gli autori del documentario seguono due ragazzi africani che giocano a calcio, ma non hanno i documenti giusti.
quei ragazzi sono oggetto delle politiche securitarie, burocratiche, poliziesche del governo, ragazzi umiliati e offesi.
davvero una vergogna...
buona (clandestina) visione - Ismaele
Un documentario firmato dal Collettivo MELKANAA, un'opera corale composta
da tredici giovani autori provenienti da diversi ambiti artistici e accademici.
La storia è quella di una squadra di calcio composta da rifugiati e richiedenti
asilo che partecipa al campionato di terza categoria, ma visto che quasi tutti
i giocatori sono privi dei documenti di identità richiesti dalla Federazione
per poter concorrere al titolo, ne saranno esclusi. La mancata o ancora scarsa
conoscenza della lingua italiana – oltre che la mancata e scarsa conoscenza
della lingua inglese da parte degli italiani – rende difficile la comunicazione
e aumenta il senso di isolamento e solitudine dei ragazzi. Spesso, fra le loro
parole, ricorre il desiderio di incontrare gli amici, di parlare e raccontare a
qualcuno la loro storia, il loro passato e il loro desiderio di un futuro
migliore. Burocrazia infinita, labirintica e mal organizzata – come ben sanno
anche gli italiani – passione per il calcio, sogni e speranze si fondono nelle
parole di questi ragazzi un po' spaesati e smarriti fra gli ambienti asettici
dei centri di accoglienza. Quello che viene descritto è il tempo sospeso
dell'attesa, indefinito, in un non luogo, nel quale si allacciano amicizie
occasionali, nella speranza che alcune non finiscano mai.
La squadra della Liberi Nantes Football Club non può concorrere al titolo, ma sogna di potersi fotografare accanto a Totti, il re di Roma, amato e rispettato da tutti. Come forse i componenti di questa squadra non sono e non saranno sempre, nella vita di ogni giorno. Costretti, i più fortunati, a lavoretti occasionali, possono davvero i giovani migranti mettersi in gioco in un paese straniero?
La squadra è un punto di aggregazione, di forza, da dove prendono forma i sogni e le aspettative di ognuno, che poi dovranno scontrarsi con la realtà. I punti di vista sono molteplici, le storie diverse l'una dall'altra.
Lo straniero, il diverso, l'immigrato, è tale e può fare paura, può
trasformarsi in oggetto (anche di contesa politica) e perdere la sua identità
singola e umanità solo fino a quando non lo si guarda davvero in faccia, non lo
si ascolta. In fondo il pregio più grande di Fuoricampo è riuscire a mostrare i
volti e le parole di questi ragazzi. Persone semplici e normali, che parlano di
feste, donne e cucina, accomunati solo dalla giovane età, dalla paura del
futuro e dal desiderio di costruire qualcosa. Nei quali chiunque, migrante o
italiano, può identificasi, in quanto essere umano e cittadino del mondo.
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