venerdì 2 novembre 2012

Amour - Michael Haneke


Questo è un film osceno, nel senso che sceglie Carmelo Bene, qui si rappresenta quello che è fuori dalla scena, quello su cui di solito al cinema si sorvola, la vecchiaia, il dolore, la perdita di dignità, la disperazione della fine.
Emmanuelle Riva (già vista qui, oltre che in “Kapò”) e Jean-Luis Trintignant, sotto la guida di Haneke, regalano allo spettatore tutta la debolezza e le difficoltà della vecchiaia, senza risparmiare niente, senza pietà per noi.
da non perdere mi sembra il minimo - Ismaele



Un enfer total pour la cellule familiale et une tragédie absolue. Le plus touchant dans ce genre de situation est de voir une incarnation de la sagesse retomber petit à petit dans la petite enfance, donnant tout leur sens à ces moments de lucidité de plus en plus rares. C’est la vie que film Haneke, fièrement caché derrière un couple de comédiens qui ont accepté le challenge avec courage et sont tout simplement incroyables à l’écran. Jean-Louis Trintignant et Emmanuelle Riva, symboles même du cinéma, s’élèvent littéralement dans Amour. Filmés au fond des yeux, au plus près des blessures de leur âme et de leur chair, tandis que la fille, symboliquement interprétée par Isabelle Huppert (la « fille » de Michael Haneke quelque part) reste le point d’ancrage du spectateur qui sort de cette merveille comme d’une rencontre brutale avec un rouleau-compresseur.
Amour est un film d’une puissance émotionnelle qui n’a que peu de concurrence, sans pour autant appuyer sur les curseurs du pathos facile. Et l’acte monstrueux , ou qui peut être considéré comme tel, qui scelle le récit, est une des plus belles déclarations d’amour que le cinéma ait pu donner. C’est magnifique.

chi scrive vuole suggerire un’apertura al simbolo da parte dell’autore, ciò deriva da un’interpretazione del tutto soggettiva per cui prendetela con le pinze: il punto è… l’acqua, alcune delle scene fondamentali della pellicola rivelano la sua cruciale presenza: nella prima amnesia di Anne tutto ruota intorno alla chiusura di un rubinetto, successivamente vediamo la donna stesa vicino alla finestra (voleva buttarsi giù?) mentre fuori diluvia, nell’inquietante parentesi onirica Trintignant giunge in un pianerottolo del palazzo completamente allagato, infine sempre Georges reagisce in modo violento (e ciò può fungere da campanello d’allarme) al rifiuto della moglie ormai moribonda di bere un sorso d’acqua. Vista l’intransigenza di Haneke nell’attenersi al suo stile asciuttissimo anche solo avvertire la presenza di variabili “metaforiche” (l’acqua = sorgente Vitale vs. Morte?)  rappresenta una discreta novità (forse il finale deLa pianista [2001] è l’unico caso di slancio oltre la cronaca dei fatti); ad ogni modo vi sono constatazioni meno azzardate in questo campo, mi riferisco alla presenza del piccione (tra l’altro il disegno di un volatile campeggia anche nel soggiorno di casa) e all’importanza scenica che gli si dà (magari per caricarlo come elemento libero o esterno), senza dimenticare i due belli e dolenti strappi surreali in cui Anne si mostra agli occhi di Georges come se non fosse successo niente.

Le mal qui ronge Anne du jour au lendemain, lié au vieillissement, n’a rien d’une maladie extraordinaire. Mais face à ses conséquences dramatiques, le personnage de George est mis à rude épreuve. Pour autant, le jeu de Trintignant reste ténu, ne s’autorisant aucun affaiblissement ni débordement. Une remarque du concierge, monté à l’appartement du couple pour donner un coup de main, vient asséner un coup de grâce en traduisant une pensée générale : celle que l’abnégation, dans de telles circonstances, tient tout simplement de l’héroïsme. Et à l’image de George qui ne vacille pas, le film tient bon et ne tombe jamais dans le mélodrame.

Bien qu’il soit d’une grande dureté, renvoyant à notre propre fatalité, le film « Amour » sert donc un propos d’une grande beauté, que la mise en scène sobre de Haneke rend d’autant plus vibrante. Dans une très belle scène du début, Georges raconte à Anne une anecdote selon laquelle, quand il était enfant, il croisa un voisin en revenant du cinéma. Il s'arrêta pour lui raconter l’histoire du film, qui l’avait beaucoup ému, mais il se mit à pleurer et ne put terminer son récit. Le film qu'avait vu le jeune George aurait pu être « Amour ». Chacun y vivra son propre raz-de-marée, condamné à être hanté pendant longtemps par le chef d’œuvre auquel il vient d’assister.


…Emmanuelle Riva e Jean-Luis Trintignant si trovano nella pellicola di Haneke in una colossale interpretazione, sono moglie e marito, Anne e Georges anziani insegnanti di musica in pensione, la cui vita viene sconvolta da una malattia aggressiva e inaspettata che affligge la donna, immobilizzandone parte del corpo.
Lei costretta a un vivere che la priva sempre più della dignità. Lui indaffarato nel prendersi cura di lei in un cammino faticoso e lacerante. Il percorso è duro e sfiancante ... La morte e il morire che perlopiù possiamo sperimentare sono il morire e la morte degli altri, di quelli che ci circondano e se la morte, per quanto assurda e imperativa, può essere compresa come condizione stessa del vivere umano … il processo del morire, invece, non solo manifesta la fragilità umana, ma ne mette in questione la dignità. L'esperienza del morire dell'altro è allora una domanda che interroga l'uomo direttamente su cosa renda vita una vita. Che lo chiama a comprendere anche l'amore in nuove forme, in insoliti gesti.
L'arte cinematografica di Haneke al suo meglio è una visione stupefacente; cruda e crudele, violenta anche…

…Con il sadismo verso i propri personaggi (che poi è sadismo verso lo spettatore che si identifica in essi) che lo contraddistingue, Haneke cerca di far esperire a tutti quell'esperienza di estrema dedizione tramite immagini spesso perfette (lo stanzino in cui il marito si trasferisce per lasciare alla moglie il letto è il simbolo stesso del sacrificarsi, l'affaticata lentezza con cui si muove Trintignan sa essere più esasperante delle urla della malata) e come si conviene negli ultimissimi minuti tira le fila di tutto, senza negarsi un paio di scene madri che tirano fuori la lacrima.
Nonostante quindi anche stavolta il teorema filmico di Haneke sia perfetto, rimane l'idea di un film dalle aspirazioni e dai risultati inferiori rispetto al passato. Senza sconfinare nel territorio sentimentale puro di Mike Leigh, Amour bazzica dalle parti di Another Year, senza averne la potenza; mostra una figura retta indefessa, senza mai calarla in contesti che mettano alla prova le sue convinzioni ma testandone solo la tenacia.
E' insomma un film di resistenza Amour, più che di amore vero e non è detto che, in questo senso, il titolo non stia lì a mettere in dubbio la spinta che muove il protagonista.

6 commenti:

  1. Forse un Haneke un po' diverso rispetto al passato, ma sempre imperdibile!

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    1. anche meglio, direi, di altre prove, che erano comunque di alto livello

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  2. I conflitti interiori dei film di Haneke mi lasciano sempre stupefatta. Come anche quei finali disidratati, da quanto sono asciutti, che ti fanno pensare. Sono proprio curiosa di vederlo.

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    1. qui c'è l'assedio del tempo e della malattia alla vita, una lotta per la dignità

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  3. Bellissima la definizione di osceno...
    Grande film, spero di avere la forza e il tempo di leggere le recensioni che proponi

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  4. è vero, nel cinema a volte si indugia su alcune cose e si sorvola su altre...

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