella storia
si scriveva da sola. Ogni volta che c’era
un problema, siamo andati a Vrchlabi a farci
due chiacchere con i pompieri, dato che avevamo
scoperto che locale frequentavano per giocare a carte, bere
birra e giocare a biliardo. Ormai ci conoscevano
ed erano aperti con noi –
così abbiamo finito la prima versione
della sceneggiatura del film Al fuoco, pompieri!iIn sei settimane.“
- „Nel passato un film
del genere sarebbe stato semplicemente vietato.
Ma in quel periodo speciale della Primavera
di Praga anche i capi dei comunisti stavano perdendo
il senso di sicurezza e quindi dissimulavano
le azioni impopolari dietro dei raggiri .
Per esempio organizzavano le proiezioni di un
film che in realtá volevano vietare, il pubblico
però se lo sceglievano loro. Pagavano
dei provocatori che dovevano ad esempio gridare
che il film offendeva la classe lavoratrice
-per poi poter ritirare il film dalla distribuzione
sostenendo che „il popolo non lo gradisce.“
- „La prima proiezione
pubblica della pellicola Al fuoco, pompieri! venne organizzata a Vrchlabi. I personaggi
influenti della politica e della cultura scelsero
questo posto sperando che i cittadini
si sentissero offesi e ridicolizzati dal modo in cui li ho presentati
sullo schermo. Avevano presupposto che la loro reazione
sarebbe stata talmente furiosa
che mi fu addirittura vietato di partecipare
alla proiezione per non essere magari ferito.
In realtà il pubblico di Vrchlabi rise durante tutto il film.
Poi arrivo´ il momento della discussione aperta.
Uno dei provocatori, portati dal partito, si alzo´ e dichiaro´ in nome
di tutti i presenti, il suo disgusto per il
livello a cui questo film arrivava ad umiliare
la nostra classe lavoratrice e soprattutto i pompieri.
Quando finí o, uno dei pompieri locali chiese
di parlare – per caso anche lui si chiamava
Novotny come il Presidente della Repubblica
di quel tempo. Il signor Novotny si alzo´ e
disse: . “Beh, compagni, io non so...
Davvero non so. Sapete,
non è che io sia un oratore,
un intellettuale, però davvero, io non so.
Qui il compagno afferma che questo qui ci umilia,
vabbè magari sì, ma cavolo, gente,
non vi ricordate
com’era quando ha preso fuoco
la stalla degli Jira? E noi che trincavamo
come dei pazzi al bar?
E poi quando siamo finalmente arrivati dagli Jira
ci siamo resi conto di aver lasciato
la pompa nella base? Ma, ve lo ricordate?
E poi, quando la macchina ci è scivolata
e siamo caduti di lato sul ghiaccio? Ancora oggi
vedo la capra degli Jira in fiamme.
Non è che siamo così tanto beoti
in ‘sto film. “
Nessun commento:
Posta un commento