la prima parte è davvero bella, poi la storia diventa un po' dispersiva, troppa roba da far stare in quel 3 agosto, ma complessivamente è un film che merita di essere visto.
Caterina e Luna sono bravissime, la maga sta meglio nei film del marito (senza offesa).
il cinema vi aspetta - Ismaele
…Lo sguardo di una piccola donna, con un'esistenza ancora in boccio sospesa sulle infinite possibilità del futuro, disegna panoramiche imprevedibili (dall'interno) di un microcosmo in cui i riti di passaggio sconfinano nella violenza: sulla falsariga del romanzo breve di Atzeni, Mereu si affida alla voce di Caterina (aspirante rockstar) per rendere concrete e visibili quelle minute tragedie fra campi e cemento. Schegge impazzite di una società allo sbando dove la famiglia diventa teatro di incertezze e abusi abitano l'universo dell'adolescente Cate con i primi amori e delusioni, e lei ne parla con la franca saggezza di chi sa troppo per non giudicare gli adulti che danno il cattivo esempio, non rispettano le regole e sopravvivono ai margini della legalità. Cronaca di una giornata normale ma non troppo, nel gioco della finzione (quasi da reality) di un pubblico immaginario, o un diario cui affidare pensieri e segreti, tra la meraviglia di un tuffo al mare nelle acque cristalline del Golfo degli Angeli, spazio di libertà, mentre sul lungomare Poetto restano in vigore le regole e differenze di classe tra stabilimenti e spiaggia libera, e i pericoli e le tentazioni della metropoli. In controluce la fatica di sottrarsi a quel destino già scritto, dipinto nei colori della povertà e della lotta per la sopravvivenza, dove ogni piccola gioia ha un prezzo alto, anche troppo alto, da pagare: la consapevolezza e la precoce maturità di Caterina si scontrano con tratti quasi infantili, come la disponibilità a credere che un miracolo si avveri, e uno spettacolo di morte si trasformi come per magia in un nuovo capitolo più allegro dell'esistenza...
Sardinian helmer Salvatore
Mereu, who directed the wonderfully observant, regionally flavored
"Three-Step Dance" and "Sonetaula," drops the ball hard in
"Bellas mariposas." Except as maybe an audiovisual cheat sheet for
everything that become undone in Italy after years of Berlusconi's reign --
including such fundamentals as morals, good taste and intelligence -- this
bafflingly mannered story shows how ordinary folk, including young teenage
girls, are ruled by their sexual appetites, desire to procrastinate and
expectation to receive money without working for it. Beyond local play burn the
fires of ancillary hell.
Cate (Sara Podda), who frequently addresses the camera, noting the time,
comes from a large nest of siblings that includes a prostitute sister (Silvia
Coni) with two infants, and a gun-toting, big-dicked brother (Simone Paris).
Her father (Luciano Curreli) sleeps with everything that has at least two
breasts, and lives off a disability pension, though he's not disabled. Story
follows Cate and her BFF (Maya Mulas) for one day, with activities including
swimming, eating ice cream and biting off the member of someone who pays them
for fellatio. Assembly's more refined than the characters.
…Cate è il fulcro della vicenda, guidando lo spettatore attraverso
quest’universo intricato e delirante. Non costituisce però l’unico asse
portante del film, che accoglie come narratori occasionali tutti coloro che
gravitano intorno a Cate. In questo modo ogni domanda occasionale o litigio tra
la protagonista e i suoi familiari diventa occasione per una divagazione
strutturale: un cinema, insomma, all’interno del quale l’interruzione dei
dialoghi e le pause sono elementi metalinguistici. I fatti narrati in Bellas
mariposas coprono la antonomastica durata delle 24 ore e si dipanano tra le
increspature di un’ambientazione viscerale; l’argomento non può che essere un
giorno nella vita di Cate, una sorta di piccola Amélie Poulain. Lo sguardo di Mereu
illumina una vicenda che si impone grazie all’affabile godibilità della trama,
pur ritraendo scampoli di vita drammaticamente bassa. L’assenza di filtri è
forse la principale prerogativa della regia, che si sviluppa sconnessa e
irregolare, ma mai sottotono. Nell’ambivalenza dello stile di Mereu si
intravede ora il disincantato iperrealismo alla Scola,
ora il misticismo paesano alla Fellini,
mentre i richiami più attuali sono i racconti familiari di Virzì.
I paragoni sono utili per definire le caratteristiche di Bellas mariposas, ma
sono, come sempre, da soppesare con cautela: il rischio è che non rendano
giustizia a un film autentico e molto personale…
…alla fine
anche Mereu si è perso; e il linguaggio piatto e
incoerente a cui ha costretto i suoi attori (compresa Micaela Ramazzotti con
il suo l’improbabile mix roman-napoletano, lontanissimo dal senso del racconto)
ha condizionato anche la sua regia, stavolta meno felice che nelle precedenti
occasioni, benché proprio stavolta più che mai servisse realmente uno “sguardo
d’autore” capace di dare sostanza cinematografica alle suggestioni evocate da Atzeni. Peccato, perché quella di far
parlare “in camera” la protagonista è stata un’idea felice, ma non è bastata a
colmare i vuoti e le lacune di un film che appare non risolto, incompiuto.
A Mereu resta il grande merito di avere
poggiato lo sguardo su una realtà tragica come quella delle periferie
cagliaritane, che dopo Atzeni pochi altri hanno avuto il coraggio di
indagare. Cate e Luna esistono veramente, ma fino a quando volteremo ancora lo
sguardo?...
da qui