lunedì 24 settembre 2018

Il maestro di violino - Sérgio Machado

dopo tre anni dall'uscita del film solo ora Il maestro di violino appare in sala.
la storia è già vista, quello di un insegnante di fronte e degli adolescenti che non si fidano, in una favela, a San Paolo, in Brasile.
Laerte è il maestro di violino, e i rapporti con i ragazzi non sono semplici, solo alla fine sarà riconosciuto come il loro maestro.
qui non ci sono ragazzini e ragazzine che hanno bisticciato col fidanzatino, il problema è spesso quello che suonare è un lusso, per le famiglie dei ragazzi,  e poi anche quello della sopravvivenza, e qualcuno resta, sulla strada, ucciso dalla polizia.
chi sostiene la scuola e paga lo stipendio di Laerte è una ong, questa è una novità, lo Stato non interviene, non vuole o non può, i servizi sociali non ce la fanno, intervengono le ong, brutto segno per un paese.
il film merita, Laerte e i giovani sono convincenti, a tratti sembra un documentario.
buona visione - Ismaele






Le atmosfere, le situazioni, gli ammiccamenti che pure qui non vengono a mancare, ricordano, oltre che per la tematica, il caso di Whiplash, ed il film molto probabilmente sarà destinato a dividere in due il pubblico, tra cinefili ed amanti delle belle storie, e melomani o tecnici del settore che troveranno certamente circostanze e situazioni a loro giudizio improbabili se non assurde. Ben venga la discussione: che si parli pure di film dignitosi e sensibili come questo, in grado di suscitare un confronto e ravvivare emozioni, alimentando lo scambio di punti di vista.

Il film di Machado percorre i classici stilemi delle pellicole cinematografiche di questo tipo: un uomo di grande talento, dopo aver fallito, insegna a dei giovani, il più delle volte provenienti da realtà disagiate e pericolose, tutto ciò che sa e allora c’è la rinascita per lui e per i suoi allievi.
Il punto di forza di un film come questo è sicuramente l’emozione – aumentata dal fatto che i giovani non sono sempre attori professionisti ma spesso sono presi dalle comunità -, lo spettatore si può immedesimare in Laerte; in un modo o nell’altro chi guarda ha o ha avuto una passione per cui vuole o avrebbe voluto vivere. Ci si può riconoscere nella sua paura di cadere, infatti Il maestro di violino è la storia di un musicista che si è preparato per tanti anni ma nel momento dell'”incontro” fallisce, non regge la tensione. Ci si può rivedere anche nello spaesamento di quei ragazzi, da sempre cittadini “di serie B”, quasi per una legge naturale costretti a delinquere, che devono imparare un linguaggio nuovo, un codice a loro estraneo e cambiare totalmente la loro vita. Si soffre quando il male ingloba anche chi non se lo merita, quando le lacrime rigano i volti di chi non dovrebbe piangere, e poi ci si commuove nel vedere che la musica diventa elemento di catarsi e di coesione utile a sopravvivere e ad arrivare dove non si credeva possibile.
Il maestro di violino è un’opera che, se fa il suo lavoro dal punto di vista emotivo, mostra più di qualche fragilità nella struttura: da una parte il già visto (la musica come unica possibilità, il maestro come guru e come salvatore), dall’altra qualche scelta narrativa che fa affondare la pellicola in un dramma talvolta eccessivo.

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