La Sardegna non è più un posto di
mare e sole e vacanze per il cinema, sempre più anche il cinema la rappresenta
per quello che è, una regione dove si fatica, ci si ammala sempre di più, magari
vicino alle basi e ai poligoni militari.
Insomma è diventata, nel cinema, ma
lo è sempre stata, una regione difficile, non solo per i banditi del capolavoro
Banditi a Orgosolo di Vittorio De
Seta.
Già Bonifacio Angius ce l’aveva
fatto vedere nel 2018 in un suo film (qui).
L’Agnello racconta una
storia semplice e complicata insieme, di padri e figli, e figlie, di morte e
malattia, di come ci si sente prigionieri a casa propria (leggi qui).
Gli
animali si ammalano e muoiono, uomini e donne si ammalano e muoiono. Tutto
questo è lo sfondo del film.
Il
resto lo fanno un giovane e bravissimo regista, al suo primo lungometraggio, e
la sua banda di attori, Luciano Curreli, Piero Marcialis, Michele Atzori e soprattutto Nora Stassi, l’attrice che interpreta
Alice, la protagonista del film.
Quando
riapriranno i cinema cercatelo in tutti i modi, e se qualche cinema lo “censurerà”
per la sua carica antimilitarista, implicita e chiarissima, non arrendetevi, cercate
di vederlo comunque, non sarete delusi (se non siete generali dell'esercito italiano) - Ismaele
… Della Sardegna Piredda non sa solo riprendere i panorami e
gli spazi, siano essi delle scabre montagne o un mare incontaminato. Sa
cogliere con efficacia e senza alcuna sbavatura retorica i ritmi di vita, le
chiusure, le speranze che faticano a rivelarsi a causa di un pudore atavico dei
sentimenti. L'ambiente che descrive è rurale ma in esso si è inserita una
presenza anomala: quella dei mezzi corazzati
dell'esercito, delle aree recintate con il filo spinato, di un inquinamento che
può portare morte.
Ed è proprio contro la morte, quella di quell'uomo che chiama Jacopo invece che babbo, che lotta Anita. Lo fa con caparbietà ma anche sapendo far emergere dal suo bel volto corrucciato il sorriso di un'adolescente che vorrebbe poter rimanere tale ma che ha dovuto crescere troppo in fretta. Non le resta allora che percuotere i piatti di una batteria o la pelle tesa dei tom tom insieme al cuore, altrettanto indurito, di chi si rifiuta di sentire il legame del sangue, consapevole com'è che solo da lì può ancora arrivare una soluzione, una possibilità di vita per il padre.
Quella di Nora Stassi è una presenza forte, capace di incarnare determinazione e fragilità in un mondo dominato da figure parentali maschili e in cui le donne o tacciono, quasi perse in un passato insondabile, o si sono chiuse in una remissività che solo occasionalmente riesce ad esplodere in grido un'accusa…
Ed è proprio contro la morte, quella di quell'uomo che chiama Jacopo invece che babbo, che lotta Anita. Lo fa con caparbietà ma anche sapendo far emergere dal suo bel volto corrucciato il sorriso di un'adolescente che vorrebbe poter rimanere tale ma che ha dovuto crescere troppo in fretta. Non le resta allora che percuotere i piatti di una batteria o la pelle tesa dei tom tom insieme al cuore, altrettanto indurito, di chi si rifiuta di sentire il legame del sangue, consapevole com'è che solo da lì può ancora arrivare una soluzione, una possibilità di vita per il padre.
Quella di Nora Stassi è una presenza forte, capace di incarnare determinazione e fragilità in un mondo dominato da figure parentali maschili e in cui le donne o tacciono, quasi perse in un passato insondabile, o si sono chiuse in una remissività che solo occasionalmente riesce ad esplodere in grido un'accusa…
… Con eleganza di regia e finezza di
scrittura, l’autore e regista tratteggia un paese di tradizioni primigenie,
indissolubilmente legato agli strumenti in grado di connetterlo all’humus dove
affondano le sue radici più profonde, non dimenticando di infrangere la serietà
delle questioni affrontate con la spontaneità di un’ironia bucolica, brillante
e spigliata. La Sardegna torna sì a essere quel regno agreste di contadini,
coltivazioni, di musica, di acqua e argilla che conferma un immaginario già
consolidato dalle credenze collettive, ma assume adesso i connotati di una
distesa di campagna desolata, sempre più abbandonata al suo destino
a se stessa, in cui le lande brulle e aride non possono far altro che dare
risalto agli intimi e diversi dubbi esistenziali che
assillano i personaggi.
…l'esordio
nel lungometraggio del regista di Sassari, Mario Piredda, appare lucido,
riuscito, schietto e abile nel districarsi tra argomenti e tematiche sulla
carta assai rischiose, in quanto minacciate costantemente da trappole insidiose
nascoste in trabocchetti di retorica e facili tenerezze.
Qui invece, e per fortuna, ogni tentazione retorica è completamente
lasciata al di fuori, sostituita dal desiderio di concentrarsi sui personaggi e
sulla forza del loro agire, ancor prima del loro comunicare, comunque scarno,
ruvido, attraverso quell'idioma così particolare ed assai efficace che non
lascia spazio a possibilità di travisamenti, supportato da una complicità che
scatta con una semplice occhiata, ben più loquace ed espressiva di qualunque
discorso o altra forma di comunicazione.
E anche la Sardegna schietta, verace e montana che qui fa da sfondo
alla vicenda, sa rifuggire con coraggio ogni luogo comune folkloristico e
turistico che troppo spesso finisce - altrove per fortuna - per
danneggiare o compromettere storie o situazioni, motivate magari dalla
necessità di cedere alla tentazione di peraltro utili aiuti finanziari in
cambio di ritorni di immagine spesso fuorvianti o fuori luogo rispetto al
contesto narrativo del film.
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