alla
prima di “2001 Odissea nello spazio” molti lasciarono la sala lamentandosi e
non capendo cosa avessero visto. Arthur Clarke, sceneggiatore insieme a Kubrick
disse: ”se uno capisce 2001 completamente, abbiamo fallito.”(qui).
per
il film di Spike Jonze, mutatis mutandis, avviene una cosa simile, sembra un
film che si capisce facile, in realtà è molto complesso e ti lavora dentro, in profondità.
Theodore (un grandissimo Joaquin Phoenix) si innamora di una voce (quella di Scarlett Johansson), e delle cose che dice, è una sistema operativo
che lui compra, magari è solo una proiezione dei suoi desideri, ma non ha corpo
e anima, è solo una proiezione, come un cortocircuito, Theodore ascolta quello
che vuole ascoltare, questo è il trucco dell’OS, ti dice quello che vuoi.
e
però Theodore è inadatto al mondo, il mondo, quei grattacieli (di Shanghai) e quella
tecnologia non sono neutre, ti imprigionano, e il suo lavoro è alienato e
alienante, si immedesima in altri, non per arte, ma per lavoro, in realtà il
suo lavoro di scrittore di lettere non è altro che quello di Samantha,
soddisfano desideri, ma Theodore ha dimenticato i suoi, è alienato, è straniero
a se stesso, è solo.
e
tutti sono così, nel mondo.
riporto
il messaggio finale a Catherine, forse Theodore ha capito qualcosa:
“[last lines] Theodore: Dear Catherine, I've been sitting
here thinking about all the things I wanted to apologize to you for. All the
pain we caused each other. Everything I put on you. Everything I needed you to
be or needed you to say. I'm sorry for that. I'll always love you 'cause we
grew up together and you helped make me who I am. I just wanted you to know
there will be a piece of you in me always, and I'm grateful for that. Whatever
someone you become, and wherever you are in the world, I'm sending you love.
You're my friend to the end. Love, Theodore.[pauses]
“Her”
l’ho visto da qualche giorno, versione originale sottotitolata, e mi gira in
testa, e più ci penso più mi dico che “Theodore, c’est moi”, bisogna immedesimarsi - Ismaele
ps: mi viene in mente Feuerbach: "è l'uomo a fare Dio a propria immagine e somiglianza".
…Il protagonista scrittore in crisi, un futuro relativamente distopico, lo svegliarsi di una coscienza... tutti elementi che anche senza il genio della sceneggiatore acquistano qui una forma perfetta, grazie a semplici riflessioni e aforismi sparsi qua e là, a idee su finti documentari, finte sculture, con un risultato che surclassa ogni aspettativa, entrando in punta di piedi nel cuore dello spettatore per non abbandonarlo a fine visione. Jonze cura infatti ogni minimo particolare, dal montaggio in cui flashback struggenti compaiono a visualizzare i pensieri di Theodore, alla fotografia fino alla musica significativa in più di una scena (composta da Karen O e dagli Arcade Fire), facendo di Her un gioiellino di quelli rari, che risplende di luce propria e che con la sua delicatezza, la sua malinconia, la sua sensibilità, si fa amare sotto ogni aspetto, lasciando avvolti in un finale perfetto, tutti i sogni romantici ancora da realizzare.
da qui
…Si pone tante domande Spike
Jonze…sull’amore, la vita, l’amicizia… ed in fondo non da alcuna risposta. Ma
non è un difetto, anzi, questi quesiti senza soluzione contribuiscono a
rafforzare quell’atmosfera malinconica, surreale e magica che si respira per tutta
la durata della pellicola. Se poi ci aggiungiamo la fotografia splendida, con
un’attenzione agli aspetti cromatici che raramente si incontra, la regia pulita
ma adeguata e capace persino di qualche sussulto degno di nota, la colonna
sonora struggente che accompagna i poetici dialoghi, la recitazione eccelsa dei
protagonisti… beh, si può dire in sostanza che Spike Jonze ha fatto centro,
riuscendo a creare un’opera finalmente matura e capace di far presa su molti e
non solo sul “grande pubblico”. Una favola moderna, un film che non si
dimentica…
...nel mondo di oggi, sempre più 'virtuale' in
fatto di relazioni e sempre meno 'tangibile', è veramente così difficile
innamorarsi? O meglio, c'è ancora, in questo mondo sempre più impersonale e
frenetico, la voglia di stringere legami sentimentali veri? In
qualsiasi forma, badate bene...
Questo è ciò di cui si parla in “Lei”: la
superficialità nei rapporti interpersonali, la difficoltà di comunicare, la
paura di affrontare il prossimo e la conseguente e progressiva (in)capacità di
ascoltare e capire chi abbiamo davanti…
…Her è l'anima romantica
dell'Uomo, la sua capacità di perdersi in una storia d'amore, la volontà di
viverla, di passare dai primi tempi in cui tutto pare così bello da togliere il
fiato, in cui il sesso è talmente arrembante da far dubitare che esista altro, in
cui ci si perde in ogni piccola molecola della persona che ci sta accanto, in
cui si impara a conoscere il suo modo di parlare, vestirsi, muoversi, mangiare,
ridere, e si sente di potersi innamorare ancora di più, tanto da rimanere senza
fiato, alle battaglie quotidiane per ritrovarsi, comprendere quello che può
capitare che sfugga, superare le piccolezze che rendono difficile sopportare
anche qualcosa dal peso specifico pressoché nullo.
Her è la risata di una donna che si sa già di amare senza volerlo
ammettere, sono i battibecchi provocatori, gli sguardi che si incrociano, la
mimica, i gesti, i punti in cui la lingua sbatte sui denti nel momento in cui
si pronuncia proprio quella parola, una canzone che pare scritta apposta per
quell'istante, e chissà come avrà fatto l'autore ad immaginare proprio noi,
qui, ed ora…
…La magia e il paradosso dell'amore di Her
è che togliendogli carne e materia gli si dà sostanza.
La magia e il paradosso dell'amore di Her è che
raccontandolo con una freddezza estrema, tutta chip e bande larghe, lucine e
auricolari, in tutta questa freddezza c'è il fuoco che brucia.
La magia e il paradosso dell'amore di Her è che
parlando dei suoi limiti ne scopriamo l'infinito.
…Jonze riesce ad orchestrare una sceneggiatura intensa
eppure delicata, riesce a farti empatizzare Theodore in poche battute, perchè
tutti quanti , più o meno, abbiamo lo spirito del buon samaritano e cerchiamo
di parteggiare per i più deboli.
E Theodore lo è, debole, sconfitto dalla vita,
talmente solo che si rivolge a un sistema operativo computerizzato per avere
quell'amore che gli manca nella routine di tutti i giorni.
L'uomo che ama la macchina e viceversa.
Uno spunto kubrickiano che però Jonze declina
alla sua maniera: crea una sorta di commedia sentimentale 2.0, una storia
d'amore transgender ma nel senso più lato del genere…
…Her - Lei non è un
film per tutti. Per alcuni bellissimo, per altri un po' meno, credo che alla
fine si tratti di come ci si interfaccia a questa storia d'amore sui generis.
Perché in 126 minuti di film il rischio di annoiarsi è sempre dietro l'angolo
ma anche quello di trovare qualcosa per cui valga veramente la pena di arrivare
fino alla fine. Io sto nel mezzo, premiando l'idea e la realizzazione ma
rimanendo così estraneo e lontano da essermi annoiato, alla lunga.