è inquietante come gli stati rinunciano ai loro poteri di controllo, le imprese si autovalutano, e quando qualcosa non va basta aumentare le soglie di tolleranza.
che crepi la gente, quello che conta sono i profitti e i dividendi degli azionisti, prima regola del business, il resto non conta o si può comprare.
e che dire dell' equazione, più lavoro, più malattie, un ricatto al quale è difficile resistere, in tutto il mondo.
a un certo punto dice Mark Ruffalo, lo straordinario attore che interpreta l'avvocato, che non ci si può fidare di nessuno, imprese, giustizia, governo, sono loro il nemico dei cittadini.
il film non annoia un secondo, ed è un esempio di cinema civile di ottimo livello.
e se pensi che quella storia non riguarda la tua vita, dai uno sguardo qui.
buona (imperdibile) visione - Ismaele
…Mark Ruffalo brilla nel ruolo di protagonista,
interpretando non un eroe senza macchia, ma un uomo che decide contro ogni buon
senso di perseguire una battaglia agli occhi dei più impossibile, ma
necessaria. Vediamo, nel corso dei due decenni che costituiscono il tempo del
racconto, la sua discesa nel baratro dell'indifferenza generale rispetto a una
causa che invece riguarda tutti (il film ci informa che il 98% degli esseri
umani presenta tracce di teflon nel sangue). Vediamo la sua salute fisica e
mentale vacillare in contrasto con la sua incrollabile determinazione.
Non è certo un
film rassicurante, la tensione che fin dalle prime inquadrature permea il
racconto non viene mai allentata e la pellicola, così come la vicenda
giudiziaria ancora in corso, non finisce, rimanendo semplicemente in sospeso,
in quel limbo di incertezza e pericolo. Il talento davanti e dietro la macchina
da presa è innegabile, dando valore aggiunto ad un'opera che in altre mani
avrebbe potuto risultare generica e noiosa, ma che invece cattura l'attenzione
e trattiene lo spettatore dall'inizio alla fine.
…Cosa funziona in Cattive Acque
Cattive Acque è un legal thriller, ma anche un
film di denuncia, un’occasione per trasmettere alle persone il peso della
minaccia alla salute pubblica, che questa minaccia è reale e come essa sia
messa in atto. Cattive Acque è
costruito su una serie di complessità stratificate per cui sembra quasi
impossibile che possa sostenere il peso dell’enorme mole di informazioni
tecniche, legali, sulla salute ambientale, a descrivere il processo che un caso
legale subisce, la sua costruzione, la ricerca, il percorso a livello federale
e statale fondendo il tutto con la storia personale di un uomo “normale”, le
cui idee vengono completamente ribaltate dalle sue scoperte, e che si trova ad
affrontare rischi psichici, emotivi e quasi mortali per portare avanti la sua
ricerca per la verità.
Perché non guardare Cattive Acque
E’ una
storia altamente intricata e angosciante, raccontata senza troppi fronzoli e
giri di parole, che non può essere vista senza una buona dose di
concentrazione. Le tematiche trattate sono sconvolgenti perciò chi non è
disposto ad ascoltare o ha paura della riflessione derivante da ciò che Cattive Acque denuncia, non ha davanti il film
giusto.
…Ci vuole coraggio a sfidare il Potere e i Potenti, ma
non solo. Non si tratta di andare in contro alla paura, quanto piuttosto di
tollerare le conseguenze psicologiche di una tale azione. Bilott lentamente si
consuma, perde ogni certezza, si sente solo e viene definito persino pazzo,
perde l’affetto delle persone a lui più care. È quindi sufficiente avere solo
coraggio? Ci vuole molto di più. C’è bisogno – paradossalmente – di un senso di
incoscienza. È la salute mentale, oltre quella fisica, che viene meno.
Cattive
Acque smuove
le coscienze e invita a riflettere sul fatto che ci sono volte in cui bisogna sapersi
difendere da soli, rischiando persino di guardare in faccia la morte. La
pellicola è mesta, ma potente ed impegnata. Non basta neanche impegnarsi per
diciannove anni per ottenere giustizia: non si smette mai di combattere. Bilott
sta ancora lottando. C’è un desiderio irrefrenabile di verità, lo stesso che
aveva mosso i cronisti del Washington Post in “Tutti gli uomini del
presidente”: abbiamo bisogno che vengano raccontate queste storie, e
ne avremo sempre bisogno…
…Ciò che rende questo un film di Haynes, oltre alla
fotografia del suo fidato e geniale collaboratore Ed Lachman, è qualcosa di
intangibile e misterioso. Ai fan dell’autore verrà di sicuro in mente Safe,
il classico indie del 1995 con Julianne Moore nei panni di una moglie e madre
convinta di essere contaminata da un’ignota sostanza nell’ambiente. Quella
sensazione di terrore pervade anche questo film, e lo rende un’opera spaventosa
e senza tempo, lontana dallo stile di un docudrama. Nell’era di Trump, quando
gli abusi delle aziende sono stati dimenticati in nome del profitto, siamo tutti
allarmati dal prossimo attacco al nostro già fragile clima. Bilott ha agito per
fermare tutto: noi che cosa stiamo facendo?
…Probabilmente il nome DuPont vi dirà poco e niente (al
massimo vi ricorderà il film Foxcatcher, che però
non ha legami con questa storia), non esistono sul mercato globale prodotti che
si rifacciano in modo diretto a questa precisa compagnia, eppure una delle loro
innovazioni si trova quasi certamente nelle case di ognuno di noi: parliamo del Teflon. È il nome
abbreviato per descrivere il politetrafluoroetilene, un polimero miracoloso che
repelle l'acqua e non solo, diventato essenziale negli ultimi decenni
soprattutto in un determinato settore: quello
delle padelle antiaderenti da cucina. Un elemento prodotto per la prima
volta dalla DuPont per servire l'esercito americano intento a costruire la
bomba atomica, tanto per capire le potenzialità del Teflon.
Peccato che la stessa azienda abbia per anni insabbiato la pericolosità dei materiali di scarto prodotti dal polimero in questione, inquinando corsi d'acqua e terreni, in maniera simile a come la criminalità organizzata ha fatto nel nostro Paese ma in maniera più subdola, senza infrangere leggi o regole precise. A determinare infatti il grado di pericolosità degli elementi rilasciati in natura è stata la stessa DuPont per decenni, tutto questo però lo scoprirete in dettaglio guardando Cattive Acque al cinema, un film girato con stile che vanta un valore aggiunto non da poco: un Mark Ruffalo eccezionale…
Peccato che la stessa azienda abbia per anni insabbiato la pericolosità dei materiali di scarto prodotti dal polimero in questione, inquinando corsi d'acqua e terreni, in maniera simile a come la criminalità organizzata ha fatto nel nostro Paese ma in maniera più subdola, senza infrangere leggi o regole precise. A determinare infatti il grado di pericolosità degli elementi rilasciati in natura è stata la stessa DuPont per decenni, tutto questo però lo scoprirete in dettaglio guardando Cattive Acque al cinema, un film girato con stile che vanta un valore aggiunto non da poco: un Mark Ruffalo eccezionale…
…Cattive acque è
un film importante, fortemente attuale e che ci riguarda tutti. Alla fine del
film, alcune scritte in sovrimpressione ci ricordano che più del 90% della
popolazione mondiale ha nel proprio sangue tracce di PFOA; come qualunque altra questione
ambientale, anche l’inquinamento delle industrie chimiche è un problema
globale, che tocca ciascuno di noi. Un’ulteriore riflessione, solo
apparentemente ovvia, in un film che fa pensare, fa arrabbiare e lascia una
sensazione di inquietudine sul finale.
La DuPont ha
pagato per i propri errori; ci rendiamo però bene conto che il colosso della
chimica ha scontato una pena molto inferiore ai danni inflitti. Considerando le
conseguenze del comportamento criminale dell’azienda, durato per decenni,
sentiamo che giustizia è stata fatta, ma ad un costo umano altissimo. Cattive acque è, oltre alla ricostruzione fedele
di un caso giudiziario, il racconto
crudo di come le persone possano soffrire a causa dell’acqua che bevono e
dell’aria che respirano. Questi pericoli sono spaventosamente ordinari e
il film di Todd Haynes ci ricorda che dobbiamo affrontarli tutti,
quotidianamente, inevitabilmente.
…“Sembrava la cosa giusta da fare!”. Sentendo le parole
pronunciate con timida umiltà dal vero Billiott durante un’intervista, pare
proprio che anche il buon Todd Haynes abbia pensato a qualcosa di tremendamente
simile prima di battere il primo ciak di Cattive acque,
sentendo tutta l’urgenza di un autore ormai maturo nel dover, in un modo o
nell’altro, fare i conti con la dura realtà dei propri tempi, dove non importa
a nessuno se qualche molecola di PFAS in più viene allegramente assorbita dal
nostro organismo durante un bel bagnetto o una rinfrescante bevuta;
l’importante è avere sempre a disposizione le nostre brave pentoline
antiaderenti. Magari prodotte da gentaglia che se ne infischia allegramente di
gettare i propri rifiuti nello scarico del cesso. Per narrare tutto ciò al
meglio delle proprie capacità, il buon Haynes capisce bene di doversi mettere
totalmente in disparte, chiedendo al fido Edward Lachman di bagnare la propria
calorosa fotografia nel ghiaccio secco, per sputar fuori un dolente dramma
giudiziario a fosche tinte, nel quale la consueta gabbia narrativa del genere
formata da completi gessati, investigazioni sul filo del rasoio, quintali di
ciclostili e battaglie all’ultimo sangue fra i bachi degli imputati si
trasforma in un incalzante e disturbatissimo tour de force legale.
Una gimkana quasi kafkiana al termine della quale l’amaro rimasto in bocca
dalla tremenda consapevolezza acquisita risulta ben più abbondante delle misere
soddisfazioni ottenute dalle povere vittime del caso. D’altronde si sa: questa
è la vita, e la vita, cari amici, è ben diversa da qualunque film, bello o
brutto che sia.
…Il recentissimo Cattive acque (2019),
ispirandosi all’articolo del New York Times Magazine del 2016 The
Lawyer Who Became DuPont’s Worst Nightmare di Nathaniel
Rich, racconta la storia vera di Robert Bilott, avvocato societario
specializzatosi nella difesa di aziende chimiche, al quale nel 1998 un
agricoltore di Parkersburg, in West Virginia, chiede di indagare sul nesso tra
la presenza di un impianto dell’azienda chimica DuPont nei pressi della sua
fattoria e i tumori e le malformazioni che affliggono le sue
mucche. Bilott scopre che da decenni la DuPont smaltisce indisturbata nei
corsi d’acqua della zona grandi quantità di acido perfluoroottanoico, mettendo
a rischio la salute e la vita della popolazione locale e, commercializzando
altrettanto indisturbata il teflon, anche quella della popolazione globale. Qui
si innesca una vera e propria lotta tra Davide, sempre più solo in un mondo che
non capisce il senso delle sue azioni, e Golia, il moloch industriale che ha a
disposizione conoscenze e ricchezze sufficienti a ostacolare le indagini
dell’avvocato per decenni. Rinunciando al glamour e all’estetica del melodramma
cui ci ha abituato per vent’anni, ma senza indulgere agli stereotipi del cinema
sulle class action stile Erin Brockovich – Forte come
la verità (2000) di Steven Soderbergh, Haynes scava senza reticenze
nel sogno di giustizia di Bilott. Ce ne mostra le resistenze, poi la
caparbietà, poi i rischi. Soprattutto ci mostra le sofferenze cui quel sogno,
che pian piano diventa totalizzante ed esclusivo, condanna l’avvocato sul
versante familiare e poi più in generale psicologico. Mark Ruffalo dà
un’interpretazione magistrale di un everyman che scopre dentro
di sé un eroe e paga un pesantissimo scotto per la hybris di
dare corso al suo sogno eroico. Anne Hathaway e Tim Robbins sono altrettanto
intensi nel dare corpo alla moglie e al titolare dell’avvocato, prima
giudicanti, diffidenti e delusi, poi finalmente consapevoli della grandezza e
del sacrificio di Bilott. Il risultato è un film livido, a tratti angoscioso,
che rievoca le atmosfere del cinema americano della paranoia degli anni
Settanta e ci fa presagire l’enormità e la pervasività degli ingranaggi di
potere e interesse che sorreggono il mondo in cui viviamo.
…Si
fa un torto a liquidare Cattive
acque come “divulgativo”, come si trattasse una docufction di
Real Time. Non è scoprire qualcosa che importa ad Haynes, ma
l'imparare a relazionarsi con questo senso del dovere. Come nel The Post di Spielberg,
scegliere cosa fare, e se fare, e perché. Ne varrà la pena? Se lo chiede spesso
Bilott, un Ruffalo mostruoso, in sottrazione, capelli col riporto e vocetta
tremante, imbarcatosi in una battaglia legale che lo porterà sull'orlo del
fallimento professionale e privato; nel mentre, attorno a lui, i peccati
originali della società dei consumi sfigurano facce, denti e corpi di un
Midwest ridotto a scenario da Resident Evil. Il film è un veicolo
per lui, e i grandi volti di contorno fanno da spalla (ci sono Tim
Robbins, Bill Pullman e Bill Camp con
accenti hillbilly, una Anne Hathaway castigata
nel ruolo ingrato di moglie-supporto). Lo script li riunisce attorno alla
crociata del protagonista, e va come un treno verso il non-climax finale, tra
vita vissuta e sana indignazione. Come un piccolo Chernobyl ad
ampio raggio (moltissimo in comune), ancora un americanissimo
racconto sulle resistenze morali e personali contro un sistema negazionista;
stavolta senza premi, ma sempre formalmente ineccepibile.
…Nello specifico, Cattive acque ricostruisce
come la crociata individuale di un avvocato abbia messo alla luce il fatto che,
per decenni, la DuPont ha consciamente avvelenato i cittadini di Parkersburg,
in West Virginia. Ad oggi, Bilott sta continuando a rappresentare con successo,
una a una, le vittime di quello scempio.
Ma è la stessa storia degli Stackler di Purdue Pharma, che hanno creato milioni di tossicodipendenti mentre si arricchivano con il fentanyl; o di Adam Bowen e James Monsses, gli imprenditori di Juul Labs, inventori delle sigarette elettroniche al mentolo che adesso stanno bandendo ovunque perché dannose come il tabacco.
Ma è la stessa storia degli Stackler di Purdue Pharma, che hanno creato milioni di tossicodipendenti mentre si arricchivano con il fentanyl; o di Adam Bowen e James Monsses, gli imprenditori di Juul Labs, inventori delle sigarette elettroniche al mentolo che adesso stanno bandendo ovunque perché dannose come il tabacco.
È LA
STORIA di abusi del capitalismo che non sono più «scandali»
isolati ma cose di tutti giorni. Il che rende il film di Haynes un horror
autentico, allo stesso tempo necessario e disperante.
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