sabato 2 gennaio 2016

Cold fish – Sion Sono

una storia come tante, sembra, una coppia annoiata, una ragazza ribelle, una famiglia infelice, insomma, come tante.
poi appare un simpaticone, riccone, che porta allegria, ti immagini qualche storiella porno soft, come tante.
poi il film parte per le montagne russe, ormai sei salito, e porta a un abisso la cui fine è sempre più in là.
non dire che non siete stati avvisati, soffrirete, ma sappiate che è un piccolo capolavoro - Ismaele




…In quest’avventura macabra e oggettivamente disturbante, nessuno si salva: né l’istituzione familiare (nessun affetto, solo effetti collaterali), né l’affermato capitalismo nipponico (il pesce, freddo e grande che fagocita il pesciolino). Un’opera la cui “aggressività” (il film, è un’interpellazione continua all’occhio, alla mente e al ventre dello spettatore) è pari alla riuscita formale. Quando l’eccesso è la chiave d’accesso al cuore e alla verità delle cose.

La traduzione internazionale di "Tsumetai Nettaigyo" in "cold fish" intende non solo il pasto dell'alligatore, ma anche la temperatura emotiva, fredda e insensibile, del pesce. Quello che primariamente interessa a Sono non è tanto il thriller sull'omicida seriale ma piuttosto il coacervo di pulsioni che lo muovono e la forza virulenta con la quale contamina in breve tempo il mite Shamoto. Infatti, sin dalle prime immagini, la sua macchina da presa indugia sulle espressioni amichevoli ed esuberanti dell'istrionico Denden; così da poterle ribaltare in negativo nelle sequenze del giorno dopo, quando la figura di Murata comincia a rivelare platealmente la sua vena perversa: abile manipolatore, sembra aver squadrato perfettamente la situazione familiare di Shamoto; ne seduce la moglie, la quale poi insiste anche col marito affinché accetti di andare a parlare con Murata di un eventuale affare insieme. In quest'occasione Murata è definitivamente inquadrato come maschera ridente dell'assassino sociopatico, aiutato da quella che fino a quel momento sembrava la svampita consorte, che è invece una psicopatica masochista…

La sequenza iniziale del film (la silenziosa cena a tre, l’improvvisa uscita di casa della figlia dopo l’arrivo della telefonata di un suo amico, gli inutili tentativi dell’uomo di amoreggiare con la moglie che teme il rientro di Mitsuko, la sigaretta che questa fuma all’aperto sotto una pioggia torrenziale, perché ancora Mitsuko le ha proibito di fumare in casa) disegna con efficacia e vigore una situazione di fatto assai poco sostenibile. L’improvvisa apparizione di Murata – il serial killer che gestisce un negozio di pesci tropicali ben più grande di quello condotto dal protagonista – e il suo violento ingresso nella vita della famiglia Shamoto, assume almeno tre diversi significati all’interno del film…

…Nessuno si salva nell’affresco sanguinolento di Cold Fish: le vittime sono tali non a causa di un destino crudele, ma per viltà e meschinità; tutte hanno in sé il germe del carnefice, che esso venga a galla o no. Ciò che manca, ciò a cui si finisce per aspirare invano, è la dimensione equilibrata e sana dell’individuo. Cold Fish non dà tregua, non risparmia niente e nessuno, è un continuo pugno nello stomaco con un surplus di venenum in cauda. Ed è pure tratto da una storia vera. Brividi.

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