lunedì 17 settembre 2018

Messia selvaggio - Ken Russell

la storia di un'amicizia/amore fra un giovane artista, Henry, e Sophia, meno giovane scrittrice.
fra gli interpreti appare anche Lindsay Kemp.
potrebbe sembrare un film come tanti, solo che alla regia c'è Ken Russell, e questo fa la differenza.
buona visione - Ismaele



L’interpretazione di Scott Antony è strepitosa perché riesce ad esprimere con fisicità e tempismo perfetto il genio incontenibile del suo personaggio ma anche la profonda sensibilità e la rabbia che un’artista di questa caratura probabilmente aveva, dico probabilmente perché nelle tante biografie realizzate da Ken Russell c’è sempre la sensazione che il regista abbia fatto sua la vita di un artista creando un film che ha la dimensione di una sua invenzione, del suo modo di vedere le cose, bravissima anche Dorothy Tutin nel ruolo di Sophie evidentemente tormentata da questo amore inusuale, indefinibile, soffocato dall’esuberanza artistica di Henri che sa di non poter corrispondere a livello fisico, l’alchimia fra i due attori tiene tutto il film a livelli di interesse altissimo ma anche il cast di contorno è eccellente impreziosito dalla presenza sensuale di una giovane Helen Mirren in uno dei suoi primi ruoli…e che ruolo!
Fa la parte della ricca figlia di un ufficiale dell’esercito che si presta a fare da modella al messia selvaggio posando nuda in tutte le sue rotonde e morbide forme passeggiando disinvolta davanti alla telecamera.
Il resto lo fa il grande Ken Russell con il suo talento impagabile, un film del genere fatto da chiunque altro non mi avrebbe interessato per niente, ma con la sua messa in scena preziosissima e il ritmo incalzante del montaggio la storia di Henri Gaudier mi ha coinvolto profondamente: c’è tutta la stima per i maestri del cinema nella rappresentazione della grotta laboratorio di Henri con le sbarre d’acciaio sotto la stazione che ricorda tantissimo un set di “Metropolis” di Fritz Lang, la scommessa con il mercante d’arte snob per il quale Henri scolpisce in una notte un busto di donna per dimostrare le sue capacità è l’emblema della fatica e l'ossessione per l’arte, la frase conclusiva della vita di Henri direttamente dal fronte “Sono riuscito a far arrabbiare anche il nemico” prima della sequenza finale con le sculture di Gaudier che lo hanno incoronato profeta del vorticismo rappresentano senza fronzoli e ghirigori l’omaggio diretto a questo indimenticabile artista strappato al mondo nel fiore della sua creatività dall’assurdità della guerra.

The movie is based more or less on fact. Gaudier lived in the Bohemian Paris of 1910-15, and he knew Ezra Pound and Wyndham Lewis and produced a large body of work in a short time. He was killed in World War I at the age of 23. Before that, however, he met an extraordinary and eccentric Polish woman, some 20 years his senior, and lived with her for five tempestuous years. "Savage Messiah" is the story of their relationship.
The woman was Sophia Brezeska (he later tacked her name onto his own). She was brilliant, unconventional, possessed of a fierce temper, and determined to become a great writer. She never did, but she became a great character, and that is not so easy, either.
Sophie was not an enthusiast of sex, and the couple lived together in a state of chastity occasionally interrupted by Henri's venturing out into the night for companionship, paid or otherwise. They gloried in the intrigues of the Paris artists-and-writers colony, which at that time contained the creators of most that would be original in the art of the first half of the century. They were not quite first-raters themselves, but they didn't know that; anybody could be an eccentric genius in those days, and all you had to do was anoint yourself.
Russell's movie is a little silly about the actual business of sculpture. There is a scene, for example, where Henri steals a tombstone and hews a statue from it overnight. He flies into a frenzy with his chisel and mallet, and we are left with the thought that if sculpturing went that fast more people would probably take it up.
What's good about the movie is Russell's handling of the relationship between Henri and Sophia (played with fiery disagreements and quiet affections by Scott Antony and Dorothy Tutin). It was an unusual relationship, but a real one, and it held together with a kind of desperate resilience that Russell is able to make funny and sad. You get to like Henri and Sophia, maybe more than they like themselves.
da qui

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