il diavolo fa il suo lavoro, ha trovato un meccanismo implacabile, lui sceglie le vittime, Longlegs, il costruttore di giocattoli, fa consegnare la bambola a immagine della vittima alla famiglia prescelta e condannata.
non ci sono motivi o colpe, chi deve morire morrà.
l'agente Lee Harker arriva a capire la logica del Male, e il suo coinvolgimento nella storia.
il film non è male, anzi...
buona (diabolica) visione - Ismaele
…Lo spiegone finale l'ho trovato perfetto perchè benissimo
raccontato, evocativo, inquietante e persino necessario visto che di cose che
si faceva fatica a mettere in fila ce n'erano parecchie.
E lo scoprire che no, non c'era un "semplice" serial killer e le cose
avvenute non potevano essere spiegate in maniera solo razionale e/o scientifica
rende il film ancora più bello.
Proprio per il discorso di cui sopra, ovvero quello che Perkins sa raccontare
il malefico, il soprannaturale in maniera perfetta. L'atmosfera dei suoi film
ha "bisogno" di questa componente per cui c'è sempre un qualcosa più
grande di noi, un Male assoluto, che ci rende semplicemente suoi manichini.
E quindi sì, che ci sia stato il "Signore del piano di sotto" l'ho
adorato, specie perchè noi non lo vediamo mai (come in tutti gli horror
standard) o in "persona" o attraverso i mostri (fisici) che genera,
ma soltanto per le azioni che questo ci costringe a compiere…
…Ma perché lode
a Longlegs? Nella sua primogenita estetica che ribattezza
l’horror degli anni ’70, il film si impone come traguardo del terrore per la
sua discontinuità narrativa apostrofata da un’intenzione estetica
spregevole. I toni sono sempre lividi e trasparenti, opachi e
sfocati concettualizzando l’importanza dell’aspetto cinematografico di una
determinata impresa ereditata da Mario Bava.
La visione è
focalizzata sull’eccentricità dei personaggi completamenti asessuati,
virtuosismi che non incidono sul senso umano ma li aspirano come entità
soprannaturali. Eppure, il tema è quello religioso, la combinazione tra il
sacro, la venerazione e la dedizione o – forse – adorazione dell’onnipresente.
Uno scambio linguistico che preclude quella paura di essere avvolti dentro le
braccia di qualcuno o qualcosa che non possiamo osservare, capire, delineare,
decifrare…
…È
proprio la sua natura inafferrabile, intangibile e sfocata, a renderlo di
difficile decifrazione, accrescendone l’alone di mistero. Dal punto di vista
delle definizioni di genere si tratterebbe di un procedural, con
l’indagine che riguarda un serial killer, alla maniera di Se7en, Zodiac e Il
silenzio degli innocenti. A quest’ultimo in particolare, è accostabile
per finezza compositiva e per come ripropone lo schema detective-assassino in
una chiave morbosa. In effetti il legame malignamente simbiotico tra l’agente
dell’FBI Lee Harker e il serial serial killer noto solo come Longlegs, ricorda
molto quella tra Clarice Starling e Hannibal Lecter ne Il silenzio
degli innocenti. E se Maika Monroe interpreta una detective anche più
traumatizzata di quella resa celebre da Jodie Foster, Nicolas Cage riesce a non
far rimpiangere Anthony Hopkins dando vita a un personaggio altrettanto
penetrante e sinistro. Là dove i due film divergono è nell’agone in cui giocano
la partita, preferendo il lavoro di Jonathan Demme una chiave psicopatologica
per lo scavo sul male e sulle paure, mentre Perkins abbraccia il versante più
esoterico, dialogando con il cinema satanico maturo…
Nessun commento:
Posta un commento