domenica 3 gennaio 2016

Little Sister (Our Little Sister) - Hirokazu Koreeda

è un film dove non succede molto, niente scene madri, ritmi lenti.
"Ecco un film noioso", diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato.*
non ci si annoia un attimo, quello che succede è la vita, di tre-quattro sorelle che si vogliono bene.
Sachi, Yoshino, Chika, Suzu, si chiamano così, le tre sorelle e la loro sorellina, Suzu, che viene accolta come una principessa.
appare del rancore, verso il padre, un tipo donnaiolo, e però è sempre un padre, e verso la mamma delle tre ragazze più grandi; già lavorano, Sachi è infermiera, è la più grande e ha cresciuto le sorelle Yoshino lavora in banca (una banca strana, presta denaro alle piccole imprese, e non scommette sui derivati, roba d'altri tempi), Chika lavora col fidanzato in un negozio, Suzu va a scuola ed è brava a giocare a pallone, e tutti le vogliono bene.
la morte è sempre presente, ed è una cosa naturale.
non adatto a chi ama solo i ritmi tarantiniani e/o zaloneschi, ma non dispiacerà a chi ama anche i ritmi tarantiniani e/o zaloneschi.
per tutti gli altri va benissimo.
è addirittura in 30 sale, si può trovare al cinema, Koreeda, dico, non Zalone - Ismaele

ps: curioso che in tutto il mondo il titolo abbia tre parole e non due, è Our Little Sister (cosa non si fa per risparmiare inchiostro nei manifesti, in Italia)

*citazione presa a prestito da Carlo Lorenzini





Come tutti i film che si prefiggono (e raggiungono) l’obiettivo incredibile di mettere in scena la vita delle persone per come si svolge, senza intrecci particolari o trame appassionanti, anche Little sister è un vero gioiello di ritmo e penetrazione nell’animo umano. Un quadro da ammirare potenzialmente all’infinito che svolge il suo compito senza farlo pesare allo spettatore.

Opera una scelta di dolcezza, Kore-eda, ma non abbandona neanche per un istante il senso del suo stare al mondo (cinematografico). La naturalezza del suo sguardo, che non ha bisogno di molto per trovare una propria compiutezza, si traduce in una regia armoniosa, che evita le asperità del terreno senza però negarle, dimenticarle o relegarle in un cantuccio.
C’è un dolore che traspare in Little Sister, ed è quello della vita, eternamente inadempiente nei riguardi dei nostri bisogni ma ancora una volta da affrontare senza paure, affidandosi alle persone che amiamo, e che possono/vogliono proteggerci. Inno essenziale e commovente all’affetto familiare, Little Sister appare come un lungo abbraccio, da principio timido e poi sempre più convinto, caldo, rassicurante. Come quello di quattro sorelle di fronte al mare, in una giornata ventosa.

La prosa è dolce, le spiegazioni sono poche e delicate. Lo sguardo è lucido e, ahinoi, molti riferimenti sono lontani dai nostri. Il che ci porta ad apprezzare i toni mai violenti, il grande dolore composto, la saggezza delle giovani, la luminosità diffusa e le inquadrature mai soffocanti, nonostante si tratti di un’opera drammatica. Per una volta, regna una quiete che non sarà preludio di tempesta ma di cambiamento…

…In un film tutto sommato abbastanza privo di quegli scarti emozionali evidenti che favorivano in misura maggiore l’empatia dello spettatore con i personaggi negli altri, magnifici, lungometraggi di Kore-eda, in questi centoventotto minuti di durata incastonati tra due funerali di persone fisicamente lontane tra loro (il padre delle quattro sorelle e una signora proprietaria di un ristorante che durante il film prende a benvolere le ragazze, “nutrendole” sia in senso fisico che metaforico) ma vicinissime quanto a rappresentazione simbolica – la latenza del padre, il surrogato di madre costituiscono la chiusura di un cerchio esistenziale in cui la bellezza della vita si annida anche nella propria casualità – si sfiora con virtuosismo fuori dal comune il tono elegiaco mentre si centra con fermezza la grazia assoluta del racconto di formazione in continuo divenire e dai toni quanto mai autentici. Tutto ciò per merito di una mano straordinariamente ricca di sensibilità, da parte di un autore che in Italia meriterebbe una riscoperta dalla prima all’ultima opera – ovvero questo Little Sister – della propria filmografia.

Il compito di dettare il ritmo narrativo e visualizzare il gioco della memoria è affidato da Kore-eda ai sapori della cucina. Episodi e persone care vengono ricordate attraverso una ricetta o il profumo di un liquore: modo antico di rappresentare il tempo, che si riempie di una dolce nostalgia. Tesori di famiglia, verrebbe da dire, che generano parole, sorrisi, riflessioni, omaggi (e alcuni di essi stanno chiusi in ripostigli segreti sotto il pavimento). Ai cibi si affidano i ricordi e, grazie ad essi si rafforzano o si creano i legami. Eppure l’attenzione di Kore-eda è completamente dedicata al presente. Come si rinnova il presente ad ogni istante? Quali tracce restano nell’istante successivo? Le risposte sono molte, ma tutte visibili e concrete, eppure impalpabili e difficilmente spiegabili…

per quanto garbato e gradevole, alla lunga questo minimalismo sfocia in un'assoluta mancanza di tensione drammatica, anche quando alcuni spunti (i rapporti irrisolti con la madre, i dilemmi al lavoro o sentimentali, la malattia di una cara amica) suggerirebbero un'evoluzione della storia che, invece, di fatto non c'è mai. Con un occhio a Ozu (i rapporti famigliari, la casa, il cibo) e uno a "Mangiare, bere, uomo, donna" di Ang Lee (le tre sorelle e i loro fidanzamenti), resta comunque un film piacevole, intimo e gentile, che conferma le qualità del regista quando si tratta di raccontare la vita quotidiana e lavorare di sottrazione (è capace persino di mostrare solo i riflessi dei fuochi d'artificio!)…

2 commenti:

  1. Sono molto curioso, anche perchè questo è un autore che devo ancora scoprire interamente.

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    Risposte
    1. non sarai deluso, i giapponesi, e i coreani, partono lenti, poi si sale.
      mi dirai...

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