Bin (Fan Liao) e Qiao (Zhao Tao) sono due amanti, in un mondo del tutto diverso dal nostro, e che cambia con grande velocità.
Bin è il capo di una piccola gang criminale, rispettato e odiato.
quando Bin rischia la galera Qiao si sacrifica per lui.
e quando dopo cinque anni esce di galera tutto è cambiato, lui lìha messa da parte, ma quando si rivedono il passato non si dimentica.
lui ha avuto un ictus, il mondo è sempre più complicato, il centro di gravità permanente non è più permanente.
storia di gangster, d'amore e odio, con una fotografia bellissima e attori di serie A.
buona visione - Ismaele
… I figli del fiume giallo non si limita a una semplice riproposizioni di tempi e
luoghi, è come se rivisitasse quelle opere e quelle sensazioni, forse - ma non
è dato sapersi con certezza - recuperando anche del girato inedito. Anche dal
punto di vista tecnico e stilistico, infatti, il regista alterna pellicola e
digitale, dando la sensazione anche visiva di attraversare l'arco temporale
della narrazione. La peregrinazione di Qiao nel segmento centrale di Fengjie
ricorda da vicino il percorso della stessa interprete - sempre Zhao Tao, musa e
moglie del regista - in Still Life, oggi come allora in cerca di un uomo che non si presenta a
un appuntamento. Come se I figli del fiume giallo rappresentasse una raccolta di "non detti",
il completamento di fili mai riannodati in passato. Un arco temporale di 17
anni in cui sono cambiati irreversibilmente la Cina, il cinema, Jia e la sua
musa: e di cui il film diviene una sorta di testimonianza, benché fittizia,
romanzata e alterata nel contenuto, che traspone il tutto in una vicenda di
jianghu, come da titolo originale (che traslitterato significa Jianghu Er Nv,
"Figli e figlie del jianghu")…
Ammore e malavita in salsa cinese. Ma è davvero buono, pieno
di notazione politiche, ma mai pesante questo I figli del fiume giallo, ultima
fatica del più che decorato e riconosciuto maestro Jia Zhang-Ke presentato lo
scorso anno a Cannes in concorso subito dopo Le livre d’image di Godard. E
subito adorato dalla critica di tutto il mondo. In un mondo di duri e di
malavitosi, ma con un codice d’onore rispettabile, assistiamo a una complessa e
combattuta storia d’amore tra un piccolo boss della città mineriari di Shanxi, certo
Bin, interpretato da Liao Fan, e la sua bella ragazza Quiao, intepretata dalla
meravigliosa Zhao Tao…
…Prima che una storia d’amore il
film è soprattutto un contenitore di ricordi,
episodi, storie d’amore, esperienze di vita e sentimenti che messi tutti
insieme non mostrano necessariamente le trasformazioni di cui sopra, ma le
fanno avvertire, lasciano che traspaiano dal testo filmico e ne divengono
l’essenza. Perché il cinema di Jia è qualcosa difficile da sezionare,
analizzare o cercare di comprendere per momenti isolati, per compartimenti
stagni o simboli (di cui pure è ricco), ma va preso piuttosto come una sorta di opera lirica in cui elementi diversi concorrono, ognuno a suo modo, a dar
vita al tutto. Il film inizia come una gangster story, prosegue come un
mélo e termina come un dramma, ma dentro ci sono tocchi di commedia e
fantascienza, elementi della tradizione popolare, citazioni cinematografiche e
riferimenti ad altri film del regista (soprattutto Uknown Pleasures, ma anche Still Life e A Touch of Sin). E poi stralci di
footage girato con una vecchia camera DV da Jia proprio nel 2001, quando la
storia del film ha inizio…
…Un volto di
minatore, dietro al quale se ne intravedono altri due, sussulta su un bus; una
bimba dorme avvolta nel suo maglioncino e si sveglia di soprassalto non appena
l’automezzo si ferma; seguono altri volti ancora di uomini, per lo più vissuti,
intensi, autentici. La camera si arresta infine sul volto di una bella e
giovane donna, inquadrata di profilo, che pare dormire anch’essa.
Sono
immagini dalla grande bellezza ed espressività visiva, anche se in formato
quasi televisivo. Segue un’inquadratura dall’alto della città, dal formato più
ampio, dove si stagliano molti edifici moderni appena costruiti, macerie e, più
in fondo, vecchie casette consumate dal tempo. Le case della vecchia Cina.
Segue una scena d’interni dove la donna di prima, filmata di spalle, si muove
con eleganza, in un luogo popolare e affollato dove gli uomini si ritrovano per
seguire un piccolo spettacolo. La voce di un presentatore ci informa che siamo
nell’aprile del 2001.
La sequenza
ha come sfondo musica pop e karaoke. Poi la donna s’introduce dietro una porta
che nasconde una sala da gioco, presumibilmente clandestina. Qui la vediamo
discutere con autorevolezza con un gruppo di uomini, e poco dopo capiamo che si
tratta della donna di un piccolo boss locale. Senza descrivere tutto quello che
segue, anche se importante, riveliamo però che la sequenza si conclude con la
donna che prende in mano la pistola poggiata dietro di lei maneggiandola
incuriosita. È un presagio di tutto quello che verrà dopo. Stacco sul nero dove
i titoli di testa, che si erano interrotti, riprendono.
I figli del fiume giallo, il nuovo film del cinese Jia
Zhang-ke presentato in Concorso all’ultimo festival di Cannes che esce ora in
sala, è la storia di una donna, Qiao, e della sua ricerca assoluta d’amore. Una
storia che copre tre momenti chiave nelle trasformazioni grandiose ma anche
drammatiche subite dalla Cina: il 2001, quando le trasformazioni cominciano a
essere tumultuose ma la vecchia Cina rurale che si sposta in biciletta o in bus
è ancora forte; il 2006, anno in cui si è conclusa la costruzione della diga
delle Tre gole, la seconda del mondo in termini di grandezza, opera monumentale
che ha però devastato in parte l’ambiente, cancellato interi villaggi e disgregato
intere comunità; e infine il 2018 in cui tutto si chiude, negli stessi luoghi
ma completamente trasformati.
… Il tema del cambiamento resta dunque centrale nel cinema di
Jia Zhangke, eppure ancora una volta possiamo osservare come tale ossessione
riesca sempre a trovare nuove declinazioni e nuovi sviluppi. Appare
impressionante in tal senso la prima parte di I figli del Fiume Giallo dove coabitano le diverse Cine, quella antica e povera
delle modeste abitazioni e dei vicini di casa di Qiao – una Cina atemporale e
millenaria -, ma anche quella comunista i cui ultimi riverberi vengono allusi
nella dismissione della miniera e, infine, quella neocapitalista e arraffona,
incarnata in primis da Bin. Basta prendere un autobus, quell’autobus
iniziale, per passare da un ingenuo show di avanspettacolo (un uomo che solleva
una bicicletta con i denti) a una discoteca in cui si balla YMCA dei Village People, sparata a tutto volume. Sono le
contraddizioni della Storia e quelle di un paese attraversato simultaneamente
da passato, presente e futuro…
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