venerdì 28 febbraio 2020

1917 - Sam Mendes

chi ha avuto un nonno soldato in quella guerra, come il regista, potrà capire una volta in più, e vedere e sentire e ascoltare lo schifo di quella guerra, che infiniti lutti addusse agli europei, anche nei decenni seguenti.
il film è una corsa anche per chi guarda, l'occhio è sempre su Blake e Schofield, e poi solo su Schofield (l'attore è George MacKay, anche protagonista di Marrowbone).
un film da non perdere, e al cinema rende sicuramente più che a casa, è sicuro - Ismaele









È vero, la scelta di basare il film sostanzialmente su due enormi piano sequenza può a tratti far pensare a un videogame, ma in verità si tratta di una scelta stilistica coraggiosa che, se da una parte ha il merito di favorire l’avvicinamento dello spettatore alla vicenda, di portarlo dentro, di coinvolgerlo, dall’altra rischia però paradossalmente di distrarlo dalla storia stessa, con movimenti di macchina a volte troppo audaci e dinamici. Ma è comunque divertente, per lo spettatore più attento, cercare di di individuare i punti in cui sono state cucite insieme le varie sequenze.
Certo, forse la scelta di puntare gran parte delle energie sui virtuosismi stilistici ha finito per sacrificare qualcosa sulla sceneggiatura, che in più punti denota alcune debolezze, sia in termini di snodi della vicenda (forzata e pretestuosa in questo senso appare la scelta ad esempio di mettere in ballo la questione del fratello di uno dei due soldati protagonisti tra i 1600 commilitoni da salvare), sia e sopratutto in termini di dialoghi (prevale la noia quando l’azione latita).
Ad ogni modo, guardare questo 1917, e guardarlo al cinema, è una esperienza cinematografica importante, che merita di essere fatta

Mendes dedica il film al nonno Alfred che ha combattuto per l’esercito britannico nella Prima Guerra e “che ci ha raccontato le storie”. Eppure, paradossalmente, a mancare qui sono proprio le storie, sovrastate dalle modalità del raccontare, dal… come.  Assecondando un automatismo militaresco, 1917 non prevede la possibilità di altri sguardi, né l’esistenza di altri mondi da configurare e desiderare in un fuori campo. Per quanto ambizioso, difficilissimo da realizzare e “stupefacente”, appare senza immaginazione. Come se avesse dimenticato la propria anima da qualche parte nella perfezione tecnica, nella maniacalità del backstage. La recupera in alcuni momenti di sospensione, che hanno un po’ la valenza delle soste ai box, come nella ineluttabilità della morte dissanguata di Blake o nel finale in cui il revenant Schofield contempla le foto di famiglia appoggiato a un albero, fermando finalmente la sua corsa estenuante. Forse la Storia inizia dove finisce il film. O forse, semplicemente, questo non è un film, ma il miglior software in circolazione.
Per portare a casa una missione può anche funzionare. Per il resto dipende, come sempre… dai punti di vista.
Game Over.

…Spogliandosi di ogni forma stilistica legata all’epica, 1917 racconterà gli orrori della guerra in un gioco di antitesi dove non c’è spazio per l’umanità. Lande desolate caratterizzate da morti in ogni dove, in cui l’unica regola che vige è quella del mors tua vita mea, come dicevano i latini. È per questo che non c’è la necessità di focalizzare l’attenzione su una storia inutilmente intricata o che lasci la guerra esclusivamente sullo sfondo. 
Mendes catapulta lo spettatore in quei paesaggi freddi, distaccati da ogni concezione di umanità, raramente presente nel contesto bellico. La morte predomina sulla vita, anche quand’essa si mostra nel sorriso di un neonato nascosto nei bassifondi di una città devastata. Non c’è tempo da perdere, quel messaggio va recapitato. E l’impresa è, per definizione, ardua. Il pericolo tedesco è dietro l’angolo, pronto a sparare o accoltellare. 
1917 è un racconto asciutto, in cui l’unico celebrato è un semplice soldato che porta un semplice ordine di ritirata. Non ci sono tiranni da detronizzare, tantomeno vittorie da conquistare. Ciò che conta è obbligare un generale a fare un passo indietro affinché si eviti la morte di 1600 soldati. 
Non un semplice esercizio di stile, la regia di Mendes, oltre a rasentare una perfezione da Oscar, trova un fedele alleato nella fotografia di Deakins, mozzafiato e ricercata più di sempre giacché riesce a restituire alla perfezione quell’idea di realismo, tanto orribile quanto crudo, legato alla guerra…

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